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La misteriosa comunità cinese. Conclusione

Le precedenti parti sono: qui, qui e qui

Due anni fa, esattamente il 27 novembre del 2007, in un paesino in provincia di Treviso, una ragazzina di 14 anni esce di casa alle sette di mattino per andare a scuola. Mentre aspetta l’autobus, un gruppo di uomini le salta addosso, la carica a forza su una macchina e se la porta via. Il padre, che è un imprenditore, riceve un messaggio al telefonino dove richiedono un riscatto di cinquecento mila euro e quindi denuncia il rapimento.

I carabinieri incominciano ad indagare e a dicembre irrompono in un appartamento nella periferia di Milano e riescono a liberare la ragazzina. Tre persone finiscono in manette. La ragazzina, pensate, è rimasta immobilizzata sul letto per tutta la durata del sequestro con i cerotti sulla bocca. Venivano tolti soltanto quando doveva mangiare.

Possibile che non ne sappiamo niente? Una notizia del genere dovevamo ricordarcela. Con una storia del genere i giornali e i media si sarebbero scatenati. Questo perché ho omesso un piccolo particolare: la ragazzina e i rapitori sono tutti cinesi.

Ho voluto raccontarvi di questo caso perchè noi ci disinteressiamo di fatti gravi, tanto non ci toccano, se la risolvessero tra di loro. Mentre delle volte, anzi spesso, esageriamo con vicende minori che diventano delle vere e proprie "emergenze cittadine".

Nelle comunità cinesi esiste il problema criminalità, ma riguardano solo loro. Per principio non toccano un italiano: i furti avvengono tra di loro, i rapimenti tra di loro, anche gli omicidi avvengono tra di loro. Tant’è vero che tempo fa venne intervistato un italiano che abita nella famosa via Sarpi (luogo della prima rivolta) e disse che da quando ci sono i cinesi lui vive tranquillo e i furti alle attività italiane sono diminuite parecchio.


Le vicende tra cinesi spesso sono assai cruente. Come nel caso di via Messina, in una discoteca di Padova, dove sono saltate fuori pistole e sono rimasti a terra due cadaveri.

Vero che state pensando alla mafia cinese? Ed esattamente alla famosa Triade? Invece secondo i dati messi a disposizione dalla polizia, qui in Italia, la peggiore criminalità cinese è formata non da boss mafiosi appartenenti alla Triade, ma semplicemente da ragazzini.

Si, avete capito bene, queste bande criminali sono composti da giovani appena arrivati in Italia col mito di far soldi subito e a tutti i costi. Tutto questo perché in Cina hanno avuto una vita facile quando ricevevano soldi dai genitori che vivevano in Italia.

Insomma sono dei ragazzini viziati che organizzandosi diventano pericolosi. Sono ragazzi sempre vestiti di nero, non di rado assaltano altri loro connazionali imitando i famosi ninja armandosi anche di spade. Offrono i loro servizi a padrini di maggiore caratura, gestiscono in proprio rapine e piccole estorsioni, spacciano droga nelle discoteche, sempre e rigorosamente nel giro dei connazionali. La loro droga preferita è la Ketamina, un anestetico veterinaio che ha la fama di provocare un’esperienza psichica vicina alla morte, con sensazioni di separazione dal corpo e visioni. Non vi verrà mica in mente di provare? L’effetto collaterale di questa droga è ad esempio la "defecazione involontaria".

Come vedete ho voluto concludere questa mia piccola inchiesta parlando anche della criminalità cinese, ma prima che qualche leghista si congratuli con me, per correttezza devo specificare un dato. I cinesi rubano quanto noi italiani. Basta dividere i furti attribuiti a loro (112) e quelli attribuiti a noi (43508) per le popolazioni di riferimento (145 mila e 59 milioni). Il risultato è identico. Buffa coincidenza vero?

Questo per quanto riguarda i furti, ma se pensiamo alle nostre criminalità organizzate, è meglio che ci stiamo zitti. Anzi no, la prossima volta parlerò della ’ndrangheta. Paura?

Commenti all'articolo

  • Di illupodeicieli.leonardo.it (---.---.---.36) 24 luglio 2009 19:59

    Grazie per le informazioni: è vero ciò che hai detto che i cinesi erano attivi ,commercialmente parlando, anche durante il ventennio. Quì a Cagliari,dove vivo, so anche che uno di loro era oggetto di sfottò, in quanto i ragazzini gli si piazzavano davanti ma a distanza di sicurezza e si infilavano gli indici nelle narici e so che per i cinesi è un insulto o qualcosa di simile. Il motivo del mi commento è chiederti se può essere vero che i cinesi anziani, al pari di quanto si dice per i filippini o altri extracomunitari non più giovani, una volta raggiunta l’età della pensione o il diritto a riceverla ritornano a casa loro dove, ovviamente, continueranno a ricevere la pensione erogata dal nostro stato (motivo di rabbia per molti italiani e per ragioni plausibili). Che cosa ne pensi? Ancora complimenti per le indagini che hai svolto e per il servizio giornalistico in se.

    • Di l’incarcerato (---.---.---.117) 25 luglio 2009 11:10

      Grazie per quello che hai scritto e del tuo apprezzamento! :)
      Si, è vero che raggiunti l’età penzionabile ritornano nelle loro terre. E usufruiscono della pensione se hanno lavorato in regola...

      Ma non capisco perchè c’è da lamentarsi! La pensione è un diritto, quindi è più che giusto ricevere i soldi anche se si vive fuori la nazione dove si è lavorato da una vita. E comunque anche gli Italiani facevano la stessa cosa, io ad esempio avevo un nonno che riceveva la pensione dalla Germania dove era emigrato...

      Un abbraccio e grazie ancora!

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