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La Protezione civile in Val Rosandra: via anche gli alberi

L’Italia ha sempre avuto un rapporto abbastanza conflittuale con i fiumi. Ce ne sono moltissimi e storicamente hanno portato benessere ma anche gravi, gravissimi danni.

Le esondazioni infatti per motivi geografici, orografici, geologici, urbanistici (e qui mi fermo), sono particolarmente frequenti e diffuse. Spesso purtroppo sono dovute all’incuria umana: si costruisce male e si salvaguarda peggio, dagli argini agli alvei.

Il problema si riallaccia alla recente polemica sull’operato della Protezione Civile riguardante il torrente Rosandra, nei pressi di Trieste: una cascata di critiche da parte dei cittadini, politici ed esperti di vari settori si è riversata sul lavoro dei volontari. Sotto accusa le modalità, le tempistiche, la gestione e soprattutto le conseguenze della messa in sicurezza del corso d’acqua.

Una vicenda che, per quanto relegata in un angolo dell’estremo nord-est, offre diversi spunti di riflessione e pone un interrogativo interessante: quando e come l’uomo dovrebbe occuparsi della “messa in sicurezza della natura”? È una domanda non facile, che come quasi tutte le domande non facili ha però una facile risposta universale: dipende.

In questo caso l’intervento umano con tutte le eventuali buone intenzioni si è notato parecchio. Già, perché il torrente in questione si trova in un’area protetta, dal valore naturalistico e storico estremamente particolare, un’area frequentata quotidianamente (soprattutto nella stagione primaverile e estiva) da un sacco di gente.

Alla fine di marzo, quando sono iniziate le belle giornate, in due giorni circa duecento volontari della Protezione Civile hanno attuato un intervento di pulitura dell’alveo del torrente, disboscando contestualmente parte della vegetazione, e operando con scavatrici e altri mezzi in un luogo dall’alto valore paesaggistico e dal delicato equilibrio ecologico. Vedere un’area prima verde e rigogliosa diventare spoglia all’improvviso è uno di quei fatti che lasciano perplessi, se non arrabbiati. Al di là delle emozioni, però, a bocce ferme è bene farsi qualche domanda: andava fatto? I modi sono stati invasivi ma inevitabili? Ma soprattutto, cosa significa mettere in sicurezza un corso d’acqua?

Lo abbiamo chiesto a Vincenzo Armenio, professore di Ingegneria civile e ambientale all’Università di Trieste. Armenio si occupa di fluidodinamica, cioè cerca di capire i comportamenti dei fluidi (quindi anche di fiumi e torrenti) e si è occupato molte volte di problemi legati al fluire dell'acqua, in varie forme. “Le esondazioni avvengono quando, in condizioni critiche (in particolare con forti piogge), il fiume ha una portata superiore a quella normale”, ci spiega. “Di norma ciò avviene perché si accumula del materiale nell’alveo e fa salire il livello dell’acqua”. Le conseguenze sono intuibili: campagne e centri abitati allagati, e nei casi più gravi distruzioni e morti. Anche un torrente come il Rosandra potrebbe essere pericoloso, nonostante l'aspetto innocuo. Ha portate irregolari e imprevedibili, per cui bisogna provvedere in maniera continua alla manutenzione in sicurezza dell’alveo.

È proprio questo il punto fondamentale: in maniera continua. “Un torrente ben progettato, e credo che il Rosandra lo sia, in condizioni normali non ha problemi di esondazioni”, precisa Vincenzo Armenio, ovvero se si procede periodicamente all'asportazione dei rami secchi e del materiale che normalmente si accumula nell'alveo va tutto bene, come del resto è sempre andato. Ma poi cosa c'entra la vegetazione circostante? Se lo chiede anche l'ingegnere. “In generale, se ci sono degli alberi che da trenta, quarant'anni sono sempre stati lì non si vede il motivo per cui debbano essere tagliati, anche perché la sistemazione del Rosandra è stata fatta solo qualche anno fa. Quindi nelle condizioni di progetto questi alberi erano stati tenuti in considerazione”.

