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La lunga attesa dell’angelo

Se avete già amato la capacità narrativa di Melania Gaia Mazzucco, il suo saper coniugare l’analisi storica con un’intensa caratterizzazione emotiva dei personaggi, allora non potete certo perdervi l’ultima fatica della scrittrice romana “La lunga attesa dell’angelo”, ovvero “La passione assoluta di Tintoretto e di sua figlia Marietta”, un’autentica immersione nella Venezia di fine cinquecento, con tutte le sue ricchezze ma anche le sue fragilità e le sue miserie, e nella storia di un uomo vissuto unicamente per l’arte, una passione febbrile per la quale tutto si può sacrificare, anche Marietta, forse sua figlia illegittima, la musa prediletta che egli farà educare all’arte, facendola travestire da uomo pur di poterla avere nella sua bottega, tra le sue polveri colorate ed i suoi pennelli.

 

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L’angelo lungamente atteso è quello della morte: il pittore quasi ottantenne è in preda ad una febbre che lo tormenterà per quindici lunghi giorni prima di strappargli l’ultimo respiro, un tempo interminabile durante il quale l’uomo è inevitabilmente chiamato a fare i conti con la propria vita, a ripercorrere tutte le battaglie e le scorrettezze perpetrate per emergere come pittore, con la fretta di arrivare in un’epoca in cui i poveri come lui difficilmente riuscivano ad invecchiare. Il successo lo sorprese quando aveva trent’anni e si era già inimicato Tiziano ed il critico Pietro Aretino, ma anche gli altri pittori non gli erano certo amici per quel suo voler fare sempre a modo suo, contro le regole usuali. Poi c’era la sua famiglia, sua moglie Faustina de’ Vescovi, sposata quando aveva già quarant’anni e che gli darà otto figli, ma soprattutto, al centro di ogni sua passione, c’era Marietta, forse sua figlia illegittima, avuta dalla sua amante tedesca. In lei Jacomo riverserà tutto il suo spirito anticonformista e passionale, ne farà la sua creazione ma anche la sua musa, e lei crescerà in piena libertà, al di fuori delle regole, come solo la sua posizione di illegittima poteva permetterle, e diventerà artista brava e famosa, anche se sempre vissuta all’ombra del padre. A lui ella si donerà totalmente, sarà figlia e amante, musa e allieva.

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Quando Marietta se ne andò appena trentenne, stroncata da un parto difficile, Jacomo iniziò a scrivere di lei, a costruire la sua leggenda: “E io avrò cura di lei, e non permetterò insulto, dolore, oblio. E finché io vivrò anche lei vivrà” ed a Marietta ora egli spera di riunirsi, quando la morte finalmente verrà a prenderlo, ora che ha ritrovato in lei il significato di una vita.

 

Commenti all'articolo

  • Di HOPLA’ (---.---.---.78) 6 gennaio 2009 15:34
    HOPLA'

    Ho letto il primo brano che mi è capitato in internet del libro che recensisci, quello in cui il padre punisce con il lavoro di garzone la figlia "impunita".
    Ho provato del disagio nel pensare che la Musa che diventerà la ragazzina dopo abbia comunque dovuto subire quella educativa violenza. Ma forse quello che ho letto è veramente poco...Cmq la storia delle donne nell’arte è fatta quasi tutta di questo genere di storie.
    Esse entrarono negli elenchi di pittori sotto falso aspetto, espressero la loro creatività imitando quella dei padri o dei fratelli, compiacendo l’ambiente familiare o quella del chiostro qualora recluse di dio. Alcune si autosacrificarono volontariamente alla famiglia, altre, sfuggite alla famiglia, caddero nella trappola dell’innamoramento del Maestro senza recuperare mai più la loro individualità creativa. Quelle che seppero liberarsi di tutto ciò divennero audaci, spezzando la forma prestabilita riuscirono a crearsi la loro "normalità". Ecco perchè, stanca di leggere sempre le stesse storie, auspicherei un testo di "Donne che, anzichè circondare l’uomo, ne siano circondate ", ovvero di quelle che ce l’hanno fatta!
    daniela zannetti
    bibliografia: Le tele di Penelope, germaine Greer. La donna e la pittura attraverso i secoli.I ed.1980

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