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La riforma della Protezione Civile: ora tocca assicurarsi per essere risarciti

Pochi giorni fa sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto legge n. 59 di riforma della Protezione Civile con il quale sostanzialmente lo Stato abdica al proprio ruolo. In pratica se fino ad oggi, una qualsiasi calamità colpiva una zona del Paese lo Stato interveniva con agevolazioni e piani ad hoc per la ricostruzione, da domani non sarà più così.

La normativa non ha effetto immediato, ci sarà un regime transitorio e entro 90 giorni con regolamento si dovranno stabilire modalità e termini per l'avvio del regime assicurativo. I cittadini dovranno stipulare un'assicurazione a proprie spese e sperare che, almeno fintanto che questa crisi duri, non vi siano terremoti, nubifragi, frane e simili. La notizia passata in sordina si presta a più osservazioni.

Si potrebbe cominciare osservando che, in un momento in cui la casa è utilizzata dallo Stato per battere cassa e rimpinguare quei conti pubblici che sono stati spolpati anche dalla cattiva gestione della Protezione Civile, un'assicurazione sulla casa pare essere un'ennesima beffa. Potremmo proseguire osservando che sul territorio nazionale vi sono zone a forte rischio di calamità naturale e che per l'assicurazione - obbligatoria o facoltativa che fosse - alcuni cittadini si troverebbero a pagare dei premi elevati stante l'evidente rischio per chi vive ad esempio alle falde del Vesuvio, presso fiumi che possano straripare o semplicemente per tutti gli abitanti delle nostre coste che potrebbero essere vittime di violente mareggiate.

Franco Gabrieli, capo della Protezione Civile, a riguardo dice che lo Stato non può più fare investimenti sulle calamità e che gli aquilani saranno gli ultimi a ricevere assistenza. Non resta da chiedersi che cosa ne sarà degli alluvionati liguri e di tutti coloro che spesso sono stati vittime di calamità sì imprevedibili ma in un certo qual modo fomentate da culpa in vigilando dello Stato; perché se è innegabile che gli stravolgimenti climatici degli ultimi tempi sono spesso causa di fenomeni molto violenti è pur sempre vero che molte morti avrebbero potuto essere evitate se lo Stato avesse preventivamente curato il forte dissesto idrogeologico che caratterizza l'Italia tutta. 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.9) 21 maggio 2012 10:42

    L’assicurazione la devono fare i Comuni , non i privati cittadini , utilizzando le tasse locali sulla casa , che devono restare in loco !

    La riforma si inquadra in un processo di delocalizzazione delle responsabilità di governo dal centro alla periferia .. io la condivido

  • Di (---.---.---.208) 21 maggio 2012 12:07

    Quindi pagheremo anche per quei terremoti indotti da ricerca di idrocarburi,follia pura.E.L.

  • Di (---.---.---.232) 21 maggio 2012 12:27

    E dell’ alluvione di Vicenza non ne vogliamo parlare? O noi poveri polentoni siamo sempre considerate delle m...e. ....

  • Di (---.---.---.82) 21 maggio 2012 16:39

    Come per le auto, adesso ci sarà la speculazione a danno dei poveri cittadini.
    Ma lo vogliono capire che il problema non è nel non volerla fare, ma nel non poterla fare sta cavola d’assicurazione.
    Qui bisogna dare una drastica sferzata a questo andazzo.
    Noi fuori dall’Europa, loro fuori dai maroni!

  • Di (---.---.---.82) 21 maggio 2012 16:58

    Le assicurazioni ci marceranno, come sono abituate a fare, nel senso che troveranno cavilli per non pagare.
    Riprendiamoci l’Italia.

  • Di (---.---.---.248) 22 maggio 2012 11:12

    Ditemi che cosa paghiamo a fare l’IMU allora.


    "Egregio" Presidente della Repubblica Italiana,non vada dicendo continuamente che ha l’obbligo di firmare le leggi che gli vengono portate in Quirinale.Poteva benissimo rassegnare le DIMISSIONI da Capo dello Stato invece di firmare questa legge vile.
  • Di Geri Steve (---.---.---.66) 27 maggio 2012 00:58

    Difficile commentare in poche parole.

     Cominciamo da una prima verità ovvia ma scandalosa : nessuno è mai morto ucciso da un terremoto.

    In un ambiente naturale uno può morire ucciso da caduta di un albero, una frana, uno tsunami, causati da un terremoto.

    In un ambiente antropizzato invece la gente muore per crolli di edifici o per dighe o impianti nucleari o chimici danneggiati dal terremoto.

     

    Seconda verità ovvia ma non condivisa: è normale che ci siano i terremoti e ormai sappiamo benissimo dove arriveranno, quanto saranno forti e sappiamo piuttosto bene entro quando arriveranno. Esempio: il nuovo terremoto di Messina arriverà presto e, siccome è pure in ritardo, sarà più forte del precedente.


