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Fini rinnega le leggi razziali

Gianfranco Fini oggi ha detto che proprio alla Camera, settanta anni fa è stata registrata una delle pagine più vergognose della storia del popolo italiano, riferendosi alla promulgazione delle leggi raziali.

Le leggi razziali del 1938 promulgate dal regime fascista in Italia cambiarono in pochi giorni la convivenza civile nel nostro Paese.

Durante i 77 anni trascorsi dall’Unità d’Italia, i governi succedutisi introdussero delle innovazioni tese ad affermare il principio di uguaglianza tra cittadini e mi riferisco al suffragio universale, all’introduzione del sistema previdenziale, alla discontinua evoluzione dei diritti sindacali ecc.

Ma il Fascismo rappresentò una cesura anche in questo senso: per la prima volta venne introdotto un principio di diseguaglianza tra il popolo italiano e gli ebrei.
Dopo secoli, il diritto positivo iniettatava il germe del razzismo di stato contro una parte del popolo della nazione causando una delle più grandi tragedie della storia italiana ed europea.

I dittatori del secolo scorso fecero largo uso dello strumento razziale per raggiungere i loro obiettivi. Mussolini e Hitler si specializzarono contro gli ebrei ma non di meno Stalin che di volta in volta cambiava gruppo etnico per assicurarsi la sua dose di sterminio, ebrei inclusi.

L’intervento del Presidente Fini sul tema è decisamente stonato e fuori di luogo per due ragioni fondamentali.

La prima è l’ovvia distonia tra una vita vissuta attraverso la militanza in un partito che è stato il principale promotore di quell’ideologia razzista, intollerante e violenta che è stato il Fascismo e ciò che si vorrebbe (tardivamente) far credere oggi per un puro opportunismo politico e lungimiranza elettorale.

La seconda, a mio avviso ancora più sorprendente, è l’espressione di rammarico per la violenza alla quale ovunque si assiste in Italia ma anche in Europa.



Le gravissime responsabilità di una certa destra, e ancor di più di quella destra alleata con la Lega che non è razzista solo con gli stranieri ma con gli italiani stessi, avrebbe dovuto portare Gianfranco Fini ad una maggiore prudenza.

Negli utlimi dieci anni le invettive razziste, xenofobe, intolleranti e di divisione sociale sono venute solo e soltanto da una sola parte politica: la destra.

Chiederei al Presidente, secondo un indirizzo di buon senso, di limitarsi come facevano i nostri nonni a dire soltanto ciò che di buono ha fatto il fascismo, se proprio deve.
Presentarsi oggi con la laccata retorica contro le leggi razziali è assolutamente anacronistico, se fossi un ebreo direi anche sconveniente o imbarazzante.
Purtroppo oggi gli ebrei non sono più sensibili come una volta a questi temi. Ebrei noti, come la giornalista Fiamma Nirenstein, infatti, si candidano nelle liste di un partito che è una formale evoluzione di quel fascismo razzista delle leggi discriminatorie del 1938. La memoria è corta.

Avremmo tutti apprezzato una parola di dissenso da parte di Gianfranco Fini nei confronti dell’ Onorevole Borghezio, recatosi a Colonia per la manifestazione europea contro l’Islam durante il mese di settembre scorso. Proprio in quei giorni il Presidente Schifani era in visita presso il campo di sterminio di Auschwitz.

Sarebbe più utile alla comunità e alla convivenza civile se i nostri politici si dedicassero di più e meglio ai conflitti in atto invece di propinarci sterili dichiarazioni ed interpretazioni su fatti accaduti decenni orsono. Bastano gli storici ad illuminarci sul passato.

Presidente Fini le sue dichiarazioni sono chiare e altisonanti vista la poltrona che occupa. I dubbi sorgono sulle intenzioni.

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