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Il male (non) oscuro della Democrazia

La Democrazia è uno dei grandi paradossi della Storia...

 

La Democrazia è uno dei grandi paradossi della Storia. Se crediamo alla radice greca della parola δεμωχραθία (=governo del popolo) si dovrebbe credere ad una maggior partecipazione delle masse alla direzione, ammnistrazione e gestione della cosa pubblica, cosa che in realtà non avviene o avviene solo in minima parte.

Spieghiamoci meglio: nella concezione liberale della democrazia, sono le elite a fungere da guida invitando le masse a spingersi sempre più verso l'alto, stante la tacita condizione di non accedere (ma neppure avvicinarsi) alla cima, anche perché ciò comporterebbe la perdita del ruolo, appunto, di guida e di riferimento di una società che resta comunque verticistico-piramidale.

Il concetto base è il seguente: sin dal Medioevo si sostiene che i principali ceti sociali sono composti in prevalenza di parassiti, dato che la nobiltà vive prevalentemente di rendita, la chiesa di carità e il proletariato di solo pane e lavoro, per cui nessuno di questi investe le proprie risorse nel reale progresso economico-materiale (e, dunque, sociale e politico), mentre la borghesia destina oltre la metà dei propri utili in questa direzione, facendo oltretutto da coordinamento, per non dire da filtro, e anello di congiunzione tra tutti gli altri ceti, come dire che la borghesia è il cardine di una porta girevole le cui ante si rincorrono senza raggiungersi né sovrapporsi mai.

Il problema è che altro è gestire l'economia e i servizi (cosa che solleverebbe lo Stato e la Pubblica Amministrazione dal farlo, riservando le risorse pubbliche ad impieghi molto più utili e remunerativi), altro è mettersi alla guida del Governo, anche perché - come insegnano i vecchi saggi - lo Stato non è un'azienda, nel senso che non può essere amministrato e gestito come una qualunque azienda di produzione di beni e/o servizi, anche perché un'azienda che fallisce crea disoccupazione, uno Stato che fallisce (e questo lo dimostra la Primavera Araba) crea la rivoluzione.

C'è poi il fatto che su due presupposti non si possono costituire solo ed esclusivamente uno Stato ed una società civile: una è l'economia, l'altra è la religione.

Nel primo caso, infatti, si può utilizzare l'economia come fondamento e volano dello Stato e della società solo ed unicamente se esistono le materie prime e le risorse indispensabili, o nel caso non esistano che ve ne siano di alternative (nel nostro caso alla carenza di mezzi e di risorse si è sempre sopperito con intelligenza e fantasia), ma quando queste si esauriscono o si riducono progressivamente i fondamenti stessi del potere e della società iniziano a sgretolarsi, anche perché è convinzione comune che lo Stato e le Istituzioni politico-ammistrative siano esse stesse dei parassiti, dato che non sono produttori, bensì divoratori di ricchezze, tanto che si è soliti dire che Stati e Governi sono buoni a "Tassare, mangiare e reclutare (non solo soldati e poliziotti, ma anche manodopera gratuita o a basso costo)", offrendo dunque solo "Miseria, fame e morte", senza però tener conto che il limite del privato è, in un certo qual modo, quello dell'Uomo Vitruviano di Leonardo, nel senso che sino a quando è possibile per i privati ricorrere alle proprie risorse o a quelle di altri privati tutto va bene, ma quando il rapporto tra utili e spese (investimenti compresi) inizia ad invertirsi e diventa indispensabile ricorrere all'aiuto dello Stato o, comunque, della finanza pubblica è evidente che fare dell'economia il motore dello Stato e della società civile risulta piuttosto improprio (e non occorre essere comunisti per dirlo, basta solo un po' di buon senso).

