• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Ingroia in Guatemala? Né fuga, né punizione

Ingroia in Guatemala? Né fuga, né punizione

La nostra società è malata, vive nel culto della spettacolarizzazione.
Penso per esempio all'ultima operazione realizzata dalla Polizia di Palermo, con tanto di foto e video che riprendono l'arresto di due presunti trafficanti di armi.
Uno si potrebbe chiedere ma chi li ha chiamati i fotografi?
Perché erano lì già piazzati prima ancora dell'arresto?
Perché spettacolizzare l'arresto?
 
Perché emuliamo il sistema fallimentare americano.
Stesso discorso lo si deve estendere nell'ambito della magistratura.
Antonio Ingroia, il procuratore aggiunto diventato uno dei simboli dell'antimafia, si è esposto.
Si è esposto, seguendo gli insegnamenti di Borsellino, si è esposto per allertare l'opinione pubblica.
E' diventato il simbolo mediatico della lotta alla mafia a Palermo, così come Di Pietro lo era per mani pulite, per esempio.
 
Frasi e tensioni, atti e registrazioni hanno contribuito ad alimentare una sorta di guerra tra apparati dello Stato.
 
Una guerra che rischia di compromettere quella serenità che deve avvolgere chi studia gli atti, chi indaga, chi contrasta il sistema mafioso politico italiano.
Tutto ciò ultimamente è venuto meno.
 
Il 2013 sarà per l'Italia l'anno dove si svolgeranno le elezioni politiche e non solo.
Ingroia con la sua presenza e la sua esposizione rischia di compromettere l'ordinario cammino dei processi contro la mafia politica.
 
Il suo incarico in Guatemala, che potrebbe durare anche più degli auspicati 365 giorni, non è né una fuga né una punizione.
 
E' un gesto che aiuterà i suoi colleghi a condurre serenamente e senza esposizione mediatica i processi giudiziari contro quello Stato che ha causato la morte di Falcone e Borsellino e di tanti altri esseri umani.
La prima sensazione emotiva che ho maturato, quando ho appreso tale notizia, è stata quella di una realizzazione piena di una punizione.
 
Punito per aver osato.
Punito per aver affrontato lo Stato malato e fedele alla società mafiosa.
Ma riflettendoci, mi sento di affermare che la sua non è una punizione vera e propria, né una fuga, ma una sorta di allontanamento consapevole con un fine più grande, salvaguardare la lotta alla mafia politica italiana, che, nonostante tutto, continuerà e non si arresterà nei processi mediatici di questa società.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares