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Il pensiero breve: Aforismi, Massime, Sms

“La brevità, come l’ha definita la tradizione retorica, consiste nel dire molte cose in poche parole e, se fosse possibile, a far pensare più di quanto si dica (Roukhomovsky, 2001, p. 4).

Le forme brevi vivono di una tensione: possono circolare come patrimonio anonimo o come voci di sapienza che condensa in una citazione un’opera memorabile. Nel Seicento francese, nel rapporto tra conversazione e solitudine, nasce la “maxime”: impersonale, autonoma (a livello grammaticale e sintattico) e con la pretesa di contenuti di verità oggettivi e universali (Benedetta Papàsogli).

Il creatore del filone letterario e campione nazionale indiscusso della materia è Michel Eyquem de Montaigne (1533-1592), che così si descrive: “…disgustato già da lungo tempo della schiavitù del Parlamento e delle cariche pubbliche, si è ritirato, ancora in possesso delle sue forze, nel seno delle dotte vergini (le Muse), ove, in quiete e sicurezza, passerà il tempo che gli resta… Sperando che il destino gli conceda di portare a termine questa dimora nel dolce ritiro… dedicata alla sua libertà, alla sua tranquillità e al suo ozio”. Invece la discepola Marie de Gournay così lo descrive: “I suoi compagni insegnano la saggezza: lui disinsegna la stupidità”. In effetti “Se filosofare è dubitare, come essi dicono, a maggior ragione dire scempiaggini e fantasticare, come faccio io, dev’essere dubitare” (Montaigne). Chiudo la parentesi Montaigne con una sua perla di saggezza: “La peste dell’uomo è la presunzione di sapere”.

Un altro campione olimpico della materia è Francois de La Rochefoucauld (1613-1680), che nella sua raccolta di massime così esordisce: “il miglior partito da prendere per il lettore è di mettersi in mente, dapprima, che nessuna di queste massime lo riguarda in particolare, e che egli solo fa eccezione… dopo di che, gli assicuro che sarà il primo a sottoscriverle” (Maximes). E ora citerò alcuni dei suoi migliori aforismi: “Non si può guardar fisso il sole, né la morte”; “E’ più vergognoso diffidare dei propri amici che esserne ingannati”; “La fortuna ci corregge da molti difetti che la ragione non saprebbe correggere”; “La durata delle nostre passioni non dipende da noi, più che la durata della nostra vita”; “L’uomo crede spesso di condursi quando è condotto, e mentre con la sua mente tende a uno scopo, il cuore lo trascina insensibilmente verso un altro. La mente è sempre lo zimbello del cuore”; “Se c’è un amor puro, e scevro dalla mescolanza con le altre nostre passioni, è quello che è nascosto nel fondo del cuore, e che noi stessi ignoriamo”; L’amor proprio, mostro interiore, cuore del cuore, vive di continue metamorfosi e, pur di essere, acconsente ad essere il proprio nemico (Massime soppresse); “Per quante scoperte si siano fatte nel paese dell’amor proprio, tante terre ignote vi restano ancora”; Le nostre virtù sono spesso dei vizi mascherati (epigrafe delle Maximes).

Anche Charles de Saint-Evremond (1614-1703) ha espresso forme brevi molto sferzanti: come moralista abbandonai ogni pretesa metafisica e “cominciai a meravigliarmi di come un uomo di buon senso potesse passare la vita in ricerche inutili”. “Abbiamo più interesse a godere del mondo che non ha conoscerlo”. “Per vivere felici, bisogna riflettere poco sulla vita, ma uscire come fuori da sé, e in mezzo ai piaceri offerti dalle cose estranee sottrarsi alla conoscenza dei propri mali”.

