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L’Europa non è cattolica? Sicuramente è anti-islam

Domenica 29 novembre 2009 gli svizzeri si sono pronunciati con un referendum popolare – con il 57% dei voti favorevoli – contro la costruzione di minareti su tutto il territorio nazionale. 

L'iniziativa, originariamente proposta dal parlamentare cantonale ticinese Lorenzo Quadri – membro del movimento Lega dei Ticinesi, formazione politica populista e antieuropea che si è distinta per il rifiuto alla naturalizzazione degli immigrati – è stata poi sostenuta dall'Unione democratica di centro, partito conservatore al governo. L'iniziativa parlamentare, ora legge, vieta la costruzione di minareti richiamandosi all'identità cattolica della Svizzera che nella Costituzione ticinese (non federale) riconosce la “Chiesa cattolica apostolica romana e la Chiesa evangelica riformata come personalità di diritto publico”, mentre la Costituzione federale, nell'articolo 15, si limita a garantire la “libertà di credo e di coscienza”. Secondo l'iniziativa parlamentare il minareto serve a “marcare il territorio” e il divieto della sua costruzione permetterebbe di preservare l'identità culturale (cattolica?) svizzera. Ricordiamo che in tutto il Paese esistono solo quattro minareti e che la popolazione mussulmana svizzera non ha mai avuto particolari problemi di integrazione, provenendo in gran parte dalla Turchia o dalla Bosnia.

Secondo il censimento realizzato nel 2000 in Svizzera dall'Ufficio federale di statistica (Ofs) solo per il 16% degli svizzeri la religione ha un “ruolo importante”. Questo viene anche messo in evidenza dal fatto che nel decennio dal 1990 al 2000 il numero di fedeli praticanti (per le due maggiori religioni svizzere, la cattolica e la protestante) è sceso del 10%. Il 38,5% dei cattolici elvetici dichiara di non andare in chiesa, contro il 50,7% dei protestanti. La Svizzera non è, quindi, così diversa dal resto d'Europa: secondo un sondaggio Eurostat condotto nel 2005 la religione è un elemento fondamentale della vita per il 53% degli intervistati. In generale il 49,5% dei cittadini europei è cattolico, il 12,7% protestante, l'8,6% ortodosso, il 15,7% musulmano, lo 0.4% israelita. E un abbondante 25,4% si dichiara “non religioso”. Ma quando si tratta di moschee torniamo tutti all'ovile della grotta di Betlemme e rivendichiamo forte e chiaro che “sì, siamo cattolici”.

Le risposte all'iniziativa elvetica? Il partito fiammingo di estrema destra Vlaams Belang, nelle parole di Filip Dewinter, si felicita del risultato, proponendo di estendere il provvedimento anche in Belgio; stessa cosa il Parito della libertà - per intenderci quello di Geer Wilders, che paragona il Corano al Main Kampf - in Olanda. Il vice Presidente del Front National, Marine Le Pen, si richiama alla volontà popolare degli europei: “Le élite dovrebbero ascoltare le paure e le aspirazioni del popolo europeo e che rifiuta i simboli dei gruppi religioso-politici musulmani”. Più colorita, come spesso accade, la reazione italiana: per l'ex Guardasigilli Roberto Castelli è ora giunto il momento di mettere la croce anche sul tricolore italiano. Marcare il territorio, quindi. Se il minareto non è un simbolo religioso, ma politico, bisogna rispondere marcando con il nostro simbolo. In un periodo, ormai sempre più lungo, in cui l'influenza religiosa perde terreno ovunque in Euorpa rispondiamo rivendicando, che sì, siamo cattolici. E il crocefisso lo vogliamo eccome.

