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L’ultima vittoria di Benedetto XVI : la riaffermazione dello Spirito di S. Benedetto

Sono pochi minuti prima delle 18.00, Papa Benedetto XVI ha lasciato S. Pietro avviandosi verso Castel Gandolfo. Dalle 20.00 di ieri è "Pontefice emerito". Il Cardinale Joseph Ratzinger, uno dei teologi più insigni del Novecento, aveva segnato con una impronta profonda sia il Concilio Vaticano II - come da lui stesso ricordato in occasione del recente saluto ai parroci di Roma - sia tutta la teologia successiva. Aveva segnato in particolare il pontificato di Giovanni Paolo II, in cui era stato Prefetto della Congregazione per la Fede.

Si era voluta una continuità in questo e ad hoc l'ultimo Conclave lo aveva - contro il suo desiderio - innalzato al Sommo Ministero. Lui accettò in quello che è sempre stato lo Spirito che lo ha caratterizzato: innovazione nella tradizione. Lo stesso nome assunto, non Giovanni Paolo III, bensì Benedetto XVI, da subito era indicativo della volontà di andare oltre e procedere in un rinnovamento profondo di una Chiesa ormai troppo secolarizzata, nella ricerca di sé e della propria Spiritualità più Vera. Non poteva così che riapparire la figura immane di San Benedetto, colui che nei tempi estremamente oscuri posteriori alla caduta dell'impero Romano, seppe rinsaldare, preservare e trasmettere non solo la fede, ma anche le radici della cultura Europea.

Quello del "Grande Monaco" è - insieme a quello di Gesù Cristo, di San Giovanni e San Paolo - il nome simbolo per antonomasia di "Cattolico", ovvero universale. Una Chiesa davvero Chiesa di Cristo e non di Erode, come già accaduto in passato (ai tempi di Cristo stesso), e come purtroppo in parte accade anche oggi con ciò che riduce semplicemente a "multinazionale della fede". Far rinascere una Chiesa Vera, e, al tempo stesso ed in coincidenza, una vera Europa: la trasposizione dell'opera di San Benedetto. Un progetto in sé estremamente ambizioso, che si lascia integrare nell'animo sostanzialmente umile di Ratzinger solo per la sua improcrastinabile necessità ed urgenza in una realtà sempre più secolarizzata anche all'interno della stessa Chiesa. "In hoc Signo vinces" non è un paradosso, o forse sì, sta di fatto che proprio la sconfitta dimissionaria segna la vittoria più grande con folle immense di ogni lingua, razza e nazione che si stringono in amore intorno al Papa e con lui - commosse - tornano alla preghiera, ad essere Chiesa Vera, a Dio.

Forse - le vie del Signore sono imperscrutabili - in nessun altro modo questa missione grandissima sarebbe potuta giungere a compimento e, d'altronde, il ritiro in convento che avrà seguito dopo i due mesi a Castel Gandolfo, segnano proprio la prosecuzione radicale della "Via Benedicti".

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