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Johnny Depp, il trionfo della giustizia sugli stereotipi di genere

Il verdetto del processo tra Johnny Depp e Amber Heard, con l'attore che ha prevalso sull'ex moglie, condannata a un risarcimento di dieci milioni di dollari per diffamazione, ha alimentato sulla stampa commenti indignati di quanti hanno visto in questa sentenza una rivincita del maschilismo contro il movimento metoo.

 Una vendetta per cui il prestigio di un uomo di successo vale più della salvaguardia e della dignità di una donna.

Una indignazione senza senso che merita una riflessione sui luoghi comuni che regolano l’informazione. Un processo civile è un processo civile. Si basa su prove, documenti, testimonianze, non si basa sugli stereotipi di genere che circolano sulla stampa, altrimenti non sarebbe più un processo, sarebbe una farsa. Qualcuno può legittimamente chiedersi se la causa Depp-Heard non sia stata una sceneggiatura in cui ha contato il maggior carisma dell'attore rispetto alla moglie. Un sospetto solleticato ancora di più dall'informazione filo-femminista che pretende ed esige che le ragioni delle donne debbano sempre e comunque prevalere su quelle degli accusati maschi, anche in situazioni di estrema ambiguità.

Ebbene, Heard ha perso non perché Depp sia più popolare ed amato dai fan, ha perso perché ha voluto trasformare un processo per diffamazione in un processo penale contro il marito per maltrattamenti. Ha perso perché ciò che è uscito fuori è stato il racconto di un legame malato in cui abusi e violenze erano reciproche. Entrambi sono stati vittime e carnefici dell'altro. L’impossibilità di addossare una esclusiva violenza al marito, quando le violenze erano di entrambi, ha rovesciato su Heard l’accusa di inaffidabilità e opportunismo, facendole piovere addosso la certezza di aver agito con dolo contro Depp.

Una verità banale che rivela l’ambiguità del male che si cela in molti legami di coppia ma che fa clamore perché la stampa tende sempre a trasformare questi processi nell'ennesimo caso in cui una donna, solo perché donna, debba necessariamente passare per vittima e mai per carnefice. Il processo Depp ha dimostrato come l’informazione libera e obiettiva, senza pregiudizi, la possa fornire solo un processo, con accusa e difesa, che non finisca in pasto ai media, i quali tendono a sviare il giudizio dell'opinione pubblica dipingendo l'uomo come un mostro, senza nemmeno che si sia arrivati a una sentenza definitiva.

Il caso in questione conferma che è un bene che un processo resti dentro le mura di in tribunale e che non finisca sulla stampa, almeno fino a quando non arrivi un verdetto che vada aldilà di ogni ragionevole dubbio. Un’informazione seria e attendibile richiede avvocati che abbiano la capacità di analizzare i fatti, le competenze per verificare gli errori, l'abilità di formulare arringhie convincenti, non richiede giornalisti, opinionisti e sapientoni che emettano una sentenza basandosi su pregiudizi di genere. Il caso Depp ha abbattuto questa ipocrisia. E non è poco.

Foto: Wikimedia

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