Armenio sottolinea più volte che non bisognerebbe fare interventi “a spot”, ma procedere con una pulizia sistematica e continua, di norma senza alcun effetto invasivo e nel rispetto della totalità e complessità dell'ambiente circostante.

Davide Ludovisi

Crediti immagine: Davide Ludovisi

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.5) 3 maggio 2012 13:17

    in seguito al taglio degli alberi , ho realizzato un’opera di land art dipingendo di cera rossa gli alberi segati , in modo da permettere alla radice di vivere . l?evento è stato riportato dal Piccolo con un articolo ,il13 -4 - 2012 ,ed anche una foto esplicativa , spero in questo modo di salvate gli alberi da una morte certa ,e con il rosso far capire che la natura sta soffrendo, [email protected]

  • Di (---.---.---.29) 31 maggio 2012 14:58

    Da moltissimi anni seguo (da dilettante appassionato) l’argomento, e ho visto che con grande lentezza è in corso una rivoluzione nei principi della gestione idraulica della funzionalità fluviale, con progressivo abbandono delle tecniche di artificializzazione e progressvo incremento di tecniche di ingegneria naturalistica; come al solito l’Italia è molto indietro rispetto ai paesi nordeuropei. 


    Nel caso del Rosandra, si sono rese palesi a tutti (visto che è stato toccato un ambiente protetto amatissimo dalla popolazione triestina e non solo) alcuni gravi equivoci sulle definizioni di base: alveo, riva, vegetazione ripariale. Tali equivoci, spero non deliberati, sono alla base della incomprensibile dichiarazione della Protezione Civile e ripresa dall’Assessore all’Ambiente Ciriani: "Non è stata in alcun modo intaccata la vegetazione ripariale, ossia quella che occupa le rive del torrente, nè tanto meno la vegetazione presente sulle fasce di rispetto immediatamente adiacenti ai corpi idrici ed esterne all’alveo" (fonte), il che significa proprio che i concetti base su cosa sia "riva" e cosa sia "vegetazione ripariale" sono non condivisi. 
    In realtà, la vegetazione naturale stessa, con la sua successione, indica chiaramente quale sia l’alveo (in cui non esiste vegetazione stabile e men che meno arborea) e cosa siano le rive (dove appunto si insediano le varie comunità vegetali), e quindi parlare di "alberi in alveo" è assolutamente fuorviante, in quanto nell’alveo propriamente detto non ci sono alberi. A meno che per alveo non si intenda tutto lo spazio da un argine all’altro.... 
  • Di (---.---.---.186) 16 febbraio 2015 21:01

    la situazione del torrente rosandra era conosciuta da chi frequentava la valle ,ma l’intervento della protezione civile invece che interessarsi della foce nella zona delle noghere dove gli arbusti fanno tuttora argine al deflusso del torrente , si sono interessati agli alberi del torrente che si trovano ancora nella parte superiore , e che avevano già un diametro di un metro , mentre dovevano intervenire solamente nei cespugli che facevano da argine al defluire del torrente , quindi l’intervento è stato un disastro ,con il taglio di alberi secolari che andavano isolati e servivano a delimitare il percorso del torrente
    ed alla vita degli animali che già da anni vivevano in quel luogo . A causa di un preciso
    ordine e direttiva regionale della FVG indotto dal progetto per la costruzione della ferrovia che collegherà Sezana a Capodistria in Slovenia progetto che prevede il raddoppio della ferrovia stessa e di accordi transfrontalieri tra Italia e Slovenia , questo intervento nella val Rosandra del taglio di alberi monumentali è stato voluto e permesso.
    Tutte le difese del l’ intervento sono solo chiacchere per nascondere la verità .
    Quindi vedremo nel futuro chi avrà ragione e se si attueranno i progetti previsti.

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