Marcare il territorio

Il collegamento con la recente decisione della Corte Europea di Strasburgo è immediato. E lo esplicita Ulrich Schlüer, politico svizzero dell'Unione Democratica del Centro (Udc): “Ora i paesi cristiani non posso più esporre simboli cristiani (…) ma siamo tenuti ad esporre simboli mussulmani”. Il 3 novembre scorso la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ha appunto dichiarato che il crocefisso nelle scuole italiane è "una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e [rappresenta una violazione] della libertà di religione degli alunni". Il Governo italiano ha fatto ricorso e il caso dovrebbe essere ridiscusso tra tre mesi. La questione è stata sollevata da Soile Lautsi, cittadina italiana di origine finlandese e simpatizzante dell'Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti). Da sinistra a destra i partiti politici italiani hanno reagito unanimemente alla decisione: “il crocefisso è il segno della nostra identità culturale (per alcuni), per altri è il simbolo dell'identità religiosa italiana prima, europea poi.

Anche per chi cattolico non si considera, abbandonare il crocefisso fa paura. E il dibattito sulla sua presenza nelle scuole (sollevato, ripetiamolo, da una finlandese laica e razionalista) ha scatenato le polemiche contro l'invasione islamica. Solo un esempio: la Lega Nord sezione di Bergamo finisce il suo articolo sull'argomento senza parlare dei musulmani con il poster “Noi non vogliamo morire islamici” . Su Facebook sono nati come funghi gruppi che attaccano, non la Corte Europea, ma i musulmani: “TU nn vuoi il crocifisso in classe? IO nn ti voglio in Italia! Com la metti?”. Quasi settemila “fan” e un wall dal dibattito animatissimo. Che si tinge velocemente di razzismo.
 
Quella che Marine Le Pen definisce “volontà popolare” va rispettata. Bisognerebbe chiedersi se il referendum è “lo strumento” per questo tipo di decisioni dove il populismo la fa da padrone. E ovviamente è normale interrogarsi sull'identità e sull'allargamento europeo: l'Ue, nonostante la sua debolezza, sta prendendo sempre più importanza nelle nostre vite e il ripiegarsi sull'identità nazionale, regionale e religiosa, pare al momento essere la soluzione più semplice.

Un altro problema è che siamo in un'Europa in cui la volontà popolare viene rispettata a fasi alterne: nel 2005 Francia e Paesi Bassi, con referedum popolare, hanno riufiutato la Costituzione Europea. Quattro anni dopo i Governi dei Paesi europei hanno ratificato Lisbona, forse pensando che cambiando nome alla “cosa” (Trattato di Lisbona per Costituzione europea) la volontà popolare non avesse poi così importanza, Ancora più eclatante il caso irlandese: nel giugno del 2008 gli irlandesi, esprimendo la loro volontà popolare, dicono “no”. Però questa volontà era quella sbagliata. Un anno dopo, nell'ottobre 2009, sono richiamati alle urne. E hanno cambiato opionione, e di tanto: dal 53,4 per il “no” del 2008, siamo al “67,1” dei sì nel 2009. 

Ora, quello che stupisce, è che sia l'Islam ad essere percepito come l'altra faccia dell'identità euorpea: visti i recenti dibattiti parebbe una questione che tocca molti Paesi europei – i sopracitati Svizzera e Italia, ma anche la Francia che discute del divieto del burka e la Germania che polemizza sulla costruzione di moschee – eppure nei discorsi dei politici (europei) non lo si sente nominare spesso. Alle ultime elezioni europee di giugno 2009 non è certo stato argomento di campagna elettorale. Ci si limita a discutere dell'entrata della Turchia nell'Ue, come se quella mussulmana non fosse già la seconda religione d'Europa.
 
Articolo pubblicato anche su http://www.euroalter.com/it/2009/le...

Commenti all'articolo

  • Di Maria Lutero (---.---.---.25) 1 dicembre 2009 12:59

    Questi sono come i cani...

    Marcare il territorio! AHAHAHAHAAH
  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.49) 1 dicembre 2009 15:22
    Damiano Mazzotti

    Se dai minareti italiani il muezzin richiamasse alla preghiera cinque volte al giorno quanti di voi sarebbero contenti di sentirli?

