Il mistero dell’agenda rossa di Paolo Borsellino

19 Luglio 1992. Muore ammazzato uno dei magistrati più impegnati nella storica lotta alla mafia: Paolo Borsellino.
L’attentato ha lasciato ai posteri molti dubbi e perplessità, alimentando inevitabilmente molte teorie più o meno accreditate. Uno degli aspetti più controversi riguardano la famosa agenda rossa del suddetto magistrato, dove egli registrava tutti i suoi appunti; su quell’agenda sarebbero state appuntate note di rilevante entità, alcune riguardanti la presunta trattativa fra stato e mafia.
Il libricino non verrà mai ritrovato dopo l’esplosione della macchina in Via D’Amelio. Ci sono però dei fatti documentati che lasciano spazio a numerosi quesiti: il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli è stato fotografato (inconsapevolmente) mentre prelevava dal luogo dell’attentato quella che sembrerebbe essere la borsa di Paolo Borsellino. Borsa che conteneva la famosa agenda rossa, e che riapparirà poche ore dopo la sua scomparsa sul sedile posteriore dei resti della macchina esplosa.
Perché il colonnello dei carabinieri ha prelevato quella valigetta? Come mai è riapparsa poco dopo sul luogo del delitto?
Del 17 Febbraio è la notizia della assoluzione di Giovanni Arcangiolini, che era stato accusato di furto e favoreggiamento a Cosa Nostra. Secondo l’accusa avrebbe sottratto l’agenda dal luogo dell’incidente per celare gli appunti del magistrato, in accordo con la mafia. Nonostante la documentazione fotografica e videografica il colonnello è stato dichiarato innocente, e il ricorso della Procura di Caltanissetta contro questa sentenza inammissibile.
Il primo a gridare il proprio sdegno nei confronti della magistratura è Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, che dichiara: “sono ormai abituato nei 17 anni che sono passati dall’assassinio di Paolo a continuare a vederlo ripetutamente massacrato tutte le volte che è stata negata la giustizia per quella strage”, e ancora: “la giustizia in Italia ormai è marcia”.
Uno degli eventi che più ha segnato l’Italia negli ultimi quindici anni, insieme a Tangentopoli, sta pericolosamente passando sotto il più “mafioso” silenzio mediatico; mentre su quotidiani e telegiornali si continua a parlare di ingiustizie locali di relativa importanza nazionale, si tace su avvenimenti che hanno travolto l’intera nazione e che continuano a suscitare perplessità.
Perché ogni giorno veniamo aggiornati sul processo Meredith in ogni suo particolare e su quello riguardante l’omicidio di Borsellino non si fa menzione?
Eppure procedimenti giudiziari di tale portata potrebbero avere un notevole seguito nell’opinione pubblica.
Il dubbio è che ci sia qualcosa da nascondere che implicherebbe lo svelamento di verità scomode.
Commenti all'articolo
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox