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Il reddito dimininuisce e il governo sta zitto

Secondo l’Istat per la prima volta, in 15 anni, il reddito disponibile è diminuito (-2,7%). Il dato è preoccupante e numerose sono state le dichiarazioni che hanno rilevato la gravità di tale riduzione. Ma il governo ha taciuto, è stato zitto. Nessun ministro è intervenuto. Forse tale silenzio rappresenta la dimostrazione del fatto che le autorità governative non hanno fatto nulla affinchè non si verificasse quella riduzione. Comunque è un silenzio inaccettabile perché è anche l’indicatore di come il governo non abbia nessuna proposta realmente efficace, rivolta ad accrescere il reddito delle famiglie italiane. Comunque cosa significa in concreto che il reddito “disponibile” è diminuito? Semplicemente che i soldi a disposizione delle famiglie italiane - frutto delle remunerazioni per le attività lavorative svolte detratte le imposte e aggiunti i trasferimenti statali - per essere utilizzati, per essere spesi, sono diminuiti. Tutto qui, si fa per dire. E quindi finché il reddito disponibile non riprenderà a crescere non è ipotizzabile un consistente incremento dei consumi, condizione necessaria, seppur non sufficiente, affinché il Pil possa aumentare a tassi più elevati di quelli previsti, ed anche consentire, alla fine, una crescita dei redditi. E come ho rilevato all’inizio diverse sono state le dichiarazioni effettuate.

I dati dell'Istat sull'impoverimento delle famiglie “sono la diretta conseguenza di una non politica di contrasto alla crisi” da parte del governo. È la denuncia fatta dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che ha parlato a Bruxelles a margine di una commemorazione dell'ex leader del sindacato Bruno Trentin. “Sono 2 anni che diciamo che le famiglie si sarebbero mangiate i risparmi e che in mancanza di una politica di contrasto alla crisi si sarebbe andati verso un impoverimento delle famiglie”, ha sottolineato la Camusso, per la quale “ciò che determina stupore è che questo annuncio segua la lettera del presidente del Consiglio che nega la possibilità di fare la patrimoniale, il presidente del Consiglio ha chiamato a raccolta i ricchi per difendere se stesso”. I redditi delle famiglie italiane “slittano” pericolosamente verso il basso. Le associazioni cristiane dei lavoratori italiani, le Acli, commentano con preoccupazione i dati diffusi dall'Istat. “Arriva purtroppo la conferma di una percezione ampiamente diffusa tra le famiglie italiane – ha affermato il presidente delle Acli, Andrea Olivero - la percezione di una progressiva erosione dei redditi disponibili a fronte di una contemporanea contrazione dei servizi pubblici”. La flessione dei redditi delle famiglie è “indicativa sia della profonda crisi in cui è sprofondato il Paese, sia dell'assenza di una politica dei redditi da parte del Governo, ma non solo”. È quanto si legge in una nota del Codacons, secondo il quale, questi dati “sono soprattutto la dimostrazione del fatto che il Governo, pur non mettendo formalmente le mani nelle tasche degli italiani, le ha messe sui loro redditi, riducendo i contributi, i trasferimenti alle famiglie e le prestazioni sociali”. “Il progressivo e costante impoverimento delle famiglie italiane è il vero dramma del Paese ed è indice di una situazione critica da risolvere prima che degeneri”». Lo ha affermato in una nota il senatore dell'Italia dei Valori Elio Lannutti e presidente dell’Adusbef. “I dati che ci fornisce l'Istat dovrebbero spingere il parlamento a concentrare l'attenzione su politiche economiche di rilancio e di sviluppo, senza perdere altro tempo prezioso per gli affari personali del premier”. “La crisi sta dissanguando lavoratori e famiglie, nel disinteresse più totale del governo, che invece di mettere in atto misure anti-crisi serie e determinate, pensa a difendere il premier. L'inadeguatezza del governo sta peggiorando le cose. Per il bene di tutti è ora che se ne vada a casa”. È quanto ha affermato Gianni Pagliarini, responsabile Lavoro del PdCI-Federazione della sinistra. “I dati dell'Istat dimostrano l'assoluta incapacità del governo di intervenire sul ceto medio. La crisi c'è ancora, i consumi sono in calo perchè le famiglie non sono state aiutate con adeguati interventi sui redditi”. Lo ha dichiarato il deputato del Pd Enrico Farinone, vicepresidente della Commissione Affari Europei. “In nessun altro Paese d'Europa le famiglie attraversano una crisi economica così grave”. Per concludere le interessanti considerazioni della sociologa Chiara Saraceno: “riformare gli ammortizzatori sociali, prevedendo un' indennità di disoccupazione più universale per proteggere chi perde il lavoro, al pari di quanto avviene in altri paesi”. La sociologa Chiara Saraceno lo chiede da tempo. Ma ora, anche alla luce dei dati diffusi dall'Istat sul reddito delle famiglie, diventa un'esigenza quanto mai urgente. “Sul piano della protezione sociale continuiamo a perdere il treno: manca una riforma degli ammortizzatori sociali degna di questo nome”, insiste la sociologa che ormai da alcuni anni vive in Germania, impegnata all'istituto di ricerca sociale di Berlino. Secondo Saraceno, analizzando il rapporto dell’Istat colpisce la perdita del reddito delle famiglie al nord e in particolare in Piemonte e Lombardia. “La cosa certo non è sorprendente perchè la crisi ha colpito dove c'era il lavoro e c'era la ricchezza. Quindi in Piemonte si è registrato un calo del reddito da lavoro; e in Lombardia del reddito da capitale: è la regione dove maggiormente è concentrata la ricchezza nel nostro Paese ed ha colpito anche i risparmiatori”. Attenzione, però, avverte, questo non vuole dire che il Sud stia meglio. Anzi: “Il fatto che al sud le cose non sono peggiorate è perché non erano peggiorabili. Ora ha accorciato la distanza rispetto al nord”. «Il ministro Sacconi e, in parte anche Tremonti, sostengono che il governo si è mosso bene usando la cassa integrazione - dice ancora la sociologa -. E i contratti a termine? Interessano soprattutto i giovani, sono i primi che sono andati persi con la crisi e neanche si conteggiano come persi? Insomma: non può durare molto un sistema che protegge solo alcune figure di lavoratori”. Saraceno richiama anche la necessità di investire in formazione e ricerca. “Perché - osserva - il capitale umano che soffre per la perdita dell'occupazione possa cogliere le opportunità quando ci sarà la ripresa economica. C'è poi un problema di politiche industriali ed economiche di cui non si vede traccia e che riguardano anche il nostro sistema produttivo”.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.28) 3 febbraio 2011 17:19

    Io penso che la situazione peggiorerà in Italia e tra alcuni anni che nei paesi ad alto tasso di sviluppo come Cina, India, il BRIC.

    Il problema è secondo me che dal 2005 il petrolio che arriva nel mercato mondiale è costante e senza *più* petrolio non c’è *più* sviluppo. Con il petrolio costante c’è chi si sviluppa un po’ e chi va un po’ indietro: l’Italia va un po’ indietro, si chiama *recessione*, ma le parole hanno perso di significato quindi è meglio non usarle.

    Un altro problema è che bruciamo sempre più energia per estrarre un barile di petrolio o un metro cubo di gas metano. Il petrolio è diventato quello negli abissi marini e il gas quello da sbriciolamento della roccia (shale gas), mentre prima bastava fare un buco e usciva da solo.

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