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Kakà insegue Ronaldinho nel fake virale

In questi giorni sul Web è apparso un video “virale” Ringo con testimone-attore Kakà che riesce a palleggiare con due palloni contemporaneamente. Di questa tecnica di marketing non-convenzionale è chiara solo la differenza tra video promozionale e video virale: quello promozionale è la comunicazione istituzionale di un’azienda che mostra la faccia e cerca di mettere in luce, in 30 secondi quasi sempre televisivi, i plus di un prodotto. Il video virale invece sembra dire tutt’altro rispetto al marchio o al prodotto promosso, ma così facendo crea “comunità” intorno al messaggio, definisce un gruppo di utenti di cui si andrà successivamente a conoscere i gusti e le loro scelte di consumo in base alle quali sviluppare strategie d’attacco.

Le idee virali forti si basano su un DNA del prodotto, che contiene in sé quell’elemento di senso che crea la valenza comunicativa da far passare, quelle deboli organizzano tutto intorno ad un gioco semantico oppure ad una decontestualizzazione dei soggetti del video.

Il video virale Ringo con Kakà che palleggia con due palloni è proprio uno di questi. Un fake (nel senso che non è assolutamente reale quello che si vede, ma sviluppo in post-produzione) virale che mette al centro il soggetto testimonial, esaltandone “in-credibilmente” le qualità e riferendosi sottilmente alle caratteristiche valoriali del prodotto.


A peggiorare il risultato del video è l’assuefazione, la peggior amica dell’homo pubblicitarius. Riproporre mood, tecniche, metodi e soprattutto valori profondi da far passare in un testo pubblicitario è la prima (e spesso unica) regola di tutti i master e i corsi che pullulano in Italia.

Il video Kakà-Ringo è un fake del fake, un fratello mal riuscito del video Nike di Ronaldinho e le quattro traverse che fece parlare addirittura giornalisti esperti e famosi, intrappolati in quell’impossibilità da voler spiegare a tutti i costi (oppure pagati dall’azienda americana per fare seeding, ovvero viralizzare su altre piattaforme il messaggio). Al di là del discorso se queste cose sono umanamente possibili (sicuramente c’è qualche sfigato che sa prendere la traversa quattro volte di fila o palleggiare con due palloni), la vera questione riguarda il marketing: questi video valgono effettivamente qualcosa per le strategie di marketing di un’azienda? Tra le centinaia di video virali che affollano la rete, quali effettivamente emergono e divengono calamitanti per i consumatori? Il mondo dello sport con i suoi testimonial è un buon cavallo di Troia per far avvicinare i consumatori al video me quindi all’universo-marchio?

Anche se le teorie e le tecniche della viralità sono ancora in fasce, credo sia giusto porsi da subito il dubbio sul loro effettivo valore promozionale. Almeno per non perdere tempo.


 

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