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La presunta Santità dell’eletto

L'irresistibile attacco frontale, perpetuo e quasi quotidiano, del premier ai magistrati italiani che indagano su suoi presunti "malaffari" fa sorgere un legittimo quesito: chi può giudicare colui che non è giudicabile dalle Istituzioni? Eh sì, perché un'autorità politica che respinge ad oltranza ogni possibilità di indagine sul suo conto da parte degli organi predisposti dalla Costituzione del proprio Paese e fa, al contrario, ricorso alla sovranità del popolo che ha eletto il governo da lui stesso presieduto decretando ad esso la facoltà di conferire "pieni" poteri a chi governa, fa pensare a un potere "santificante" da parte del popolo.

Il corpus di cittadini che si recano alle urne (perché di questo si parla, in quanto la maggioranza del popolo italiano intesa nella sua totalità, non coincide evidentemente col numero degli elettori pro pdl) delegherebbe al candidato premier che riceve la maggioranza dei voti il potere di non essere ritenuto imputabile di alcuna accusa da alcun organo istituzionale. E' semplice, a nulla servono inutili elucubrazioni astruse e fintamente moderate o pigibattistamente terziste che parlano di "duello" tra il premier e i magistrati, si tratta della magistratura competente che indaga (attenzione, "indaga", e non "condanna", come il tono delle accuse mosse dai giornalisti filo-cav. lascerebbe intuire) su un "cittadino" eletto Presidente del Consiglio. Dunque, se il popolo sovrano (o meglio, ripeto, la maggioranza del corpo elettorale) avesse la facoltà di legittimare il capo del governo a non essere sottoposto a nessun processo nelle sedi opportune, quel popolo stesso escluderebbe ogni possibilità di mettere in dubbio la condotta eventualmente illecita di quel cittadino?

E' doveroso accennare, inoltre, a un altro paradigma strettamente correlato al tema qui esposto e propugnato dalle penne sferzanti di Libero e Il Giornale, tema ormai diventato un leitmotiv nel trito dibattivo sulla giustizia: si paventa lo scadimento della magistratura in inquietanti territori di sovversione e cospirazione rispetto agli organi politici dello Stato (particolarmente al ruolo del premier). E' buffo notare quanto sia facile, in Italia, rovesciare il senso evidente delle cose e porle su un piano che appare irrimediabilmente relativo: un capo del governo che mette in dubbio l'operato "incondizionato" degli organi inquirenti e anzi lo colloca all'interno di una politicizzazione mai ben chiarita, intaccando, anzi, indirettamente , quantomeno sul piano dialettico,l'equilibrio tra i poteri, in qualsiasi altro Paese sarebbe stato messo alla gogna e tacciato, lui, di sovversione nei confronti delle Istituzioni. Ma il filtro mediatico di questi dibattiti, in Italia, produce un assorbimento leggiadro e vacuo da parte dello spettatore/lettore poco avvezzo ad approcci sufficientemente critici, a quanto pare.

L'esito del recente referendum lascia scorgere un ravvedimento del popolo italiano che potrebbe condurre il governo a un cambio di strategia nell'affrontare l'eterna querelle Berlusconi/magistratura; le rotte che intraprenderà la macchina propagandistica pidiellina sono attualmente sconosciute, l'unica certezza è la piazza in "tempesta", chissà se timoniere, nostromo e marinai ne terranno conto.

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