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L’Aquila, parte il processo Grandi Rischi. Quasi 300 testi, udienze anche di sabato


Al via il processo alla Commissione Grandi Rischi, che sei giorni prima del terremoto dell'Aquila tranquillizzò la popolazione sul pericolo di una scossa violenta. Durante la prima udienza, l'altro ieri, si sono costituite quasi settanta parti civili e si è discusso il calendario. Rinvio a ottobre, ma il giudice annuncia: "Ritmo serrato: disposto a venire anche la domenica".


L’AQUILA - Il pionieristico processo che vede imputati i membri della Commissione Grandi rischi, che si riunì all'Aquila il 31 marzo 2009, solo 6 giorni prima il disastroso terremoto che ha piegato il capoluogo abruzzese e il suo comprensorio, ha aperto i battenti con in aula un solo imputato: Berardo De Bernardinis. La sentenza potrebbe in futuro influire sulle valutazioni di scienziati su rischi simili.

I componenti dell'organo consultivo tecnico scientifico, che fa capo alla presidenza del Consiglio dei Ministri, sono chiamati a rispondere di omicidio colposo plurimo, lesioni personali colpose e cooperazione nel delitto per aver fornito «alla gente informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell'attività sismica».

Il giudice del Tribunale Marco Billi ha manifestato l’intenzione di procedere con passo spedito, data la mole imponente dei testi e della documentazione prodotta dal Pm, Fabio Picuti. Si dovrà procedere con 275 deposizioni, non sempre semplici, e “macinare” tre pagine di indice volte ad catalogare i due carrelli di documenti prodotti. Picuti sostiene che nel corso della riunione del 31 marzo ci fu «una valutazione del rischio sismico approssimativa, generica e inefficace in relazione alla attività della Commissione e ai doveri di prevenzione e previsione del rischio sismico».

Una prima udienza che ha già fatto registrare “scontri” tra i grandi nomi del foro italiano, schierati a difesa di Franco Barberi, presidente vicario della commissione, De Bernardinis, già vicecapo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile, Enzo Boschi, all'epoca presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi direttore del centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva, ordinario di fisica all'università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell'Ufficio rischio sismico di Protezione civile, e il giudice. Soprattutto sul fitto calendario di udienze proposte da Billi e sul possibile accorpamento del procedimento oggi in aula con un procedimento “gemello” giunto alle fine delle indagini preliminari. La prossima udienza è stata fissata al primo ottobre ed è già stata stilata una calendarizzazione di massima che vede le porte del tribunale dell'Aquila aperte tutti i sabati.

«Sono disposto a venire anche la domenica – ha detto Billi in aula –. Cercherò di tenere un ritmo serrato, ma non dovrà andare a scapito della qualità del processo. Non posso fissare un'udienza al mese, ci vorrebbero due anni per sentire i testi; non posso e non voglio. Mi appello alla professionalità degli avvocati».

I malumori, dunque, sono andati a braccetto con la richiesta, rigettata, di attendere la chiusura delle indagini di un altro procedimento incentrato sui sette componenti della commissione Grandi rischi, sugli stessi fatti e sugli stessi eventi, prevista tra una decina di giorni. Per Billi i procedimenti sono in due fasi completamente distinte. I legali degli imputati, da parte loro, affermano che erano pronti a chiedere il rito immediato del procedimento “gemello” in modo da comprimere i tempi: «Il rinvio di un mese non avrebbe creato problemi – affermano la Stefano, Petrelli e Biondi –. Non possiamo fare una corsa a scapito del risultato». Poi, l'ex ministro della giustizia Biondi rincara la dose: «Farò ricorso alla corte di giustizia europea».

Nel contempo Picuti ha ammesso di essere stato informato dalla sua segreteria della presenza di ulteriori tre procedimenti incentrati sugli stessi fatti: «Se dovessimo sospendere questo processo per attendere che tutte le persone concludano le loro rivendicazioni, dovremmo aspettare un tempo lunghissimo». «Cerchiamo giustizia e basta», il monito del Procuratore capo della Repubblica dell'Aquila Alfredo Rossini prima di entrare nell'aula C dove si è tenuta l'udienza. Mentre Massimo Cinque, presidente della fondazione “6 aprile per la vita”, ha commentato l'inizio del processo affermando: «Noi non abbiamo sete di vendetta, lo ripeto, ma salvare anche una vita sarebbe stata una vittoria. La riunione della Commissione fu una farsa, come una riunione di condominio».



Nel corso del dibattimento si è deciso anche sull'ammissione di nuove parti civili giunte, con oggi, a poco meno di settanta, mentre è stata bocciata ulteriormente, dopo la richiesta presentata in fase di udienza preliminare, la costituzione del Codacons Abruzzo e l'associazione Codici.

Intanto De Bernardinis, incalzato sulla tristemente famosa frase «beviamoci un bicchiere di Montepulciano», immagine rassicurante e spensierata, pronunciata durante la conferenza stampa seguita alla riunione della Commissione Grandi rischi, alla domanda se direbbe di nuovo quello che ha detto il 31 marzo 2009, risponde «certo, questo lo sentirete in aula». De Bernardinis ha affermato di ritenere «importante esserci perché questa è la mia terra e anche per sottolineare la professionalità e la qualità degli altri pubblici funzionari. Sono abruzzese, lo dovevo anche alla gente del luogo».

In aula, oltre a numerosi avvocati e parenti delle vittime, c’erano molti giornalisti. Pare però che il processo interessi più all’estero che a "casa nostra": il Tg1, durante l'edizione di pranzo, a differenza del tg5, decide di non concedere spazio ad un servizio sul processo sulla commissione Grandi rischi. Avrebbe tolto spazio a “un'auto d'oro e diamanti”.

di Sarah Porfirio


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