La stessa cosa si può dire per la religione, che fonda tutto il discorso sulla supremazia della (o delle, visto che ancor oggi esistono Paesi e società politeiste o animiste) divinità, che tutto sovrintende, coordina e dirige. Ora, se alla prova dei fatti ciò fosse vero, innanzitutto la divinità dovrebbe dare prova tangibile della propria esistenza, manifestandosi materialmente ogniqualvolta venga richiesta, ma dato che soprattutto nei Paesi cristiani come in quelli musulmani (non parliamo poi di Israele e di quei Paesi dove l'ebraismo, quando non religione ufficiale, risulta comunque tra le principali o le più diffuse), così come in altre realtà esterne a queste confessioni, ciò non è possibile poiche le divinità come sono tradizionalmente intese sono immateriali (e, dunque, puro spirito), stante per cui non solo la presenza, ma la riprova dell'esercizio della loro stessa volontà non è in alcun modo riscontrabile, resta sempre il dubbio che esse o non esistano affatto, oppure siano solo ed unicamente un'astrazione tanto da indurre molti a ritenere - come recita un noto aforisma - che "Non è Dio ad aver creato l'uomo, ma è l'uomo ad aver creato Dio.", nel senso di essersi crato quest'alto referente organico che avrebbe dovuto servire da stimolo e incitamento al progresso in pressoché tutti i campi e tuti i sensi.

Ora, essendo che la stessa realtà oggettiva, con cui noi stessi abbiamo non solo quotidianamente a che fare, e che dovrebbe essere, come la stessa Poltica (intesa come Ars Politica, Scienza della Politica, Disciplina della Politica), riflesso ed espressione della volontà divina, viaggia su binari propri e con regole sue proprie che con quest'ultima hanno, in realtà, poco o nulla a che fare, risulta estremamente difficile (per non dire impossibile) credere che esista un Dio che a tutto vede e provvede.

Entrambe queste componenti sono presenti in quella che - a torto o a ragione - viene tuttora rituenuta la più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti d'America, dove, a fronte di una pur consistente minoranza cattolica (che definire tale è, in realtà, erroneo), non esiste un clero vero e proprio e dove si privilegia l'aspetto privato rispetto a quello pubblico e statale.

Il paradosso è che iniziando dal Tardo Medioevo e soprattutto in Età Moderna e Contemporanea (in primis dal '700 in avanti) la borghesia ritiene sempre di più che il parassitismo di nobiltà e clero e la sostanziale inerzia delle masse siano di ostacolo al reale progresso, per cui da un lato bisogna emarginare la chiesa (che fida troppo nell'intervento divino) e scalzare l'aristocrazia, dall'altro impedire agli strati più bassi di salire la scala sociale oltre un certo livello nella convinzione che solo chi deteneva il controllo economico finanziario poteva governare (Plutocrazia = Potere della ricchezza, o in base alle maggiore e crescente disponibilità di ricchezze), ma altro era, come s'è detto, amministrare patrimoni ed economia, altro è dirigere uno Stato o quantomeno un Governo, e dato che sino allora alla borghesia aveva dimostrate le proprie capacità ed abilità soprattutto nel primo campo, tenendo conto che la stessa esperienza comunale si era conclusa, di fatto, con un sostanziale fallimento, dato che la gestione del potere politico comportava sforzi molto maggiori che non quelli della produzione di ricchezze, beni e servizi, con continue immissioni di ricchezze che finiscono col portare alla rovina molte famiglie magnatizie, tanto che alla fine essa cederà il posto alle Signorie e Principati, le cui dinastie, spesso e volentieri, provengono paradossalmente da quegli stessi ceti borghesi o dalla piccola nobiltà spesso rimasta senza feudi su cui esercitare la propria autorità, innescando quel processo che porterà agli Stati Regionali e, di seguito, all'Unificazione (tale processo, pur con i dovuti distinguo, si verificherà anche altrove).

Se negli Stati Uniti sarà proprio la borghesia a edificare il nuovo modello di Stato, in Europa e altrove fu necessaria una saldatura tra quelli che - con la progressiva emarginazione della chiesa, ma anche delle masse - sarebbero divenuti i ceti dominanti, unendo i capitali e le capacità manageriali della borghesia all'esperienza e alla cultura poltica della nobiltà, dando origine a quella moderna forma di Stato e di società civile ancor oggi dominante soprattutto in Occidente.

