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La battaglia dei familiari degli scomparsi in Pakistan

Amina Masood Janjua ha visto l’ultima volta suo marito il 30 luglio del 2005. Era uscito di casa per raggiungere l’amico Faisal Faraz. Nessuno dei due è mai più tornato indietro. Più di 400 casi di sparizioni forzate a partire dal 2002 sono stati contati dalla Commissione per i diritti umani del Pakistan.

Amina Masood Janjua ha visto l’ultima volta suo marito il 30 luglio del 2005. Era uscito di casa per raggiungere l’amico Faisal Faraz. Nessuno dei due è mai più tornato indietro. Sembra che Masood sia poi stato tenuto in un luogo segreto sotto il controllo dell’Isi, il potente servizio segreto pakistano. L’Isi ha dichiarato di non sapere niente ma un testimone oculare, che era stato suo compagno di prigionia, ha affermato il contrario. Amina proprio di recente ha scritto che vorrebbe rivedere il padre dei suoi figli e passare con lui almeno i giorni di festa.

Amina Masood Janjua è la presidente di Defence of Human Rights, l’associazione che lotta per ritrovare i familiari scomparsi. Tantissime altre persone in Pakistan da tempo non possono riabbracciare i propri cari che sono stati rapiti (come accadde in Italia ad Abu Omar), imprigionati e spesso torturati dall’intelligence. Più di 400 casi a partire dal 2002 sono stati contati dalla Commissione per i diritti umani del Pakistan, l’associazione di Asma Jahangir. Dozzine di persone sono state ritrovate, erano prigioniere in Usa, Pakistan o altrove, ma resta sconosciuto il destino di tantissimi altri.

Sono state rapite persone provenienti da contesti sociali differenti: casalinghe, uomini d’affari, accademici, insegnanti, bambini di 9-10 anni. Persone che non sono mai apparse di fronte a un tribunale. Ognuna di queste persone scomparse, ognuno di questi rapimenti illegali ha causato a figli, genitori, coniugi, sofferenze indicibili. Queste persone potrebbero essere morte, potrebbero essere prigioniere in un altro continente oppure a pochi chilometri da casa. Molti furono detenuti dopo l’11 settembre 2001 in nome della guerra al terrore guidata dagli Usa. La pratica delle sparizioni forzate è stata poi utilizzata ai fini interni, per esempio contro gli autonomisti beluci o sindhi.

Pakistan disappearance

Amnesty International ha registrato 73 casi di sparizione forzata in Balochistan solamente nel 2010-2011. Il Balochistan ha una storia pluriennale di insorgenza. Gli autonomisti beluci lottano per una maggiore condivisione del gas naturale. Violazioni sono state commesse da entrambe le parti in causa, dagli autonomisti e dall’esercito. Molte persone negli ultimi anni sono scomparse anche nelle Aree Tribali di Amministrazione Federale, un territorio che per il 30% è impenetrabile, governato ancora dai Regolamenti di Frontiera introdotti durante ai tempi del Raj britannico. Amnesty nel rapporto del 2012 “Le mani della crudeltà” ha definito queste aree un deserto legale. I civili sono stati sottoposti alle uccisioni dei talebani e alle migliaia di arresti arbitrari dell’esercito regolare. Inoltre dopo una modifica dei Regolamenti di Frontiera sono stati approvati nel 2011 i Regolamenti a Sostegno del Potere Civile che hanno dato all’esercito ulteriori poteri arbitrari di arresto e imprigionamento.

Pervez Musharraf, che fu presidente del Pakistan fino all’agosto del 2008, negò sempre responsabilità riguardo alle sparizioni avvenute durante il periodo del suo mandato, nonostante l’innegabile evidenza. Nel rapporto “Negare l’innegabile, sparizioni forzate in Pakistan” (2008) Amnesty International ha evidenziato le azioni ostruzionistiche delle autorità tese a creare ostacoli a chi indagava sulle sparizioni. Ci furono grandi speranze nell’aprile del 2008 quando il governo civile democraticamente eletto promise di porre fine a questa pratica, di far luce sulle sparizioni, di esigere che i responsabili rispondessero delle loro azioni. Nell’aprile del 2008 il ministro della Giustizia disse che il governo stava raccogliendo informazioni sugli scomparsi e che presto questi sarebbero stati rilasciati. Un mese dopo fu insediata una commissione al fine di indagare sul destino degli scomparsi.

Nel marzo del 2009 tramite un decreto firmato dal presidente Zardari, l’allora primo ministro Gilani consentì il ritorno di Iftikhar Chaudhry alla presidenza della Corte Suprema e tornarono ai loro posti anche gli altri giudici fatti dimettere durante lo stato di emergenza del novembre del 2007. Chaudhry prima delle dimissioni si era occupato delle sparizioni ed era stato osteggiato dal governo. La Corte suprema nel 2009 affrontò nuovamente la questione delle sparizioni ma da allora poco è cambiato. La battaglia delle famiglie continua. La Corte Suprema potrebbe ascoltare nei prossimi giorni l’ex presidente Musharraf, che è attualmente agli arresti domiciliari in relazione all’omicidio di Benazir Bhutto.

 

Francesco Muratore per “Segnali di fumo – il magazine sui Diritti Umani” 

 

 

 

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