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La PDL e la "mignottocrazia"

La violenza, l’oppressione del potere, ovvero, la mafia bianca, poliedrica e strisciante, quella che dietro il perbenismo, il formalismo di facciata, il fariseismo, come direbbe il Cristo, ci invade e ci violenta la nostra vita quotidiana, di tutti noi, e che va in opposizione al confronto autentico, libero ed alto tra gli uomini.

Da qui sorge la spinta a creare regole rigorose e istituzioni capaci di ridurre l’insostenibile rischio di tale minaccia. In questo inizio di XXI secolo, è ancora necessario ripensare gli strumenti che la prevengano, la limitino, la contengano, come se la storia fosse trascorsa invano.

Se il potere si è sempre legittimato sui sudditi, il diritto è nato per trovare un’alternativa a queste forme di violenza, peggiore di quella fisica, o quanto meno per sottoporla a limitazioni attraverso norme ed enti democratici.

Oggi, di fronte a quale genere di violenza siamo posti? Quali ne sono le origini? Che tipo di regole potrebbero limitarla? E quale sistema “ad opponendum” costruire? Mentre la furia totale di queste mafie proietta la sua ombra sinistra su tutto l’insieme delle relazioni interpersonali che rappresentano la politica, si rafforza l’urgenza e la concretezza dell’obiettivo di ridurne la frequenza, l’estensione e la durata in ogni sua forma. Questi gli interrogativi che dominano la nostra coscienza di fronte ad un panorama sempre più inquietante della tracimazione politica verso strutture pseudo popolari che in verità celano forme di tirannia neoplasiche, che partono dalla mortificazione della libertà di voto, per arrivare alla normalizzazione sociale, dove cresce e si sviluppa la mala pianta della immoralità, intesa come contravvenzione delle più semplici regole della partecipazione democratica al processo di governo di una comunità.

La mignottocrazia, come afferma Paolo Guzzanti, figlia dell’autocrazia monarchica.

Oggi assistiamo a questa nuova forma di governo che nemmeno i padri della politica, dai greci ai romani avevano previsto. Il Principe che governa sull’onda del consenso emozionale,e dalla sua posizione ritiene di non dover dar conto a nessuno. Ma la cosa aberrante è che questo modello non risiede solo a Roma, va via via allargandosi in tanti principini locali che adottano lo stesso sistema del principe Silvio, solo che quest’ultimi sono i figli della mignottocrazia, cioè puttane prive di valori, che pur di accaparrarsi una poltrona o sgabello che dir si voglia, sono pronti a prostituirsi, devono ubbidienza a loro volta al capo mandamento politico che sta sopra lui, e questi a loro volta a quello di sopra fino ad arrivare al cospetto del sole, il principe unico, Berlusconi.

E tutte queste mignotte che non contano un cazzo, sono in definitiva quelle che hanno distrutto il sistema. Perché essendo nominate devono obbedienza assoluta, sono obbligate al conferimento dei consensi verso il sovrastante, e per far questo deve imbarcare anche la melma che produce più consensi rispetto agli intellettuali.

Fin quando non succede nulla evvivadio, se dovesse però succedere un inghippo per cretinaggine di qualcuno ecco che si va alla caccia alle streghe. Una ricerca di responsabilità, dall’alto verso il basso.

Un esempio concreto di ciò che teorizziamo, c’è stato col caso Paternò / Frisenna. Qualche giorno fa, il Presidente della Provincia Castiglione, accusava i locali e nella fattispecie l’on. Salvo Torrisi nella poca avvedutezza delle scelte fatte, perché non si poteva non sapere. Dimenticando, però, che anche lui ha scelto nella sua giunta Ascenzio Maesano rinviato a giudizio, al quale la pubblica accusa ha chiesto tre anni e mezzo per corruzione e coercizione elettorale (voto di scambio), riferite ad elezioni passate e non ancora a quelle del 2008..

Oppure la regola è legare l’asino dove vuole credendosi il padrone. Castiglione non è immune dalle regole morali e nemmeno di quelle di buona creanza. Se vuol essere come l’immacolata concezione, deve attrezzarsi di conseguenza: né lui né i suoi collaboratori devono essere sfiorati nemmeno dal sospetto, per cui deve necessariamente rivedere la rotta e non solo rispetto gli assessori, se le dichiarazioni di intenti sono sincere, deve essere consequenziale anche con i funzionari ad ogni livello, già troppi “derapage” si sono avuti in solo sei mesi di amministrazione.

Riguardo questi temi abbiamo incontrato, a Paternò, il capogruppo consiliare di Forza Italia, Daniele Venora, per meglio comprendere il percorso che il PDL intende intraprendere per riacquistare credibilità e fare partire l’azione amministrativa che langue.

“Azzeramento della giunta, lo abbiamo dichiarato alla stampa. L’azzeramento vuole essere un riassetto morale, ma anche funzionale, dove i partiti devono essere lasciati fuori dall’amministrazione, ed a comporre la giunta deve essere il sindaco non guardando a nessun equilibrio politico, mettendo dentro personalità di sicuro valore e bipartizan, che possano dare la spinta necessaria ad una amministrazione che si trascina ormai da tempo. Noi facciamo autocritica rispetto alle scelta fatte nel passato ma che erano frutto di negoziazione rispetto agli equilibri anche esterni alla nostra comunità: Certamente non eravamo lasciati soli nelle scelte, alcune imposizioni ci venivano fatte. Ora andiamo avanti da soli”.

Una scelta tardiva quella dell’azzeramento della giunta, ma che almeno si faccia presto e sul serio.

Molti attendono che sia la magistratura ad affermare la questione morale, invece noi pensiamo che la politica debba precederla, compiendo scelte concrete e dal forte valore simbolico, ma nel contempo consistenti nella sostanza, nel segno del rigore e della morale. Il Presidente Napolitano ha fatto bene ad esortare la politica a reagire al suo impoverimento morale e culturale, sollevando la questione morale, questione che sosteniamo come prioritaria nelle scelte e nei comportamenti della politica, che si impone con particolare forza in un momento di grave crisi economica e sociale, che colpisce soprattutto i deboli e gli indifesi.

Noi siamo scettici e non crediamo che ciò possa accadere radicalmente, vi saranno sempre le mezze misure che poi accontentano tutti, i compromessi. Ma forse non accontenteranno la città.

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