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La cura Marchionne: più occupazione e investimenti

Nonostante le accuse contro Marchionne, rivolte soprattutto dall'ala più politicamente esposta dei sindacati (Fiom e Cgil), i freddi numeri danno ancora una volta ragione all'amministratore delegato della Fiat.

La vittoria dei sì al referendum di Mirafiori fa quadrato con l'altrettanto voto favorevole espresso nello stabilimento di Pomigliano.
 
I lavoratori hanno accettato il piano di rilancio dell'azienda, che prevede soprattutto orari di lavoro più flessibili, un potenziamento dello straordinario, una rimodulazione delle ore di pausa che consentirà agli operai di ottenere un aumento di oltre 300 euro all'anno in busta paga.
 
Tutto questo salvaguardando l'occupazione e rilanciando la produttività con nuovi corposi investimenti. Non è un caso che i due titoli Fiat (auto e Industrial) continuino ad ottenere ottime performance in Borsa.
 
Al di là della retorica e dei fiumi di parole spese nei confronti di Marchionne, con accenni che talvolta sfiorano il grottesco ed il ridicolo, dalla semplice accusa di essere anti-italiano a chi si è spinto a paragonarlo ad un duce, ad un dittatoriello, un desposta autoritario, un semi gerarca fascista, i fatti parlano chiaro.
 
In Italia, si sa, la fantasia e la creatività spesso non mancano. 
 
Quello di cui abbiamo estremo bisogno invece, e che appare piuttosto carente, è un maggiore realismo e senso di responsabilità.
 
Gli operai che esultano per i risultati iniziali del referendum , che davano i no in vantaggio, non hanno forse compreso che il loro destino sarebbe stato l'inevitabile licenziamento: come si può esultare per la perdita del proprio posto di lavoro?
 
Un atteggiamento del genere, razionalmente inspiegabile, è l'inevitabile conseguenza di un inesorabile brain washing operato dall'ala più dura ed estrema del sindacato, quella che si oppone a qualsiasi tentativo di cambiamento in fabbrica, che non sa guardare al futuro, ferma ad una visione novecentesca del lavoro, dove prevalgono slogan ormai desueti ed una dialettica pomposa e appesantita da una visione ideologica e vecchia di come dovrebbe funzionare il mercato.
 
Per fortuna, la maggioranza dei sindacati ha assunto posizioni riformiste e moderne.
 
Retorica a parte, ancora una volta sono i fatti che superano le opinioni. Ed i fatti parlano chiaro, così come i dati statistici.
 
Quando Marchionne prese la Fiat la salvò dal fallimento, aumentando gli investimenti, la produzione e l'occupazione.
 
Il manager abbruzzese arrivò a Torino nel secondo semestre del 2004, che si concluse con ricavi netti pari a 23,5 miliardi di euro. Alla fine del primo semestre 2010 erano 27,7, cioè 4,2 miliardi in più.
 
Considerato il periodo di grave crisi economica e di vendite dell'auto, è già un risultato molto importante.
 
Ancora migliore la performance sul risultato netto. A giugno 2004 il Gruppo Fiat perdeva 669 milioni di euro, a giugno 2010 ne guadagnava 92 milioni, con un miglioramento di 761 milioni di euro in 6 anni.
 
Adesso passiamo sul fronte più delicato, quello dei lavoratori. Molti accusano Marchionne di essere quasi un tagliatore di teste, un divoratore di operai. Eppure in questi anni l'occupazione in Fiat è aumentata.
 
A giugno 2004 i dipendenti erano 160.708, sei anni dopo sono saliti a 197.64, con un incremento di 36.941 posti di lavoro. Se osserviamo inoltre i dati del 2009, ultimo anno in cui è disponibile il bilancio consolidato, si nota che in 5 anni il fatturato è cresciuto, ed è migliorato il risultato operativo, senza peraltro penalizzare l'occupazione.
 
Nello stesso periodo la Cir di De Benedetti ha aumentato le unità di 2.554 lavoratori, anche Emma Marcegaglia ha dato lavoro a 216 persone (considerando le dimensioni molto più ristrette del suo gruppo).
 