Ma se in tale contesto tale indirizzo ha sinora in buona misura funzionato, nel resto del mondo esso ha mostrato tutti i suoi limiti e contraddizioni, per non dire gli enormi difetti dovuti al fatto che simile modello può essere applicato solo ed unicamente dove si sia affermata un'economia di tipo capitalista, che costituisce uno dei fondamenti della democrazia liberale, ma non dove ciò non è mai avvenuto, come in quei Paesi e territori che dal sec. XV in avanti conobbero il progressivo estendersi del Grande Colonialismo, con cui si sperava di estendere, appunto, la cosiddetta Civiltà Occidentale nella convinzione che i popoli selvaggi o arretrati sarebbero stati spinti ad emulare i loro stessi dominatori portandosi più o meno al medesimo livello, dimenticandosi però che buona parte di essi era sostanzialmente rimasta al Medioevo, per non dire alla più remota antichità, per cui essi furono proiettati di forza in una dimensione distante anni luce dalla situazione di partenza, innescando quegli squilibri che ancora per molto tempo saranno difficilmente risolvibili.

Anche nel confronto delle grandi alternative impostesi nel corso del XX sec. la cosa non è andata diversamente: se dove si sono affermati il Fascismo o le sue derivazioni (in primis il Nazionalsocialismo) la struttura base è rimasta sostanzialmente la stessa, in Europa Orientale, Centro-Orientale e Balcanica propio la carenza o mancanza - nella maggior parte dei casi - di una borghesia imprenditoriale e professionale ha favorito il repentino pasaggio dal Feudalesimo [in varie misure ancora presente in diversi Paesi, come Polonia ed Ungheria, dove la Grande Nobiltà terriera e la Chiesa Cattolica (spesso con l'aiuto dei militari) esercitavano un potere molto forte e controllavano gran parte delle ricchezze] al Comunismo, e il crollo di quest'ultimo non sta affatto favorendo e agevolando (se non sempre e comunque in parte) l'affermazione della Democrazia Liberale in simili relatà, anche perché per vederla completamente realizzata sarebbero indispensabili perlomeno un paio di generazioni, e data l'attuale situazione di crisi non solo economica, ma anche di valori e riferimenti esistenti proprio nello stesso Occidente Liberale e Capitalista è, paradossalmente, più facile che (pur con i dovuti distingo e in modi tutt'affatto diversi da quelli che ne hanno agevolata l'affermazione laddove è stato al potere sino al biennio 1989-91) proprio qui si affermino nuove forma di Socialismo Reale, come quella del Fondo Salvastati che in qualche modo e misura ha contribuito a salvare dal tracollo Paesi come il nostro, Grecia, Spagna, Portogallo, ecc. e che molto probabilmente smentirà l'assunto che a questo orientamento non vi siano e non vi debbano assolutamente essere alternative.

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.211) 18 gennaio 2012 10:41

    Mi sembra che si tocchi una problematica reale ma facendo una gran confusione.

    Non concordo che la problematica della democrazia ruoti intorno a due soli poli: economia liberale e religione.

    Sarebbe innanzitutto da domandarsi che cosa si intende per democrazia e se sia mai esistito un governo democratico, poi domandarsi se modelli socialdemocrtici scandinavi siano proponibili in mega-stati da oltre un miliardo di cittadini o in posti in cui la principale preoccupazione e’ la sopravvivenza a fame e omicidi

    • Di Enrico Emilitri (---.---.---.104) 18 gennaio 2012 11:39
      Enrico Emilitri

      Il mio intento, in questo caso, è fornire spunti per una discussione, non fornire delle risposte. In ogni caso non si può negare che le Democrazie Liberali si servano (e si siano più volte servite, anche nel recente passato) dell’economia e della religione soprattutto laddove non potevano opporre idee a idee specie di fronte a dottrine che mettevano in discussione la supremazia dei ceti dominanti espressione di questa stessa forma di governo.

  • Di Giorgio Bargna (---.---.---.14) 6 febbraio 2012 01:07
    Giorgio Bargna

    Direi molto più articolato del mio, mi piace la descrizione iniziale della borghesia.
    Testi di questa lunghezza purtroppo però cozzano, almeno questa è stata la mia esperienza, con i gusti di lettura dei navigatori medi...è una semplice constatazione, si intenda, non una critica..a presto.

    • Di Enrico Emilitri (---.---.---.115) 6 febbraio 2012 12:53
      Enrico Emilitri

      Beh, in effetti l mio intento è quello di mettere il cittadino comune nella condizione di approfondire le tematiche di base aiutandolo a comprendere meglio i motivi per cui si è arrivati alla crisi del modello democratico liberale dopo che è riuscito, almeno sul momento, ad avere la meglio sulle alternative sino a poco tempo fa proposte e attuate.

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