    Il controllo sociale e simbolico delle religione deve terminare se vogliamo eliminare le guerre...
     
    Le persone possono pregare liberamente e facilmente a casa loro senza creare problemi di ordine pubblico come accade alla Mecca e in altri luoghi di ritrovo islamici...

  • Di (---.---.---.91) 2 dicembre 2009 01:27

    Se avessi il muezzin sotto casa mi incazzerei come mi incazzo la domenica quando suona la campana a messa.

    Ma non scomoderei un referendum per quello :)

    fb

  • Di rickylg (---.---.---.218) 2 dicembre 2009 09:59
    rickylg

    L’articolo è molto chiaro ed esauriente. Mi riesce solamente un pò difficile comprendere il concetto di Ulrich Schlüer, secondo il quale i paesi cristiani non possono esporre i propri simboli ma ci tocca accettare quelli islamici. Penso sia riferito alla famosa sentenza della corte europea. Applicherò il mio pensiero all’Italia, ma credo sia uguale per quanto riguarda la Svizzera. Dunque, l’Italia non è un paese cristiano, ma un paese laico con la popolazione a maggioranza cristiana (almeno a parole). Basterebbe questa considerazione per capire che, ovviamente, i crocifissi nelle aule pubbliche non hanno diritto di starci.

    Diverso è il caso di campanili o minareti, che sono edifici religiosi penso necessari per praticare la propria fede. 
    E’ un pò come dire che, siccome la maggioranza del popolo italiano è del PdL allora non è giusto che quelli si sorbiscano la presenza dei circoli del PD. Quella si chiamerebbe dittatura, credo.
    Stessa cosa vale per la religione. Un conto è costruirsi legittimamente i propri edifici religiosi, un’altra è imporre i propri simboli nelle aule e negli edifici pubblici.
  • Di Francesca Barca (---.---.---.91) 2 dicembre 2009 10:16
    Francesca Barca

    "Il collegamento con la recente decisione della Corte Europea di Strasburgo è immediato. E lo esplicita Ulrich Schlüer, politico svizzero dell’Unione Democratica del Centro (Udc): “Ora i paesi cristiani non posso più esporre simboli cristiani (…) ma siamo tenuti ad esporre simboli mussulmani”. Il 3 novembre scorso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha appunto dichiarato che il crocefisso nelle scuole italiane è "una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e [rappresenta una violazione] della libertà di religione degli alunni".

    sì, U. Schluer si riferiva direttamente alla decisione della corte di Strasburgo.

    Il minareto non è "essenziale" nel senso che ha un po’ il ruolo del campanile nella chiesa. molte moschee non ce l’hanno, anche in Paesi o città dove non ci sono problemi di integrazione. Serve a richiamare i fedeli al momento della preghiera. Il fatto però di vietarlo mi pare un atto simbolico estremamente chiaro. Soprattutto visto che in Svizzera ci sono solo 4 moschee con minareto.

  • Di AndyNet (---.---.---.12) 6 dicembre 2009 13:23

    La svizzera non ha detto di no alle moschee ma solo ai minareti... purtroppo, come al solito, in Italia si capisce ca**i per cozze. Anche perchè vorrei vedere la Svizzera rinunciare ai soldi degli arabi, visto che le loro banche ne sono piene. E vorrei vedere Berlusconi che va da Gheddafi e dagli emiri arabi a fare "affari" e il giorno dopo dire di no alle moschee... come al solito le radici cristiane valgono sempre ma se di mezzo ci sono i soldi, possiamo fare uno strappo alla regola.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.246) 20 luglio 2010 21:05
    Damiano Mazzotti

    Questo articolo non è mio. Mi è stato attribuito dopo un guasto tecnico dovuto ad un attacco Hacker nella terza settimana di luglio

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