Sul fronte opposto il Gruppo Telecom, oggi guidato da Franco Bernabè, ha ridotto l'occupazione di ben 37.120 unità.
 
Notevoli passi in avanti sono stati compiuti anche sul fronte stabilimenti: nel 2004 la Fiat ne aveva in Italia 54, a fine 2009 se ne contavano 64, dieci in più (la massima crescita a livello mondiale).
 
Se i dipendenti in Italia erano 71.329 nel 2004, sempre nel 2009 ne contava 80.434, cresciuti di 9.105 unità.
 
Se guardiamo al resto d'Europa, nello stesso periodo Fiat è passata da 56 a 57 stabilimenti e da 42.879 a 45.826 dipendenti.
 
L'unica area del mondo in cui è cresciuta più dell'Italia è stata il Mercosur, dove in cinque anni i dipendenti sono quasi raddoppiati: da 24.229 a 42.397. Quel diavolo di Marchionne.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.251) 18 gennaio 2011 19:56

    Schiuma Marchionnese >

    “I tedeschi non mi hanno venduto Opel perché ero italiano”. Marchionne (italo-canadese) liquida così la vendita di Opel da GM (concorrente Chrysler) al gruppo Magna (austro-canadese).
    “La sfida è quella di aumentare i salari al livello della Germania”. Marchionne promette di far crescere i salari di almeno un 30%? Per ora registriamo che per Mirafiori c’è in vista un altro anno di Cig.
    Lamenta che tra i dipendenti “ha preso spazio il diritto ad avere senza condividere il rischio”? Di certo è riuscito ad incrementare intensità e flessibilità della prestazione lavorativa, penalizzando assenze e scioperi. In compenso non è dato sapere da quali modelli (nuovi o refresh) sarà fatto il milione e 400mila veicoli che le newco Fiat dovrebbero produrre nel 2014.

    Il mercato non si conquista con una miscela di “nebulose” promesse e dettando “condizioni” da Dossier Arroganza

  • Di Libero Mercato (---.---.---.157) 18 gennaio 2011 20:27
    Libero Mercato

    Nell’articolo ci sono già fatti concreti, non nebulose promesse.

    A breve uscirà un pezzo anche su tutte le future strategie della Fiat sul piano delle fusioni, del rimborso dei prestiti del Tesoro Usa, della scalata societaria alla Chrysler, alla produzione di nuovi modelli, al rilancio di Pomigliano e Mirafiori.
    Purtroppo sulla Germania Marchionne ha ragione. 
  • Di Mr. Hubbert (---.---.---.240) 26 gennaio 2011 10:37

    in germania non si entra con le pezze al culo.......dagli stati uniti sono scappati tutti in passato.
    Solo una azienda senza piu’ risorse poteva andarci e vedremo in che modo restituira’ i soldi, per mezzo delle vendite ho grossi dubbi.
    La fiat è ha perso il treno, gli altri hanno preso un caccia militare, e lo dico perche’ le fabbriche fiat le frequento.
    Automobili scadenti(provate a mettere a confronto una insigna e una croma, una bravo e una astra, senza scomodare bmw), tecnologicamente superate.
    E’ andato negli usa perche’, sull’onda della disperazione, lo hanno fatto entrare anche con le tasche bucate, gli altri vanno in cina e il grande marchionne va negli usa, un morto che cammina, sulla via della piu’ completa deindustrializzazione.
    Ed in cina il treno è perso definitivamente, le macchinete se le fanno loro, quello che vogliono sono macchine di qualita’ e bmw e mercedes la fanno da padrone.
    Certo vanno bene in brasile, dove si trovano in una situazione da italia anni 60, scatole con 4 ruote sono accettate( ma l’avete vista la nuova uno...in europa invendibile).
    Ma poi assoluta mancanza di investimenti, entro quest’anno tutti sono pronti con macchine totalmente elettriche da mettere in vendita....e la fiat?, vai di punto e panda e qualche cassone in arrivo da chrysler, gia si preannuncia un grande flop.

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