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 Home page > Attualità > Europa > Indignados un anno dopo. Se questo ha un senso

Indignados un anno dopo. Se questo ha un senso

 

Nessuno sa veramente mai quel che succede in un qualsiasi punto dell'organizzazione.
Legge di Johnson

L'anniversario del 15M bisognava commemorarlo, probabilmente un po' per forza, per non perdere l'abitudine e senza troppa convinzione, perché in fondo non c'è niente di nuovo sul fronte occidentale della guerra europea al debito pubblico via austerità sulla pelle del lavoro dipendente.

L'anno scorso, sì, la protesta aveva avuto la forza di portare aria fresca nei palazzi del potere, come direbbe qualcuno; Zapatero allora disse che gli indignati andavano ascoltati e nel discorso annuale sullo stato della Nazione affermò che le loro rivendicazioni erano senza dubbio d'interesse. Dopo di ciò, una proposta del movimento finí nel programma elettorale di Rubalcaba ed il parlamento andaluso offrí alle loro rivendicazioni il simbolico seggio nº 110, quello a disposizione dei cittadini. Gli indignati però si mantennero e si mantengono fermamente lontani dai partiti, finendo per affermare, come Grillo, che PSOE e PP sono la stessa cosa; e cadendo cosí, di sicuro in modo volontario e per scarsa conoscenza, in un noto discorso a cinque stelle che nulla ha di rivoluzionario e molto di destra estrema. Sbattendo, come i grillini, le porte in faccia anche ai mezzi di comunicazione, colpevoli di interpretare male e di diffondere messaggi sbagliati, senza rendersi conto che a questo porta, inevitabilmente, la mancanza di un portavoce. E se li si conosce poco e male si tende a diffidare. Così si sono persi una buona fetta di quell'empatia generale dei cittadini nata un anno fa.
 
Nonostante ciò, il 15M ribadisce che non ci sono leader di sorta, il movimento è totalmente orizzontale, nelle infinite assemblee si cerca un'unanimità che non può essere umana e che si traduce in rallentamento - altrettanto infinito - di ogni presa di posizione, decisione, proposta. E in questo modo si è approdati al primo anniversario dell'inizio della protesta: con un movimento indebolito, disperso, calderone gigante dove convive chi sta in piazza per difendere un ideale e chi invece protesta perché non ha più un lavoro né speranza di trovarlo e vorrebbe vedere materialmente risolta la propria situazione.
 
Indignati indefessamente apolitici, ma con desiderio di influire sulla politica di quei partiti che rinnegano; inspiegabilmente lontani dal sindacato, dalla cui unione nascerebbe sicuramente una forza sociale chiara, definita, d'impatto.
 
Insomma, un anno dopo il movimento che generò la prima ondata di protesta universale della Storia, sta scoprendo che il volere "tutto e subito" è sempre utopico. Cosí quest'anno ci accontentiamo di indignarci nei giorni, le ore ed i parametri stabiliti da Rajoy e dalla legge. Non serve a riattivare l'economia e diminuire la disoccupazione ma un po' di catarsi collettiva non fa mai male. Un po', appunto. Senza esagerare. 
 
Di Monica Bedana
Questo articolo è stato pubblicato qui

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