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L’Italia di Mazzini e Garibaldi

A suo tempo Giuseppe Mazzini affermò: “L’Italia sarà quel che il Mezzogiorno sarà”. La cosa si verificherà principalmente per una questione demografica, ma forse Mazzini pensava anche ai sistemi gelatinosi e mafiosi.

Indubbiamente ogni generazione interpreta personaggi storici e pensatori in modo diverso dalle generazioni precedenti: “Ogni epoca dà la precedenza e pone l’accento su aspetti specifici di un autore o di un’età, trascurandone necessariamente altri, che magari ricevono poi maggiore attenzione nell’epoca successiva” (Diego Fusaro, 2009, www.filosofico.net). Ed è pure vero che gli uomini fanno la storia ma non sanno mai quale storia stanno davvero facendo (Raymond Aron).

Perciò, poiché state leggendo un articolo scritto per celebrare i prossimi festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia (nel 2011), ho deciso di riportare un’altra affermazione di Giuseppe Mazzini: “Il voto, l’educazione, il lavoro sono le tre colonne fondamentali della Nazione” (p. 72, Bur, 2010).

E ora vi lascio riflettere sui cittadini sempre più poveri che non possono nemmeno votare direttamente i propri rappresentanti nel Parlamento. E vi lascio giudicare i soliti governi che investono poco e niente nell’istruzione intellettuale e quasi niente nell’educazione civica e morale. E vi lascio valutare gli imprenditori che non investono nei lavoratori, nella formazione e nello sviluppo. E vi lascio pensare ai lavoratori che non si formano e non investono su se stessi.

Purtroppo tutto ciò accade perché per i cittadini e i politici italiani il bene comune è ancora un’astrazione. Lo stato è troppo impersonale per chi sa concepire solo le relazioni personali e familiari. Anche per questo motivo i funzionari che rubano il denaro pubblico non sentono di commettere un crimine (Francesco Galgano, “Il diritto e le altre arti”, www.compositori.it, 2009).

Da sempre la storia d’Italia è stata piena di politici incapaci e voraci, con un seguito di figuri e figuranti idioti o delinquenti. Si potrebbero citare le devastanti azioni dei piemontesi degli anni successivi all’annessione del Regno delle Due Sicilie.

Garibaldi, otto anni dopo la sua impresa, scrisse: “gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio” (Pino Aprile, Terroni).

Negli anni successivi all’unificazione, in molti paesi del Sud d’Italia, “La convenienza, l’ideale, l’onore, l’opportunismo, l’avidità erano tutte strade che portavano al sangue” e ai “crimini impuniti per ragion di stato [cioè il potere militare savoiardo]. E questa assuefazione all’immunità e al sopruso ha una connotazione pure geografica, ha generato un’idea di cittadinanza minore, rassegnata a tollerare, se a proprio danno, quel che per altri è intollerabile” (Pino Aprile, 2010).

Così l’unità d’Italia, in alcuni casi non fu molto patriottica e “non è avvenuta su una base di uguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Mezzogiorno” (Antonio Gramsci). Non si può negare che con la conquista del Sud Italia si “realizza un enorme passaggio di ricchezza che fa la fortuna di un’esigua minoranza di borghesi, militari e nobili” (Angela Pellicciari, “I panni sporchi dei Mille”). Come si sa la guerra è il paradiso dei giocatori d’azzardo, dei mentitori, dei ladri, dei traditori e degli assassini. E le prime medaglie al valore militare “l’Italia le ha assegnate a italiani autori dello sterminio di migliaia di italiani, spesso per rappresaglia” (Pino Aprile, p. 112). Infatti secondo Lorenzo Del Boca furono giustiziati più italiani dai Savoia che dall’Austria tiranna e sanguinaria (in “Indietro Savoia!”). Del resto “la storia e la vita sono fatte di dimenticanze” (Francesco Saverio Nitti).

Comunque nel 1860 Giuseppe Mazzini pubblicò “Dei doveri dell’uomo” nel tentativo di educare gli italiani e oggi non è ancora nato un partito con a capo un leader intelligente “disposto a sacrificare l’intera esistenza al bene comune e alla ricerca della verità, senza lasciarsi sedurre dagli applausi” (Donald Sassoon, Bur, 2010). Dunque non ci resta che pensarla come Mazzini: gli italiani sono ancora egoisti, individualisti e ignoranti quanto i loro governanti. In una lettera Mazzini affermò: “Amo l’Italia, non gli italiani”. Pure io sono arrivato a non amare buona parte dei governanti e dei governati. Non odio nessuno, ma nessuno dovrebbe avere il diritto di essere pigro e nessuno dovrebbe avere il dovere di fare il finto tonto.

Cari cittadine e cittadini, è poi così difficile considerare che “è più democratico un Paese nel quale un re, figlio del suo padre e padre del futuro re, governa applicando rigorosamente la legge… e meno democratico un altro Paese nel quale governa una persona scelta con il voto, che però se ne frega della legge” (Bruno Tinti, Toghe rotte, Chiarelettere, 2007). E di regola quando un Presidente del Consiglio entra in conflitto con la Costituzione, i parlamentari dei paesi civili cambiano il Presidente. Caro cittadino figlio d’italiana, d’italiano o di stranieri, prova a capire che la Patria si realizza “Là dove vuoi vivere senza subire né infliggere umiliazione” (Emmanuel Roblès).

Le prossime volte che si andrà a votare guardatevi allo specchio per un paio di minuti prima di andare al seggio e forse riusciremo a far eleggere una maggioranza di parlamentari e di governanti realmente democratici in grado di realizzare il principio secondo il quale “un’uguale considerazione dev’essere data al bene e agli interessi di ciascuna persona” (Robert Dahl, La democrazia e i suoi critici, 1990). Senza aver bisogno di guardare la faccia o la tessera di nessuno.

Nel frattempo chi volesse ripercorrere alcuni passaggi edulcorati della martoriata storia d’Italia, può approfondire la navigazione di un paio di siti: www.italia150.it, www.biennaledemocrazia.it.

P. S. Ogni italiano che volesse civilizzarsi dovrebbe ripetere questo “mantra” almeno dieci volte: “Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me” (Giorgio Gaber, www.chiarelettere.it).

Nota – Nel 1905 Gandhi pubblicò un articolo dove descrisse Mazzini come suo maestro spirituale: “Fu un uomo pio e religioso, sempre scevro dall’egoismo e dall’orgoglio. La povertà fu per lui un onore. Guardò alle sofferenze altrui come fossero le proprie. Ci sono davvero pochi esempi nel mondo di un singolo uomo che abbia determinato l’edificazione della propria nazione con la sua forza d’animo ed estrema devozione per tutta la vita” (Dei doveri dell’uomo, Bur-rizzoli, 2010).

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