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L’IdV nella XVI Legislatura: il successo e la caduta

Dopo un periodo di andamento positivo, l’Italia dei Valori ha vissuto un 2012 disastroso: scandali e defezioni hanno affossato il partito di Antonio Di Pietro

Partiamo dalla fine. «Questa è la morte dell’Italia dei Valori». A dirlo è stato Leoluca Orlando lo scorso ottobre, all’indomani del voto per le Regionali siciliane. Il partito di Antonio Di Pietro ha ottenuto solo il 3% dei voti, il peggiore risultato dal 2005. Negli stessi giorni su Rai 3 è andata in onda un’inchiesta di Report che ha riassunto tutti i pasticci finanziari del partito, sottolineando la gestione poco trasparente di finanziamenti, eredità e fondi. L’ennesimo duro colpo per l’IdV che ha distrutto qualsiasi speranza elettorale per il 2013 e che ha costretto Di Pietro a riporre tutte le sue speranze in Antonio Ingroia e la sua lista “Rivoluzione Civile”.

I precedenti 5 anni, però, non erano stati così tragici per il partito dell’ex-magistrato molisano. Nel 2008 fu l’unica forza politica della vecchia Unione (insieme all’Ulivo, nel frattempo diventato Pd) a sopravvivere alla “scrematura” elettorale e questo permise all’IdV di costruire più facilmente la propria immagine e il proprio consenso. I risultati arrivarono subito, con le elezioni in Abruzzo a fine 2008 e per il Parlamento europeo sei mesi dopo. Anche a Roma sembrava che tutto andasse per il verso giusto: l’Italia dei Valori era il partito di opposizione più intransigente nei confronti del governo Berlusconi e questa posizione non poteva che rafforzarne la base elettorale. Ostinazione, perseveranza e focosità erano le caratteristiche che Antonio Di Pietro cercò di dare al partito, che, grazie alla sua spinta carismatica, sembrò affermarsi come solida realtà nel panorama del centrosinistra italiano. Lo stesso leader promosse nel 2010 un nuovo congresso e un nuovo statuto che superasse la concezione di “piccolo partito” e si aprisse ad una struttura più consona alle nuove dimensioni.

Non mancarono però le critiche e gli abbandoni. Se nei primi anni della XVI Legislatura questi erano sembrati semplici scosse di assestamento, la situazione si fece più critica con la fine del 2010. Il governo Berlusconi era alle corde e l’opposizione chiese una mozione di sfiducia: l’IdV era pronta a festeggiare, quando proprio dalle sue file due parlamentari – Antonio Razzi e Domenico Scilipoti – corsero (letteralmente) a salvare la maggioranza, in quello che lo stesso Scilipoti definì coraggiosamente nient’altro che un “atto di responsabilità”.

Di Pietro gridò allo scandalo e alla compravendita parlamentare e con tutta probabilità non soffermò l’analisi su quello che sembrava ormai una vera e propria patologia dell’IdV: l’ex-pm, nonostante gli sforzi, non era in grado di tenere tutti uniti e il lento sfaldamento, in Parlamento e nelle amministrazioni locali, era diventato inesorabile. I suoi membri e i suoi elettori si guardavano intorno, chi ammiccando al più estremo Movimento 5 Stelle chi a forze più moderate.

A nascondere le ferite ci pensò il 2011. Tempo di referendum e amministrative: l’Italia dei Valori espugnò Napoli, Luigi De Magistris diventò sindaco della città partenopea e una e i 4 referendum abrogativi, promossi e sostenuti a spada tratta proprio dal partito, furono un successo. E poi, finalmente, il tanto atteso appuntamento con il destino: il governo di Berlusconi cadde nel novembre 2011 e l’IdV potè gridare vittoria. Cambiò il governo ma non la sua posizione: dopo una prima fiducia data al governo tecnico in occasione del suo insediamento, riconquistò il suo ruolo di aggressiva opposizione.

Il 2012 però è stato fatale. Tralasciando il successo di Leoluca Orlando a Parlermo, il partito di Di Pietro ha pagato tutte le sue colpe e tutti i suoi errori in un’unica soluzione. Primo, lo slittamento verso le posizioni dell’«antagonismo radicale» lo hanno allontanato dal Partito Democratico e lo hanno posto in una perdente competizione con i grillini, ben più credibili in materia di antagonismo anti-casta. La leadership di Di Pietro, poi – unico elemento che poteva tenere incollato tutto –, quando è stata delegittimata dagli scandali della gestione dei finanziamenti, ha aperto un vaso di Pandora: tutti gli insoddisfatti, i critici, le correnti minoritarie hanno preso coraggio, si sono ribellate e sono scappate.

Lasciando l’Italia dei Valori in fin di vita, o addirittura, «morta».

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Sandro kensan (---.---.---.131) 2 febbraio 2013 17:05
    Sandro kensan

    La Realtà concreta è la trasmissione della Gabanelli in cui una sua inviata ha diffamato Di Pietro:

    [...]
    SABRINA GIANNINI (giornalista di Report)
    Quanti immobili sono tra l’altro?
    MASSIMO D’ANDREA – GEOMETRA
    52, 54.
    SABRINA GIANNINI
    Immobili, lei cosa intende però anche terreni?
    MASSIMO D’ANDREA – GEOMETRA
    Terreni, si tutto.
    SABRINA GIANNINI FUORI CAMPO
    Escludendo da questa lista le 9 proprietà della moglie le 2 del figlio maggiore
    Cristiano, le proprietà sono 45 un dato che comprende anche i terreni, le cantine, i garage.
    [...]

    Le immagini e i detto o non detto che hanno animato l’intera trasmissione vertevano sulle 45+6+2 proprietà della Famiglia Di Pietro ovvero 52 proprietà che le immagini hanno sottolineato facendo vedere case e palazzi.

    Dalla diffamazione di Report la voce si è diffusa e il giorno dopo tutti i telegiornali, tutte le televisioni, tutti i comici, i giornali e pure questo giornale hanno riportato le 52 proprietà di Antonio di pietro con grande enfasi e ogni persona eccetto gli infanti sono veniti a conoscenza delle 52 proprietà di Antonio di Pietro.

    Da cui la crisi irreversibile del suo partito.

    Poi anche la mia famiglia ha una cinquantina di proprietà, non ho mai fatto il calcolo e anche la tua che mi stai leggendo ha una cinquantina di proprietà. Ma tant’è la voce è stata sparsa ai quattro venti e questo è il risultato.

    Qui approfondisco il problema ma il danno irrimediabile è stato fatto e non c’è più soluzione al problema:

    http://qiqi.it/di_pietro_report/

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