La Lega non sa quanto costa il decentramento dei ministeri
La Lega, quella delle «questioni concrete», va in panne con una domanda molto semplice:
Quanto costa il decentramento dei ministeri?
E va in panne perché l’ha proposto, ne parla da mesi, ne ha fatto la prossima promessa (dopo quella federalista, anche se – nei fatti – è ancora una promessa), ha perfino ritardato Pontida per annunciarlo (solo per poi preferire giocarselo in una campagna elettorale ormai disperata) e pur tuttavia non ha elaborato uno straccio di relazione tecnica, una simulazione, un foglio Excel per giustificare il suo mantra,
Ci farà risparmiare.
O, ancora peggio, se lo ha fatto si è dimenticata di comunicarlo ai suoi stessi vertici, oltre che ai suoi elettori. Il punto è che, forse, nel Carroccio non si aspettavano che qualcuno potesse prenderli sul serio. Polemizzare non sul che, ma sul come. Ragionare come se la proposta potesse davvero interessare a qualcuno.
Il risultato è desolante: promesse («eliminerà gli sprechi»), propaganda («si farà a costo zero»), silenzi, mugugni, telefoni agganciati improvvisamente e chiamate spergiurate che non arrivano. Oltre al solito, inutile, polverone politico. Questa è la Lega delle «cose concrete». E infatti la cosa più concreta di tutte è che ha perso un elettore su cinque rispetto a un anno fa. Nel suo Nord. Che, forse, ha finalmente smesso di credere alle favole celtiche.
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