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La disoccupazione giovanile è molto alta. Ma davvero?

L’Istat ha diffuso i dati provvisori relativi alla consueta indagine sul mercato del lavoro che ogni mese viene effettuata da questo istituto. I dati, gli ultimi disponibili, riguardano il mese di novembre del 2010. Diverse sono le informazioni desumibili dall’esame di quei dati. Di gran lunga il più preoccupante è il valore assunto dal tasso di disoccupazione giovanile. Infatti il tasso di disoccupazione di coloro che hanno un’età compresa tra i 15 e i 24 anni ha raggiunto il 28,9%, il valore più elevato dal 2004 ad oggi.

Che il tasso di disoccupazione giovanile sia in Italia particolarmente elevato non è certo una novità. Alcuni mesi or sono furono diffusi i dati relativi ai paesi dell’area Ocse: solo l’Ungheria era contraddistinta da un tasso di disoccupazione giovanile più alto di quello italiano. Quindi i dati resi noti dall’Istat non fanno che confermare la gravità che il fenomeno della disoccupazione assume fra i giovani italiani: un terzo dei giovani che cercano lavoro rimane disoccupato. E rispetto al novembre 2009 si registra un incremento di questo tasso pari a 2,4 punti percentuali.

E’ bene ricordare che la situazione della disoccupazione giovanile è ampiamente diversificata nell’ambito delle regioni italiane: nel Sud il tasso di disoccupazione è ben più elevato del 28,9% e ciò rende la situazione del mercato del lavoro giovanile nelle regioni meridionali veramente disastrosa. Altro termine non è possibile utilizzare, davvero.

E’ bene inoltre rammentare che con tassi di disoccupazione così alti è più che probabile che risulti molto alto anche il numero dei cosiddetti lavoratori scoraggiati, cioè di coloro, in questo caso giovani, i quali non cercano nemmeno un posto di lavoro perché sono consapevoli che non riusciranno a trovarlo. Pertanto, considerando i lavoratori scoraggiati, in realtà il tasso di disoccupazione giovanile sarebbe ancora più elevato, in Italia.

Considerando questi dati dunque ci si stupisce che i giovani italiani siano definiti una generazione senza futuro? Non credo che sia proprio possibile stupirsi.

Ciò che stupisce ancora di più è l’inadeguatezza degli interventi volti a contrastare nel nostro paese la disoccupazione giovanile.

E’ del tutto evidente che una tale situazione renderebbe innanzitutto necessaria un’azione per favorire la ripresa economica, senza la quale è illusorio ipotizzare una diminuzione di una certa consistenza della disoccupazione giovanile. Ma Tremonti da questo “orecchio” non ci sente: molto probabilmente l’utilizzo da parte sua, in una conferenza a Parigi, di toni piuttosto forti circa la gravità della crisi finanziaria, è anche dovuto alla volontà di rimarcare la necessità di continuare nella politica di rigore dei conti pubblici, senza che essa sia accompagnata da misure finalizzate ad agevolare la crescita. Una politica economica “strabica” quella che il ministro dell’Economia ci propone anche per il prossimo futuro.

Ma a parte la necessaria azione per favorire la ripresa economica, sono poi del tutto carenti gli interventi specifici per accrescere l’occupazione giovanile. Anche senza di essi non è ipotizzabile ridurre in modo significativo la disoccupazione fra i giovani.

Commenti all'articolo

  • Di Ezio Petrillo (---.---.---.47) 8 gennaio 2011 11:39

    ..la disoccupazione giovanile è dovuta a 2-3 fattori determinanti a mio avviso..

    1) La nostra struttura economica basata su micro-imprese a carattere familiare e familistico, costituite per lo più tra gli anni ’70-’80, le quali non hanno nessun interesse a investire in ricerca e sviluppo. Basta leggere le offerte di lavoro in un settore quanto mai aperto come l’informatica. (Cerchiamo diplomati o laureati, come se fosse la stessa cosa, e all’università acquisiamo competenze teoriche soprattutto che in Italia non interessano a nessuno perchè tutti devono coltivare il loro orticello)

    2) Politiche di Welfare inesistenti, almeno a favore dei giovani. Incentivi, contributi, sussidi di disoccupazione per chi ha meno di 30 anni, consentirebbero a gran parte della popolazione di ri-formarsi e specializzarsi o magari accedere a qualche master formativo correlato al mondo del lavoro.

    3) Ultimo ma non ultimo. I contratti di lavoro. Cioè secondo i sapientoni giuslavoristi abrogatori dell’abominio dell’unico contratto a tempo indeterminato, i lavori atipici avrebbero dovuto portare una ventata di occupazione pazzesca. Bene. I dati a oggi, sono peggiori del 2004, primo anno in cui entrò in vigore la Legge Biagi. Come è possibile non regolamentare tale disciplina? Dovrebbero essere un paio al massimo le forme contrattuali a mio avviso (stage e tempo indet con massimo 1 mese di inserimento).

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