    Terza verità: lo stato italiano e gli italiani non fanno quasi niente per prevenire i danni dei terrremoti. I politici preferiscono raccogliere clientele con promesse post terremoto e le promesse non mantenute creano clientele durature.

    Gli italiani, piuttosto che costruirsi case, edifici pubblici e capannoni a prova di terremoto preferiscono piangere i morti e gli storpi e chiedere aiuto allo stato o, meglio, ai politici.

     

    In questo schifo, interrompere i flussi di aiuti post terremoto è poco solidale, ma forse è l’unico modo per interrompere questo giro viziosissimo.

    E’ un po’ come con i rapimenti a fine di riscatto: se si smette di pagare i riscatti, forse i rapimenti finiscono; se proprio non finiscono, perlomeno la si smette di alimentarli.

    Se la si smette di risarcire chi ha la casa mal costruita che non regge il terremoto forse si riuscirà ad ottenere che le case esistenti vengano consolidate e quelle nuove costruite bene.

     

    Il caso Romagna è chiarissimo: per legge non era obbligatorio fissare le travi dei capannoni costruite prima del 2005, ma l’intelligenza avrebbe dovuto imporlo, invece pare che nessuno l’abbia fatto: erano soltanto “in appoggio” e i tetti sono crollati. Un assicuratore privato che sappia curare i propri interessi (il che dovrebbe essere normale, ma purtroppo no) chiederà premi diversi a seconda che l’edificio sia o non sia davvero a norma e all’assicuratore non interesserà se l’edificio ha “legalmente eluso” le norme.

     

    Resta il problema delle costruzioni che ufficialmente dovrebbero essere antisismiche e invece sono a rischio se solo  si alza il vento.

    Per questo problema servono due risposte contemporanee: controlli e repressione.

     

    I progettisti, controllori e costruttori della sopraelevazione che a san Giuliano ha ucciso tutta una classe di bambini sono stati condannati al massimo a cinque anni di carcere, senza neanche la proibizione di tornare a progettare, controllare, costruire e uccidere bambini .

    Secondo me, la repressione giusta sarebbe stata una pena di almeno cinquant’anni, e sopratttutto si dovrebbe andare alla ricerca e condanna di chi è colpevole di aver messo quelle persone in condizione di commettre quei reati; ad esempio, la commissione che ha assunto proprio “quel” tecnico comunale. 

  • Di (---.---.---.103) 29 maggio 2012 10:21

    Premetto che sono pienamente d’accordo sul fatto che, in Italia, vige la logica del "tanto non succede niente e semmai succede, non accade a me". Questa è la vera logica che va smontata.

    Geri Steve fa un intervento duro, che non condivido in tutti i casi: ad esempio, il terremoto di Ferrara è avvenuto in una zona a basso rischio sismico, con una discreta rarità dei fenomeni di questo tipo.

    La prima "ovvia verità" che individua ha un che di sconcertante: il terremoto, di per sé non uccide; anche perchè nasce in profondità e poi sale in superficie, propagando il moto ondulatorio sa sotto che sopra. Se seguiamo questa logica, un terremoto uccide solo quando crea una spaccatura nel terreno e ti inghiotte? Vediamo di pensare alle persone, che non saranno certo stinchi di santo, ma sono sempre persone.

    Posso essere pienamente d’accordo sul fatto che, nel nostro Paese, si sia costruito l’incostruibile, anche dove non si poteva, stando spesso al risparmio.
    Ma, come dovrebbe rendere evidente la situazione attuale, non tutti hanno i soldi per permettersi una bella casetta aintisismica, perciò andranno ad abitare in posti costruiti un po’ così, per poi rimanere sotto le macerie alla prima scossa di una certa importanza.
    Purtroppo c’è bisogno di un tetto sopra la testa e, piuttosto che stare in mezzo alla strada, la gente va ad abitare in posti di dubbia sicurezza, nella speranza che non succeda niente.
    Altro discorso, comunque, è quello legato a chi si è costruito la casa in posti dove non doveva costruire, con la compiacenza dei ragionieri e degli enti comunali, ben vogliosi di incassare gli oneri di urbanizzazzione anche da terreni agricoli o alluvionali (o che altro si voglia).

