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Il profumo, la sua storia: il popolo Romano ed i profumi del suo Impero

Sono circa sette millenni che il profumo esiste nella storia dell’uomo. Presso tutti i popoli ha svolto da sempre varie funzioni, sia religiose che non. Il termine “profumo” viene dal latino “per fumum” che letteralmente significa “attraverso il fumo,” dal momento che i primi profumi derivavano da aromi bruciati, come l’incenso, dato in offerta agli dei ed agli antenati. 

 

La vera arte di miscelare insieme gli aromi, provenienti dal Medio Oriente, si diffonde in Occidente, in Grecia ed a Roma con le campagne di militari di Alessandro Magno, già volto a conquistare l’Asia grazie alla mediazione dei mercanti arabi. Tornando poi in Europa al tempo delle Crociate, chiudendo come in un cerchio profumato usi e costumi dell’uomo sparso in tutto il mondo. 

I Romani in particolare assimilano gli usi e costumi dei Greci, ed associano i profumi alle divinità, ai riti dei matrimoni e dei funerali. Incrementando le usanze dei Greci e degli Orientali, I Romani tengono salde le reti commerciali che dall’India, l’Arabia e l’Africa importano o in carovane o per mare con prodotti grezzi o lavorati. I primi romani sono più attratti dalle conquiste nonché dai prodotti della toletta e ne subiscono l’influenza dei paesi e civiltà che colonizzano.

Gli Etruschi gli fanno così conoscere piante quali la ginestra, il pino, il laudano, il mirto e l’incenso. I profumi quindi dalla Repubblica all’Impero, conoscono uno slancio formidabile, quasi eccessivo. Nerone in occasione dei funerali di Poppea, pensate, brucia una quantità di incenso superiore alla produzione annua di tutta l’Arabia.

Nelle terme tutti possono lavarsi, sia ricchi che poveri. Si diffonde l’uso del “sapo”, una pasta ammorbidente a base di grasso di capra e cenere saponaria, un “antenato” del sapone. Vengono scritti trattati sugli odori dai medici che gli attribuiscono proprietà curative. Si parla di giglio bianco, cardamomo, iris, narciso, sandalo e la rosa.

I Romani ne preparano di unguenti, acque aromatiche, profumi, pasitglie e polveri profumate. Il trattato di chimica di Zosine (fine del III secolo), attesta che i Romani conoscono la distillazione. Come in Oriente imparano ad utilizzare belletti densi e colorati.

La diffusione nell’impero Romano dei profumi e delle tecniche per la loro fabbricazione, si sono accompagnate ad un indebolimento dei valori religiosi e mistici. Grazie alla comparsa del vetro nel secolo XI a.C. ed al suo utilizzo per contenitore di sostanze profumate, si ha la principale innovazione che viene introdotta all’interno dell’Impero romano.

Questo materiale, anche se considerato fragile, presenta due importanti vantaggi: è facile da lavorare e, cosa importante, non trattiene gli odori. I Romani quindi si sbizzarriscono nel copiare i contenitori utilizzati dai Greci anche con svariate forme e colori.

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