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Il sogno di Berlusconi in svendita in piazza, e la società dei movimenti che parla del Paese reale

Il sogno di Berlusconi in svendita in piazza, e la società dei movimenti che parla del Paese reale

Fervono i preparativi della manifestazione indetta dalla maggioranza per oggi a Roma. Non abbiamo dubbi che sarà una prova di forza imponente. Come del resto ci ha abituato il centrodestra in questi anni. La macchina organizzativa, mediatica e anche finanziaria sta lavorando a pieno ritmo. Non è la prima volta che accade. Dove non arrivano le tasche dei militanti, o meglio dei fan del premier, arrivano le casse del Popolo delle libertà (fin dai tempi, recenti, di Forza Ialia).
 
È ormai evidente che la campagna elettorale per il controdestra si giocherà tutta domani a Roma. Nella piazza del partito dell’amore. Cerimoniale, il leader che paternamente presiede e concede e il giuramento dei candidati. Tutta la retorica berlusconiana concentrata in un unico giorno.
 
Sarà una manifestazione tutta giocata all’attacco. Prima di tutto contro la magistratura (a ogni livello), poi contro “le grottesche menzogne” dei pochi mezzi di informazione non sottoposti al suo controllo e ancora contro l’opposizione di “bari e bugiardi”. Quindi con un obiettivo ben preciso: deligittimare. Delegittimare i magistrati, la stampa e l’avversario. Una manifestazione ad personam. Tutta concentrata sui problemi e gli umori del leader. La campagna elettorale? Un dettaglio. I problemi reali del Paese? Ma quali problemi. Li risolverebbe tutti lui, l’uomo dei miracoli, se lo lasciassero lavorare.
 
Per Berlusconi la manifestazione di oggi è una questione dannatamente personale. Come ogni cosa, del resto. Lui è la macchina, il corpo, l’anima di un intero “popolo”, poco importa che questo popolo sia più virtuale che reale. Berlusconi vende se stesso e un sogno, una rappresentazione di fantasia di cosa è il Paese sotto il suo governo e cosa potrebbe essere se solo lo facessero lavorare, appunto. Il problema è che molti, troppi, voteranno fra pochi giorni i “delegati” di quel sogno. Che lo facciano per interesse o perché vittime di fascinazione poco importa. In un regime populista funziona così, ha sempre funzionato così, ovunque.
 
Intanto il centro sinistra, dopo due anni di masochismo collettivo, ha ritrovato un barlume di dignità. Perfino qualche faccia decente e credibile da contrapporre al dominio del centrodestra. Temiamo, però, che non basti. Perché si è arrivati troppo tardi, perché non si è voluta fare in fondo una scelta di “coraggio” (e diciamolo una buona volta che le candidature in Campania, Marche e Calabria urlano vendetta). E in questo meccanismo autoconservativo di una classe dirigente giunta ben oltre la fase di “fine ciclo”, si è infilato con tutte le scarpe anche Antonio Di Pietro. Questi accordi elettorali, questo non intervenire sul piano locale sui notabili (in gran parte ex Udeur e Udc) che nella periferia gestiscono il partito, Tonino lo pagherà caro. Probabilmente Di Pietro è convinto, grazie al suo prestigio e carisma personale, di recuperare dopo le elezioni. Ma il disagio dentro l’Idv è sempre più diffuso e non da ora.
 
Oggi a Roma e a Milano, però, scenderà in piazza un’altro popolo. Che nessuno dei due schieramenti politici riesce a interpretare e soprattutto a intercettare. È il popolo dei diritti di cittadinanza. Quello che si identifica in poche, ma enormi, parole d’ordine: diritti, comunità, solidarietà e legalità. A Milano la due giorni organizzata da Libera. A Roma la manifestazione, e sarà imponente anche lei, contro la privatizzazione dell’acqua. La politica continua a sottovalutare questo popolo, questa richiesta di diritti. Che non sono affatto minoritari nella società. E non solo in Italia. Questi movimenti stanno crescendo, organizzando, collegando fra loro. Si intrecciano al movimento per il lavoro, a quello ambientalista e antinucleare che sta rinascendo e a quelli laici per i diritti civili (e non parlo dei movimento salottieri dei Radicali che snobbano qualsiasi cosa sia estraneo o riconducibile al loro microcosmo). Nonostante siano cancellati dalla rappresentazione della società che ci viene fornita dai grandi mezzi di informazione, questi movimenti crescono. E conteranno sempre di più. Forse sono proprio loro a rappresentare il “tappo che è saltato”.

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