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"La Siciliana ribelle" ovvero da quando Rita non c’è.

Rita Atria si è tolta la vita dando fine alla sua volontaria “prigionia”. Poco prima di lei e in una manciata di mesi in quell’anno perdemmo Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e un gran numero di uomini delle loro scorte. Alcuni di noi in Italia, ancora oggi, ricordano con rispetto. Molti non ricordano più.

Siffatti esempi rivestono un ruolo portante nella società. L’importanza di queste vite esemplari ed il ricordo di esse sfociano in un valore concreto se dialogando con esse si trae energia attiva per la vita di oggi.
Il rischio di vanificare le loro vite e le loro morti oggi è reale, concreto. Il rumore di fondo che ci accompagna quotidianamente non ci consente di sintonizzarci sui valori che ci hanno permesso di crescere e di diventare un paese organizzato, con delle istituzioni, delle norme, delle consuetudini, delle tradizioni.
In Italia una brezza si è levata da un ignoto sottofondo per offuscare, cancellare, talora mistificare i nostri valori e rinunciando a essi non riconosciamo più i punti di riferimento, dimenticando chi ha creduto nello Stato fino all’ultima ora di vita e di vita spezzata con la violenza gli uni, vita interrotta volontariamente invece nel caso di Rita. La brezza è diventata sempre più insistente, alita nei corridoi dei palazzi, laddove si crea il diritto, dove si impugna la penna per vergare una norma, insidia la mano del legislatore oggi una fonte lasciando negletta, domani una nuova inventando. Cosicché chi di malaffare vive dorme un’ora in più.
Venerdì scorso i ragazzi del Liceo Augusto di Roma sito nel quartiere Appio Latino hanno assistito alla proiezione del film. Ammiro il Preside per l’iniziativa e spero che molti altri lo imitino coinvolgendo tanti giovani in tutta la penisola. Tuttavia, da padre, da cittadino, da italiano, mi sorge il dubbio che per molti di loro un film così possa essere considerato alla stregua di uno spot. Si, uno spot di vita vissuta che interrompe il ginepraio di insensati reality in cui vivono questi ragazzi oggi. Ci vogliono docenti motivati dunque, docenti spronati a non demordere, a non abbattersi e a dare ai giovani ciò che a suo tempo hanno ricevuto loro. Docenti in grado di farsi interpreti di una vita spezzata dalle pressioni dell’imperante criminalità con lo stesso identico sforzo e passione profusi per spiegare Antigone o Catone l’uticense. Insisto ancora: docenti che non si scoraggino nonostante gli schiaffi e le sfide della politica scellerata che si sta attuando su istruzione e ricerca! 


Purtroppo non basta scomodare Rita Atria per un paio d’ore, il suo sacrificio, la sua forza, il coraggio di una adolescente che sfida la mafia in tutta la sua fattezza e non solo, sfida il profondo legame familiare denunciando il proprio padre, il fratello, per mero desiderio di giustizia; ecco, tutto ciò oggi non basta a scuotere gli animi e le coscienze. Scalfire la quotidianità della gente è un’impresa ardua, privare gli italiani del calcio, delle pay tv, dei programmi televisivi delle ore di punta, dei luoghi comuni propinati dai presentatori televisivi sulla cresta dell’onda, è l’equivalente di una rivoluzione.
Oggi c’è la crisi economica, dunque si consuma di meno. Come fa un popolo a combinare la propria coscienza con la bramosia di consumo? Da quando Rita non c’è, sono nati i centri commerciali dove le famiglie ci passano i loro fine settimana e non solo. Da allora, dai primi anni 90, si sono moltiplicati i villaggi turistici, i cosidetti non-luoghi, dove le famiglie vanno a passare le loro meritate vacanze sempre più pagate a rate e sempre più fotocopiate l’una dall’altra e guai se nel villaggio non c’è la social dance. E’ più facile che un bambino sappia dov’ è “Sharm” che gli Uffizi di Firenze. 
Da quando Rita non c’è, possono candidarsi sempre di più persone, come quelle da lei denunciate, a gestire la cosa pubblica, promettere, infinocchiare i cittadini e gestire i propri affari personali in Sicilia come altrove.
Da quando Rita non c’è il Paese è cambiato. Pochi mesi dopo il suo suicidio avrei completato i miei studi. La laurea era in quel tempo uno strumento per selezionare il percorso professionale, per diventare una persona migliore, per dare un contributo al Paese, e tante altre amenità ormai fuori moda. Oggi la laurea non fa parte di un progetto di vita, si sceglie il lavoro, gli amici ti inseriscono dove serve, poi ci si reca nei supermercati delle lauree private dove si stampano belle pergamene a colori che poi si portano in ufficio incorniciate di fresco. La scuola pubblica cara Rita, piccolo fiore svanito nel vento, sta per morire incaprettata finanziariamente come certe vittime della mafia di cui tu parlasti al giudice Paolo Borsellino.
Belice: per chi non lo sapesse è la zona in cui è situato il paesino in cui è nata Rita, Partanna. Sconvolto da un violento sisma nel 1968, fu teatro di una ricostruzione mai completamente avvenuta. La politica prima, la mafia in seguito avrebbero a turno o in combutta martoriato il destino dei superstiti del terremoto. I più fortunati probabilmente furono quelli che scelsero di partire. Non farò un riepilogo sulla Sicilia odierna, non mi va, basta dire che stanno per posare la fatidica prima pietra del Ponte sullo Stretto (déjà vu?) e che stando alle dichiarazioni dell’ultimo quarto d’ora ci toccherà costruire delle centrali nucleari, fossi siciliano comincerei a preoccuparmi.
Sicilia, mi ricorda il titolo di una guida turistica per stranieri: Sicily , Garden of Europe. Bella Sicilia, mi evoca l’immagine di una fanciulla, di quelle belle, giovani e incustodite, senza padre o fratelli, di quelle abusate per passaparola tra amici, tra balordi. Nella tua bellezza e debolezza il tuo ventre ha dato vita alla forza di una Fanciulla come Rita Atria e al suo coraggio. 

Commenti all'articolo

  • Di mabo (---.---.---.66) 3 marzo 2009 22:26

    Caro Stefano in questo romantico atto di accusa sintetizzi, in maniera eccellente lo stato d’animo di tutti i Siciliani che non si riconoscono negli stereotipi ormai consolidati.
    Purtroppo sono ancora troppo pochi i conterranei che privilegiano le vie di fuga dal conformismo, e scelgono le strade impervie del cambiamento.
    Prevale ancora l’inerzia della concretezza auto celebrativa, le nuove strade, il cambiamento, provocano incertezza, e gli eroi (spesso loro malgrado) risultano, ai più, solo elementi di disturbo di un quieto vivere che non sconvolge la vita ma che non cambia una virgola di questa terra martoriata.
    Ben vengano, dunque, i “cantastorie” moderni che descrivono una realtà che molti, forse troppi continuano ad ignorare.
    Un saluto.
    Mauro Bonaccorso
    • Di Stefano Brigante (---.---.---.35) 4 marzo 2009 00:13

      Carissimo Mauro Bonaccorso,
      ti sono molto grato per ciò che hai scritto, sei entrato nello spirito delle mie parole .
      Devo molto alla Sicilia, il Paese tutto deve tanto alla Sicilia che come nerbo ardente ne ha animato la cultura, la politica e le opere con le braccia operose dei suoi emigranti.
      Sono italiano io, non potrei farne a meno.
      Cordialmente
      Stefano Brigante

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