    Altro punto saliente è l’abbandono del territorio e la poca conoscenza che spesso si ha di esso: costa fare manutenzione, sia in fatto di soldi, manodopera e tempo. Si sottovasluta, ancora, il rischio legato a certi eventi che pure, nel PEC (Piano di Emergenza Comunale) sono espressi molto bene. Ovviamente spesso i PEC non sono aggiornati, non si sanno nemmeno dove sono gli idranti, figurarsi se si sa come si è spostata una montagna, se l’ha fatto o che altro.
    I comuni, da questo punto di vista, si trovano certamente in una posizione scomoda, essendo il ptio ente territoriale. Ma spesso io non vedo neanche una massa di cittadini che preme per avere sicurezza sul territorio in cui si vive.
    La scurezza non è fare le ronde per vedere se gli immigrati sono tutti bravi o cattivi, ma è interessarsi del proprio territorio, osservarne con occhio attento i mutamenti, volergli anche bene - perchè se non vogliamo bene al territorio, non ce ne curiamo e lasciamo che qualcuno, se ci sarà mai, se ne prenda cura.
    Sicurezza è sapere che vicino alle fabbriche ci sono determinati rischi, che quei rischi hanno quelle conseguenze. E’ sapere che, anche se qualche folle tecnico comunale mi fa costruire vicino a quello che mi sembra un fiumiciattolo stagionale, quel fiumiciattolo ha una forza sufficiente ad erodermi in pco più di 30 minuti la terra che mi tiene in piedi la casa, quando piove bene.
    Sicurezza è assicurarsi che ci sia posto per le acque di defluire, degli incendi di non propagarsi, che ci siano zone aperte e non circondate da case dove potersi radunare in caso di terremoto.

    Spesso queste cose non ci sono, da nessuna parte, nè al nord né al sud. Ve lo posso dire pur non essendo un tecnico, ma una semplice volontaria di quella Protezione civile che ultimamente è stata investita da provvedimenti senza senso.

    Poi, ogni comunità ha caratteristiche proprie, quindi pensare ad un piano di intervento standardizzato è abbastanza inutile: bisogna fare i conti con il luogo e le risorse, che possono essere molto diversi da posto a posto.

    L’Italia è un paese che vede la presenza di tutti i rischi possibili ed immaginabili sul proprio territorio: alluvioni, terremoti, incendi, frane, nucleare, vulcani... e chi più ne ha più ne metta.
    Si è fatto troppo poco, dagli anni ’50 ad oggi, per garantire la sicurezza aic ittadini, che spesso devono fare fronte alle spese - sia per una ristrutturazione, sia per qualsiasi altro intervento - da soli.
    Dall’altra parte, i comuni spesso si sono sentiti dire dai privati che, sul loro pezzo di terra, gli interventi non si sarebbero potuto fare perché "la terra è mia e me la gestisco io".
    Sto buttando lì un po’ di cose, lo so, ma sono tutti fattori che entrano in gioco; nel mio comune di residenza c’è un torrente stagionale, che divide il mio comune da quello vicino: i sindaci non sono riusciti a trovare un accordo, né tra di loro, nè con i privati, per fare un intervento di bonifica dell’alveo. Stiamo solo aspettando che faccia una piovuta come si deve e che il torrente porti a valle tutte le schifezze che ci sono, per fare il botto. Eh, si... la pessima abitudine di incanalare i fiumi sotto gli abitati..!

    Noi controlli ne facciamo, stiliamo i nostri bei rapporti che consegnamo ai comuni, segnaliamo le criticità e facciamo foto per dimostrare che non ci siamo inventati nulla; eppure spesso le nostre segnalazioni cadono nel nulla. Se si fa qualcosa lo si fa a fine elettorale, ma capite bene che, se io sindaco devo scegliere tra destinare i fondi ad una bella piazza nuova o ad una collina di rovi, scelgo la piazza, mica quella zona incolta. Magari la darò a qualche impresa di costruzioni, che ci farà una bella spianata di cemento.

    Quando succedono questi eveti, siamo tutti colpevoli: per incuria e per disinteresse, per ignoranza o per sottovalutazione.
    Risulta relativamente facile, poi, dire "pensateci voi", una volta che il danno è fatto. E proprio quel "pensateci voi" porta a questo tipo di provvedimenti.
    Il decreto legge dovrebbe essere uno strumento di emergenza, ma qui lo si usa ben prima dell’emergenza, per favorire qualche lobby.
    Penserete mica che, assicurando la casa, ci guadagnino le casse dello stato; ci guadagneranno semmai le assicurazioni ed i loro periti, che magari vi diranno, al momento della riscossione in seguito ad un danno, proprio che "il terremoto non ha mai ucciso nessuno, la casa è crollata perché lei non si è assicurato di aver fatto tutti i lavori".

    Serve un lavoro congiunto di cittadini ed istituzioni, un lavoro sensato per una volta.

    Se poi vogliamo parlare delle pene da comminare, ben venga: negli ultmi 20 anni gli illeciti in materia ambientale sono stati generalmente depenalizzati e non si può trattenere un incendiario se non lo si coglie in flagranza (quindi me ne posso andare in giro con una tanica di benzina nel bosco, un accendino e tutto quanto serve per un innesco, senza poter nemmeno essere fermato).
    E’ diventato difficile accertare le responsabilità, spesso chi testimonia ha poi vita difficile.
    Finché lo status delle cose rimane questo, che colpisce la povera gente a discapito dei più potenti (o più ricchi, come nel caso delle assicurazioni), non vedo come le cose possano migliorare, ma anzi.. forse solo peggiorare.

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