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Israele. In testa Kadima. Verso una grande coalizione per trattare con Hamas

Da Tel Aviv novità dai seggi elettorali. Alla chiusure dei seggi alle 21 i primi exit poll danno i moderati del partito Kadima, guidato dal ministro degli Esteri Tzipi Livni, leggermente in vantaggio (28-30 seggi a 26-28) sulla destra del Likud di Benjamin Netanyahu. Anche se i due partiti sono vicinissimi e nel corso dello sfoglio potrebbe andare in vantaggio il Likud, si tratta comunque di una grande successo personale per la Liyni. Il suo partito, infatti, era dato per sconfitto con ampio margine da tutti i sondaggi.

Da Tel Aviv novità dai seggi elettorali. Alla chiusure dei seggi alle 21 i primi exit poll danno i moderati del partito Kadima, guidato dal ministro degli Esteri Tzipi Livni, leggermente in vantaggio (28-30 seggi a 26-28) sulla destra del Likud di Benjamin Netanyahu. Anche se i due partiti sono vicinissimi e nel corso dello sfoglio potrebbe andare in vantaggio il Likud, si tratta comunque di una grande successo personale per la Liyni. Il suo partito, infatti, era dato per sconfitto con ampio margine da tutti i sondaggi.

Chiunque sia il vincitore, Kadima e Likud, e probabilmente anche i laburisti di Barak, saranno costretti a formare un governo di coalizione per fermare anche la crescita delle formazioni dell’ultra destra religiosa. Non è un caso che la leader di Kadima Tzipi Livni, abbia affermato in una intervista televisiva di ieri, che vorrebbe vedere «vicino» a sé «in un governo» sotto la sua «leadership» il presidente del Likud Benjamin Netanyahu e il numero uno dei laburisti Ehud Barak.

La giornata del voto era iniziata con alcuni incidenti che hanno tardato l’inizio delle operazioni di voto a Umm al Fahm, villaggio palestinese nel nord di Israele. I cittadini del piccolo paese (ricordiamo che i cittadini israeliani arabi rappresentano il 20 per cento della popolazione) dopo aver resistito a colpi di pietre contro l’arrivo al seggio di Aryeh Eldad e Baruch Marzel, candidati del partito di estrema destra Unione Nazionale. L’intento era di provocare “gli arabi” andandone a supervisionare il voto fino ad arrivare allo scontro, dimostrando la pericolosità della minoranza palestinese. La polizia ha evacuato i candidati in tempo. Soddisfatti gli abitanti: «Vogliamo vivere in pace, ma non permetteremo ai fascisti e ai razzisti di varcare l’ingresso di Umm al Fahm», hanno spiegato martedì alla radio dell’esercito israeliano.



Intanto il ministro della Difesa Ehud Barak ha deciso di imporre un assedio totale alla Cisgiordania e Gerusalemme e di chiudere completamente i valichi della Striscia di Gaza. In un comunicato stampa, Barak ha reso noto che l’esercito permetterà il passaggio solo per motivi “umanitari” e d‘urgenza, mentre l’esercito ha chiuso i passaggi commerciali della Striscia di Gaza.

Ovviamente la questione Gaza e l’ipotesi di una tregua duratura con Hamas rimane al centro del dibattito politico. A tre settimane dalla fine del conflitto nessuno degli obiettivi che si era posto il governo israeliano è stato raggiunto. Hamas controlla ancora Gaza e gestirà anche la ricostruzione post bellica. Due miliardi di dollari donati dalla comunità internazionale e dal mondo arabo. Intanto Cairo Osama Hamdan, uno dei responsabili del movimento islamico che controlla la Striscia, ha dichiarato nel primo pomeriggio: «Seguiamo le elezioni israeliane. Le elezioni che si svolgono oggi determineranno cosa succederà poi. Se vincerà Benjamin Netanyahu, non credo che il governo in carica concluderà un accordo. Se vincerà il governo in carica, potrebbero raggiungere un accordo».

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