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La Commorienza: la misteriosa morte dei fidanzatini di Policoro

"La Commorienza - la misteriosa morte dei fidanzatini di Policoro", di Andrea Di Consoli

La Commorienza: la misteriosa morte dei fidanzatini di Policoro

La Commorienza di Andrea di Consoli per la Marsilio è un libro inchiesta di come se ne vedono pochi sugli scaffali delle librerie. Il testo cerca di dipanare il mistero della la morte di Luca Orioli e di Marirosa Andreotta, ovvero come fu battezzata dalla stampa, “il caso dei fidanzatini di Policoro”. Uccisi e trovati nel bagno della casa di Marirosa Andreotta. Il 23 marzo del 1988, Policoro, piccolo paese nella provincia di Matera, si risveglia con un doppio omicidio che rimane a tutt’oggi insoluto. Ma l’uccisione dei due giovani crea nel tempo una parte del mosaico dei misteri della Basilicata: sesso, droga, poteri forti, criminali, mafiosi, massoni, oscurità e tenebre nel cuore del nulla. Le ipotesi arrivano a festini, orge, droga e sesso come condimento e nomi insospettabili. Di Consoli prende per mano il lettore e lo fa camminare in questo mistero italiano dimenticato. Si camminare, non precipitare. Non ci sono frasi roboanti, neanche (prese di) posizioni da deus ex machina che indaga, comprende e risolve, senza aiuto alcuno. Il cammino della lettura è teso, deciso, ma anche leale. La Commorienza è si un’indagine in un mistero terribile, fatto un passo alla volta, ma sono passai serrati mai affettati. Interviste, documenti, foto.
 
La lettura procede e sembra di essere lì, nel 1988, mentre accade, e possiamo osservare con i nostri occhi. Tutto. Di Consoli non tralascia mai tutte le angolazioni, le incongruenze investigative, le incertezze dei protagonisti anche se afflitti dal dolore. Interroga, intervista, incontra i protagonisti, e di ognuno racconta il tempo passato e quello attuale. Il testo è anche e soprattutto la perdita dell’innocenza, della maturità che per i protagonisti non giunge mai, assaliti dalla morte anzi tempo. E la loro immaturità, diventa l’immaturità del male stesso che si è compiuto. Non più un arcano, assetato di vizi e facili pruriti, ma dosi su dosi di male banale, che ammette in fin dei conti una malvagità estrema. Perché due giovani muoiono e le acque si confondono in una terra nera, quella Basilicata che fa da sfondo continuo al viaggio del lettore. Di Consoli ama la sua terra, pagina dopo pagina il livore amaro e appassionatamente innamorato per una terra avara di speranze e possibilità si tramuta nell’ombra misteriosa che avvolge come sudario i corpi martoriati dei “fidanzatini di Policoro”. Ma perché si dovrebbe leggere La Commorienza? Immaginate di avere tra le mani un numero di Epoca, il settimanale, quando era diretto da Enzo Biagi. Un’indagine che diventa prima di tutto scrittura umana e compassionevole, che tratteggia non solo i protagonisti ma quelle mura, quelle strade, quei modi e costumi che messi insieme sono la società del tempo, che si riflette ancora oggi. Un giornalismo investigativo che non vede al centro l’ego dello scrittore che deve dimostrare a se stesso la propria bravura, ma una scrittura al servizio del lettore. Le pagine si muovono come se fossero quadri in bianco e nero, eppure i fatti accadono soltanto nel 1988. Ma oggi, con l’avvento del 3D, sono un tempo già lontano e soprattutto così sgranato nei suoi colori da apparire in bianco e nero. Un’indagine che parte da un’idea base forte, prepotente: la pietà verso i morti e verso coloro che sono sopravvissuti, anche verso coloro che hanno commesso il duplice omicidio. Che non significa assoluzione.
 
Di Consoli è un giornalista, uno scrittore. Non vuole essere sbirro, giudice, e soprattutto un opinionista. Si interroga sul male, sulla morte, sugli omicidi, perché interrogando i morti si interroga sulla vita. Una scrittura umile, ma tenace, contadina nel suo perseverare verso la verità, perché alla fine deve esserci una verità. E per quanto meno appariscente di qualche scoop gridato, non è meno dolorosa e impressionante. Le pagine sono inchiesta. Decisa, diretta, fatta di prima mano con tanto lavoro di scarpe, prima che di penna. E questo oggi un elemento difficile da trovarsi in una nazione mediatica che aspira alle inchieste per poi tirarsi indietro. Sapendo bene che il pubblico che ha ammaestrato non va oltre il grido spiattellato di titoli buoni per i manifesti dei circhi. E l’editoria, quando è saggia è corretta, ricopre ormai il ruolo di media che può dare spazio e voce ai misteri irrisolti, perché concede il respiro ampio del tempo di un libro. E il respiro è profondo, antico nell’alito, nauseabondo nelle sue reticenze, nelle verità mai colte in pieno così come le imprecisioni. Di Consoli è un giornalista, uno scrittore che usa la cronaca nera e i suoi casi per indagare nell’animo umano. E non protegge il lettore come non protegge se stesso issandosi sull’altare del giudizio secco e definitivo. Il giudizio del buono verso il cattivo, del bene verso il male. Conscio che le semplificazioni sono una sciacquatura delle coscienza che scaricano giù per i tubi le verità altre. Ed evita anche il concetto della banalità del male, anche se lo afferma, perché ha compreso che la concettualizzazione del male e della sua banalità ha lo stesso potere diversivo del gioco ai buoni e ai cattivi. Il male che ha ucciso due giovani vite è uno solo, quella di mano umana, e Di Consoli ci fa camminare con lui fino a guardarlo in faccia.
 
LA COMMORIENZA
La misteriosa morte dei fidanzatini di Policoro
di Andrea Di Consoli

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