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La rappresentanza politica

La prossimità delle consultazioni elettorali, è l’occasione per alcune riflessioni sulla rappresentanza politica nel nostro Paese.


Lo Stato è la forma massima di associazione umana per il perseguimento di finalità collettive e per la soddisfazione di bisogni comuni.
 
Poiché esso è formato da una pluralità di cittadini, non può essere definito senza preliminarmente rispondere alla domanda su chi è il cittadino. Una risposta ci è stata data da Aristotele: «Cittadino in senso assoluto non è definito da altro che dalla partecipazione alle funzioni di giudice e alle cariche» (Pol., III, 1), cioè dalla partecipazione alle Assemblee politiche.
 
Questa definizione si applica soprattutto al cittadino partecipe di una democrazia: il suddito di uno Stato totalitario di qualsiasi genere è escluso dalla partecipazione politica.

E quando la democrazia non è in una forma diretta, la scelta della rappresentanza politica è il principale atto politico all’interno di una collettività.
 
Per decenni nel nostro Paese, dopo il fascismo e dopo l’ultimo conflitto mondiale, questa scelta è avvenuta in condizioni di vera e propria emergenza a causa della situazione contingente internazionale e dalle conseguenti forti influenze esterne, ivi compresa quella eccezionale della Chiesa di Roma.
 
La caduta del muro di Berlino ha radicalmente cambiato lo scenario internazionale e, a questo punto, non possiamo più dare la colpa a nessuno se la democrazia rappresentativa nel nostro Paese non funziona.
 
Purtroppo l’evolversi della politica spoliticata è ancora ben lontano dal darci soluzioni di democrazia rappresentativa efficiente, ed il miglior modo per dirlo è citare Leonardo Sciascia, dal romanzo Il contesto: "Un Paese dove non avevano più corso le idee, dove i principi – ancora proclamati e conclamati – venivano quotidianamente irrisi, dove le ideologie si riducevano in politica a pure denominazioni nel gioco delle parti che il potere si assegnava, dove soltanto il potere per il potere contava".

Ne deriva un malcontento forte e diffuso, che riempie di sé i media.

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