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L’Aquila: le colpe della Commissione Grandi Rischi

In questi giorni la sentenza di primo grado, che condanna i sette membri della Commissione Grandi Rischi a 6 anni, è stata oggetto di critiche. Non sarebbe possibile condannare la scienza. Come al solito la stampa quando si parla del terremoto di L’Aquila fa sempre un po’ di confusione: tempestività dei soccorsi, ricostruzione della città, scienziati condannati ingiustamente. Le prime due sono state ampiamente smentite, per l’ultima affermazione riporto alcune testimonianze del libro “Ju tarramutu. La vera storia del terremoto in Abruzzo” uscito ad ottobre 2009:

Giustino Parisse, giornalista che ha perso due figli: «Aspettavamo il risultato della riunione del 31 marzo con la Commissione grandi rischi, il sindaco, gli assessori. Il giornale aveva preparato un paginone con il numero delle scosse, l’intensità, quando e dove c’erano state. Loro dissero: “E’ tutto a posto!”. Ora si scoprono le varie faglie, compresa quella di Paganica che non era stata studiata molto. Gli esperti dovevano dire che questo sciame sismico può presupporre una forte scossa. Se state in una casa in cemento armato: potete stare abbastanza tranquilli; in una casa in pietre: fate attenzione. Se io fossi stato messo in allarme in quel modo, forse mi sarebbe venuto in mente di uscire fuori, di dormire in auto. Come operatore dell’informazione venivo informato male, e di conseguenza informavo male. Il paradosso è che la prima vittima sono stato io.»

Gaetano De Luca, fisico del Dipartimento di Protezione Civile: «Nel 1999 con molte difficoltà interne decidemmo di rendere pubbliche queste conoscenze. La nostra (mia e dell’ing. Giovanni Dongiovanni) intervista fu pubblicata dai giornali locali. In Italia ci sono due "banalità": il geologo dice che in Italia abbiamo un’alta pericolosità sismica (ma non ci serve lui, ce lo dice la storia) e l’ingegnere dice che abbiamo tantissimi centri storici con alta vulnerabilità (ma non ci serve lui, abbiamo un patrimonio antico, è normale che lo sia) noi aggiungevamo il fattore 10. Quindi bisognava pensare a mettere in sicurezza il centro storico. Il mattino seguente, sul mio tavolo c’era una lettera di censura, non dovevo dire quelle cose e incominciò il mobbing nei miei confronti: mi furono tolti tutti gli strumenti per poter lavorare»

Maurizio Aloisi, cittadino aquilano: «Non si può vivere in un Paese dove non si fa prevenzione, dove si sottraggono risorse al soccorso pubblico, ai Vigili del Fuoco sotto organico con turni massacranti e mal pagati. In una condizione del genere ci si aspetta, da chi è deputato a governare, di organizzare dei piani di soccorso in caso di terremoto, ma soprattutto di informare e non nascondere ai cittadini il pericolo che corrono.»

Luigi Idrofano, Vigile del Fuoco in servizio la notte del 6 aprile a L’Aquila: «La gente ci chiedeva che cosa dovesse fare, se rientrare o rimanere all’aperto in piazza; ciò mostrava l’inesistenza di una pianificazione, ad esempio campi base, che purtroppo non sono di nostra competenza. Non abbiamo mai detto: “Rientrate in casa, perché non succederà niente!”»

Claudio Martinazzo, medico dell’ospedale San Salvatore: «Nessuno ha dato mai notizie su quello che dovevamo fare, sulle cose pratiche, questo lo dico come medico non come cittadino. Non avevamo un piano di evacuazione e non abbiamo mai fatto esercitazioni in caso di terremoto, incendio. Se la scossa fosse stata in piena giorno nessuno avrebbe saputo come comportarsi.»

Antonietta Centofanti, zia di Davide Centofanti morto nel crollo della Casa dello studente. «Nei mesi precedenti al 6 aprile se avessimo avuto al Governo delle persone responsabili si poteva e doveva tener conto dello studio di Abruzzo Engineering. Nel 2004 aveva segnalato una serie di edifici strategici e scuole a rischio di sisma. Questo studio, pagato cinque milioni di euro, è rimasto nel cassetto.»

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.134) 27 ottobre 2012 11:29

    Ringrazio l’autrice per avere portato un po’ di chiarezza.

    Dunque è da ritenere che la sentenza di condanna sia dovuta all’aver posto in essere comportamenti non conformi alla situazione .Ovvero ,a prescindere dalle responsabilità più generali di non fare prevenzione e delle solite inefficienze operative , che sono uno standard nazionale ,i membri condannati della Commissione grandi rischi avrebbero,per ragioni di basso profilo e/o di mero opportunismo politico , " tranquilizzato " la popolazione (tutta) sulla insussistenza di gravi rischi , inducendo anche chi si era allontanato dalle propie case e rientrarvi.

    Grave colpa conseguente al fatto che cosi’ come non è prevedibile un evento sismico in maniera deterministica ,altrettanto non è possibile escuderlo categoricamente.

    Se è cosi’ sei anni di condanna a fronte di oltre trecento morti sono veramente pochi .

  • Di (---.---.---.167) 27 ottobre 2012 15:22

    Una sola colpa a carico di costoro: quella di aver fatto non gli scienziati, ma gli scienziasini, comne qualcuno ha giustamente puntualizzato.

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