L’anno d’oro del tennis italiano
Col secondo successo consecutivo in Coppa Davis si è conclusa per l'Italia del Tennis un'inedita annata magica stracolma di trionfi, che ci erge tra le grandi potenze.
L'ANNO D'ORO DELL TENNIS ITALIANO
Jannik Sinner è sicuramente il simbolo di questo nuovo corso dorato che a velocità supersonica sta riscrivendo a caratteri cubitali ed indelebili la storia della racchetta azzurra. Ma oltre a lui...
Vincere per la prima volta gli Open d'Australia, gli US Open maschili e le ATP Finals. Occupare per la prima volta la 1^ posizione del ranking ATP. Conquistare per la prima volta nello stesso anno la World Cup a squadre sia in ambito maschile (Coppa Davis), sia in ambito femminile (BJK Cup). Il 2024 che volge al termine è stato per noi l'anno delle prime volte, in cui si sono infranti tabù secolari duri a morire, in cui s'è lambito lo zenit dei sogni proibiti, delle utopie più spinte, in cui la realtà ha sposato la fantasia per forgiare le favole più suggestive ed incantevoli. L'Italia nel giro di pochi mesi ha inscenato exploit che sino a pochissimo tempo fa sembravano del tutto fuori dalla nostra portata, quasi estranei alla nostra giurisdizione, o, se preferite, persino esclusi dal nostro dna. La nostra prodigiosa mutazione genetica reca in primis la firma marcata dell'uomo dei miracoli Jannik Sinner, che, dopo essersi reso artefice di un'evoluzione straordinaria, si è erto a protagonista indiscusso del circuito. È senz'altro lui l'attore principale del nuovo itinerario spaziale inaugurato dal tennis azzurro, entrato in virtù delle sue prestazioni mostruose in una dimensione inesplorata ed inimmaginabile. È certamente lui il vero uomo della svolta, il personaggio da fumetti che sta riscrivendo a velocità supersonica ed a caratteri cubitali ed indelebili la storia della racchetta tricolore, offuscando i Pietrangeli ed i Panatta. E probabilmente un giorno sarà riuscito persino ad offuscare i Federer ed i Djokovic per proiettarsi fra gli dei del tennis planetario. Tuttavia, senza nulla togliere al superlativo ragazzo altoatesino, che sicuramente, senza timori di essere smentiti, rimane la conditio sine qua non della nostra parabola ascendente, sarebbe piuttosto ingeneroso e assolutamente riduttivo, oserei dire falso, circoscrivere l'eccellenza del nostro tennis soltanto al 23enne dell'Alta Pusteria. Sebbene questi ne sia il traino cardinale ed imprescindibile (guai a negarlo, sarebbe quasi blasfemo...), il portentoso balzo in avanti compiuto dal nostro movimento è riconducibile a più interpreti, ad iniziare dalla punta di diamante della racchetta in gonnella, il cui nome, guarda un po' il caso, inizia ancora per J, ovvero Jasmine Paolini. La 28enne toscana con le sue performances maiuscole ha celermente riportato le lancette del tempo al periodo più felice della nostra storia al femminile, avente come star due signore raffinate del calibro di Flavia Pennetta e Francesca Schiavone, che sino a qualche lustro fa ci regalavano gioie a go-go. Prima donna italiana a raggiungere la Finale del prestigioso Torneo di Wimbledon e vincitrice a Parigi di uno storico Oro Olimpico nel Doppio (con Sara Errani), la Paolini qualche giorno fa, assieme alla giovane Lucia Bronzetti ed all'eterna Errani (la veterana azzurra in Finale contro la Slovacchia non ha avuto bisogno di scendere in campo) è stata l'artefice principale della quinta Fed Cup (recentemente ribattezzata BJK Cup) conquistata dalla nostra Nazionale, per un successo roboante che ci permette di risalire prepotentemente la china e di tornare a sedere finalmente fra le super potenze dopo anni vissuti nell'anonimato, in cui si era faticato non poco a ritrovare il sentiero della rinascita. Oltre a festeggiare per le vittorie sin qui ottenute, la rapidissima ascesa compiuta in questi ultimi 6 mesi dall'attuale numero 4 WTA, che ha per certi versi dell'inspiegabile, nonostante l'età non più verdissima ci permette di ben sperare per gli anni venturi. Ma ovviamente ad avere le basi più solide, tali da indurci a fantasticare un futuro radioso e colmo di meraviglie, è soprattutto il tennis maschile. Di Sinner oramai è quasi superfluo tornare a parlare. Di lui si è già detto e si sa tutto. Il “mago” altoatesino ha vissuto un'annata incantevole, da vero numero 1 del ranking, da vero Re, a tratti da marziano. Basti pensare alle ultime ATP Finals, il “torneo dei maestri”, in cui si è imposto senza concedere un set o un tie-break. Basti passare in rassegna il resoconto di tutti gli incontri disputati in quest'anno solare, in cui ha perso soltanto 6 volte (di cui 3 contro Alcaraz, e comunque sempre contro dei big: Medvedev, Rublev, Tsitsipas), di misura e dopo aver venduto cara la pelle. Mai un passaggio a vuoto, mai un capitombolo fragoroso (come invece capita sovente ad altri grandi). Ormai quando scende in campo è quasi una sentenza, una semi garanzia di giubilo. Specie se non ha problemi fisici. Specie sul cemento, in cui ha più volte rasentato la perfezione. Ma oltre al rosso venuto dalle montagne non possiamo certo dimenticare il redivivo Matteo Berrettini, che, dopo tribolazioni infinite, con le sue prestazioni magistrali ha contribuito non poco a farci bissare il trionfo in Coppa Davis, quella stessa Davis vinta l'anno scorso per la prima volta dopo quasi mezzo secolo, e che ex post oggi ci appare una sorta di pietra d'angolo da cui è partita la nuova era dorata del tennis italiano, che anche in virtù di altri giovani e giovanissimi, da L. Musetti (Bronzo alle ultime Olimpiadi) - che si avvia alla consacrazione - a F. Cobolli - il faro di una pletora di nuove leve in rampa di lancio - può continuare a sognare nuovi traguardi ed ulteriori gioie. Con l'auspicio di non tornare mai più allo status quo ante, in cui si faticava persino a rimanere a galla tra le onde della mediocrità. Alberto Sigona 25 novembre 2024
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