La guerra asimmetrica
Una sproporzione fra le forze in campo, un eccidio, forse. Non il primo e forse neppure l’ultimo.
Gli storici definiscono “guerra asimmetrica” una guerra in cui le forze militari in campo sono fortemente diseguali, come quella voluta da Bush in Irak o come quella che proprio in questi giorni vede opposti gli israeliani ai palestinesi della striscia di Gaza.
E’ detta asimmetrica perché le forze in campo sono eccessivamente sproporzionate a favore di uno dei contendenti e lo stesso concetto di guerra non ha, in questo tipo di conflitto, lo stesso valore che di solito gli viene attribuito.
Una guerra che potrebbe essere definita, oltre che asimmetrica, anche “posteroica”.
E’ una guerra cioè in cui viene a mancare anche quel contatto umano, quella relazione interpersonale sia pure distorta perché fra nemici, quelle pulsioni e passioni negative che portano a volte ad azioni barbare, orrende come gli eccidi, lo sterminio di cittadini inermi, di una popolazione civile che ha come unica colpa quella di trovarsi sul cammino degli eserciti in lotta.
Comunque, in tutto questo, al centro rimane sempre l’uomo e il suo comportamento, con le sue passioni, le sue crudeltà ma anche con i suoi atti d’eroismo.
Queste invece sembrano guerre appunto posteroiche perchè l’uomo perde il suo valore e lo acquista invece la macchina, la tecnologia.
Nel 2006 un apparecchio telecomandato, un Predator americano, bombarda un villaggio ai confini dell’Afghanistan facendo alcune decine di morti fra cui molte donne e bambini nella disperata ricerca della soppressione fisica del mullah Omar, dato per certo in quel villaggio. L’apparecchio era telecomandato dagli Stati Uniti, a diecimila chilometri di distanza, in una base militare segreta dove il pilota guardava lo schermo televisivo che inquadrava il terreno e il co-pilota sganciava i missili micidiali. Né più né meno di un war games, una battaglia navale dove non c’è posto per il sangue, il dolore, gli affetti, la distruzione, le viscere sparse per i luoghi, gli arti amputati, i bambini sventrati che ancora si domandano cosa sta succedendo e perché.
Un popolo strangolato in una striscia di terra rinchiusa, con una leadership legalmente eletta e autorizzata ma con il grosso neo di avere nello Statuto l’obbiettivo della distruzione dello Stato Ebraico (che impedisce qualunque tipo di approccio per la pace e che trasforma Hamas quasi in un movimento terroristico), sta in questi giorni soffrendo e pagando la enorme superiorità della tecnologia militare ebraica che con la sua artiglieria da campo, con la sua Marina, i suoi elicotteri Apache, i sui missili e i sui caccia nei cieli in assenza di qualunque tipo di contrasto, se non i ridicoli missili Kassam molto più simili a dei fuochi artificiali cinesi che a vere e proprie armi da guerra, sta subendo in questi giorni un attacco più simile ad un eccidio che ad una guerra. Oltre i mille (per ora) morti fra la popolazione palestinese di cui la maggior parte civili inermi (
Solo in questo caso una guerra così crudele, con le tantissime vittime civili che ha causato, potrebbe almeno avere un senso, un risvolto positivo come le guerre del tempo antico. Potrebbe cioè portare alla soluzione di questo annoso e difficile problema di rilevanza mondiale, il punto critico di attrito e di scontro permanente fra due mondi e due civiltà che dovrebbero cominciare a parlarsi con il meccanismo della diplomazia invece che con quello odioso e sempre ingiusto delle armi.
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