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Il ritorno alla Costituzione

E’ capitato ai coloni inglesi del Nord America di doversi trasformare in pionieri, che hanno spostato la frontiera del loro Paese sino a farla coincidere con le coste del Pacifico.

 

Quella volta le cose non sono sempre andate via semplici e lineari. Ne parla anche H.L. Nieburg, citato nel saggio Il ritorno del Principe, di Saverio Lodato e di Roberto Scarpinato, editore Chiarelettere : «Si dà il caso di malviventi americani che si organizzarono in bande, violentarono, rubarono, razziarono cavalli e bestiame, bruciarono villaggi messicani e diventarono poi la classe dirigente della nuova repubblica del Texas: generali, governanti, banchieri e grandi proprietari terrieri». 
 
Questo perché «le classi dirigenti sono state capaci di transitare da una fase di accumulazione violenta e predatoria a una fase nella quale il potere sociale ed economico acquisito in passato si stabilizza e si legalizza dando vita a un ordine che rispecchia valori sociali consolidati».
 
Forse è proprio quello che sta oggi avvenendo nel mondo della finanza globale, con l’abbandono del sistema deregolato nato dopo l’accordo World Trade Organization sul libero commercio mondiale, sottoscritto a Marrakesh, in Marocco, nel 1994.
 
E forse la stessa cosa dovrebbe avvenire nel nostro Paese in tema di leggi elettorali.

 
Consideriamo il percorso che la nostra classe politica ha dovuto fare per passare ad un sistema bipolare.
 
Ad un certo punto, per raggiungere il suo scopo, ha ritenuto di cambiare la legge elettorale senza curarsi del rispetto della Carta Costituzionale.
 
Orbene, allo stato delle cose, nel nostro Paese, è di fatto impossibile che una legge elettorale giunga all’esame della Suprema Corte, come ci ha recentemente spiegato in una intervista il costituzionalista professor Alberto Russo :
 «La questione di legittimità costituzionale, infatti, non può essere sollevata direttamente dall’interessato, ma soltanto da un giudice nel corso di un giudizio: ma per ciò che riguarda le leggi elettorali delle Camere, gli eventuali ricorsi non vanno presentati alla magistratura, ma, secondo il principio di cui all’art. 66 della Costituzione, volto a tutelare l’autonomia del Parlamento, alle Camere stesse; svolgendo queste ultime, nella fattispecie, la funzione di giudice, sono esse, ed esse soltanto, che possono sottoporre alla Corte la questione di legittimità costituzionale contro disposizioni della legge elettorale. Così stando le cose, è realisticamente pensabile che la Camera, o il Senato, decidano di impugnare di fronte alla Corte Costituzionale una delle “loro” leggi, perché la Corte stessa abbia modo di disfare, in nome della Costituzione, ciò che il Parlamento ha fatto? »
Orbene, attesa l’ormai conseguita irreversibilità del sistema bipolare, è forse necessario ripristinare nelle leggi elettorali il rispetto della Costituzione, massimo valore sociale consolidato della nostra comunità nazionale.
 
Una prima via ci è stata indicata sempre dal professore Alberto Russo: le consultazioni popolari referendarie (la prossima ha come oggetto proprio il ripristino di leggi elettorali conformi ai principi contenuti dalla Costituzione).
Forse, però, è necessario andare oltre: le forze politiche si dovrebbero impegnare in un processo che renda obbligatorio l’esame di ogni cambiamento delle leggi elettorali da parte della Corte Costituzionale, prima della sua applicazione.
Ciò potrà accadere se, per una volta almeno, smetteranno di essere in tutt’altre faccende affaccendate, ossia, per la precisione, nella loro quotidiana sistematica reciproca contrapposizione per il potere fine a se stesso.

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