Queste invece sono altre massime d’epoca di Chamfort (1740-1794): “Se all’amore togliete l’amor proprio, resta ben poca cosa”; “Ci sono due cose alle quali ci si deve abituare, se non si vuol trovare le vita insopportabile: le ingiurie del tempo e le ingiurie degli uomini”; “Vivere è una malattia alla quale dà sollievo il sonno ogni 16 ore. Ma è solo un palliativo. Il rimedio è la morte”; “L’uomo povero, ma indipendente dagli uomini, deve fare i conti solo con la necessità. L’uomo ricco, ma dipendente, deve invece farli con un altro uomo, o con molti altri uomini”.

C’è poi da aggiungere che l’aforisma moderno è leggermente diverso: si nutre “di verità periture, della durata storica, dell’esperienza individuale” (Roukhomovsky, 2001, pp. 49) e ha un orizzonte più limitato.

Questi sono alcuni esempi di forma breve moderna: “C’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo” (Jim Morrison); “Se devi vivere tutta la vita strisciando come un verme, alzati e muori!” ( Jim Morrison); “E’ difficile dire la verità, perché ne esiste sì una sola, ma è viva e possiede pertanto un volto vivo e mutevole” (Franz Kafka); “Dalla mia oscurità nacque una luce che mi rischiarò il cammino” (Kahlil Gibran); “La libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere” (Oriana Fallaci); “L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo”( Albert Einstein); “Nella vita ci sarà sempre un bastardo che ti farà soffrire, ma sarà l’unica persona che riuscirai ad amare veramente” (Jim Morrison); “Non parlare mai di pace e di amore: un Uomo ci ha provato e lo hanno crocefisso” (Jim Morrison); “Ogni donna è ribelle, e in genere è ferocemente in rivolta contro se stessa” (Oscar Wilde); “Spesso è più sicuro essere in catene che liberi” (Franz Kafka).

Comunque, sul pensiero breve, lo cosa più saggia è stata detta da Nietzsche: “Una buona sentenza è troppo dura al dente del tempo e tutti i millenni non arrivano a consumarla, per quanto ad ogni istante essa serva da nutrimento; diviene così il grande paradosso della letteratura, l’imperituro in mezzo a tutto ciò che cambia, l’alimento che è sempre apprezzato, come il sale, e, ancora come il sale, non diventa mai insipido (Umano, troppo umano, II, 168). E poi si potrebbe dire che “le massime sono i proverbi dell’alta società, i proverbi sono le massime del popolo (Bouhours).

In realtà il pensiero breve ci fa capire che “la ragione e la sensibilità si compenetrano a tal punto che è impossibile dissociarle e assegnare loro dei limiti” (Pierre Trahard). “Intelligenza e cuore non possono essere separati impunemente: se la prima tempera, sovraintende, organizza ed elabora le conoscenze, è il secondo che – in presa diretta sul mondo – presiede alla nascita delle idee. L’ortodossia della ragione incorrerebbe in gravi errori di giudizio, senza la relatività del sensibile” (Carmelina Imbroscio, p. 127, in “I moralisti classici a cura di Benedetta Papàsogli, 2008).

Quindi il pensiero beve può diventare come un mini “romanzo, uno specchio che si porta a spasso lungo il cammino” (Stendhal), che può stimolare l’autocoscienza e l’autovalutazione.

E gli SMS possono essere definiti come l’ultima e informale evoluzione del pensiero breve e le prime interessanti formule letterarie stanno nascendo in questi ultimi tre anni: in Giappone, Italia, Finlandia, Ungheria, ecc. In Italia segnalo “Tango elettrico”, che è un romanzo erotico scritto da una donna e “Uomini e Amori Gioie e Dolori” (nato dal libro “prototipo” per ragazzi: “Lo Spifferaio Magico…”), un diario romanzato costituito da SMS e aforismi provenienti da tutte le culture (esempio di sms aforistico: “Il denaro non fa la felicità degli uomini, ma fa la felicità delle donne”).

P.S. Le buone comunicazioni sono psicocomunicazioni: informazioni più emozioni, che originano trasformazioni che diventeranno nuove azioni e nuove relazioni.

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