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La giustizia al tempo di Mister B.

Berlusconi, appena condannato per il processo Mediaset, grida all'accanimento. Ma non ha avuto sempre lo stesso approccio alla giustizia; è un... ipergarantista a soggetto.

Innanzitutto, mi preme rassicurare tutti (...) gli estimatori del Cavaliere; questa condanna non s'ha da fare. La sentenza appena emessa è di primo grado, e la prescrizione scatterà nel 2014; impossibile passare per secondo grado e Cassazione. Nonostante strepiti da ogni dove, e accuse di ogni sorta ai malcapitati giudici di turno, bisognerà ammettere che, in buona sostanza, l'ha sfangata un altra volta. Alcuni ardimentosi (Alfano tra i primi) hanno avuto persino l'impudenza di sostenere che i prossimi gradi di giudizio "faranno giustizia". Ma veniamo ai fatti.

L'accusa ha dimostrato che Mediaset ha comprato oltre tremila diritti su film da trasmettere non direttamente dai produttori, ma attraverso società off-shore create appositamente. La plusvalenza realizzata da dette società è stata quantificata in circa 250 milioni di dollari, finiti su conti esteri riconducibili a Mister B. L'evidenza dei fatti è tale da non essere contestata neppure dal sempiterno Ghedini, che ha basato la difesa su una curiosa ipotesi: che tale circuito sia stato creato e gestito autonomamente dai dirigenti Mediaset condannati (Daniele Lorenzano, Gabriella Galletto, e altri prescritti). La condanna dell'imputato a quattro anni, di cui 3 cancellati dall'indulto, è stata giustificata dalla corte con la dicitura "elevata propensione a delinquere"; ognuno può trarre le opportune conclusioni, tenendo presente che l'imputato, in nessun caso, dovrà scontare un sol giorno di carcere.

Ma l'impeto iper-garantista e anti-giustizialista non è sempre stato nelle corde del cavaliere, che su altre questioni, sorprendentemente, si è espresso e ha legiferato in tutt'altra direzione. Sugli stessi diritti dei film, ad esempio, ha imposto nel 2004 la legge Urbani, trasformando in reato penale la vendita o la diffusione illegale di materiale coperto dal diritto d'autore. Qualche maligno all'epoca sostenne che tanta durezza dipendeva dall'impatto negativo che la pirateria aveva sulle aziende del cavaliere, da Mediaset, a Medusa a Mondadori, ma noi ci asterremo dal farlo, essendo garantisti.

Tale accanimento comunque, oltre a stridere con la depenalizzazione di alcuni gravi reati come il falso in bilancio, ha prodotto effetti molto più severi che una condanna virtuale. Cito l'esempio del Sig. Fall Alioune, le cui rimostranze non hanno avuto la stessa attenzione dai media. Senelegalese, immigrato, in pochi anni ha accumulato 21 condanne per la vendita al dettaglio di cd fasulli; nessun altro reato di qualsivoglia natura. Il risultato?

È detenuto a Regina Cieli dove sconta, al netto dell'indulto, una pena complessiva di 9 anni di reclusione; in Senegal lo aspettano la moglie e un bambino in precarie condizioni economiche. Riflettendo su queste due vicende, credo ampiamente dimostrative dello stato in cui versa la giustizia, mi chiedevo: dalla nascita del diritto romano, in duemila anni di storia, abbiamo fatto dei progressi? Frotte di "populisti" sostengono di no, e che in carcere ormai ci vanno solo i poveracci; comincio a sospettare che abbiano una qualche ragione.

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