• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Istruzione > Il futuro dell’istruzione: un altro mattone nel muro

Il futuro dell’istruzione: un altro mattone nel muro

In tempi di proteste studentesche e decreti in discussione, poco spazio si è dato alla notizia relativa al bambino romeno picchiato in una scuola elementare di Viterbo. Da cittadina (oltre che insegnante) mi chiedo che futuro avranno i bambini, italiani non per nazionalità ma perché residenti qui e, almeno in teoria, con pari diritti. Ricordando la bella canzone dei Pink Floyd Another Brick in the Wall (Un altro mattone del muro), che potrebbe far da colonna sonora a tutte le proteste studentesche, a cominciare dal ’68 fino alla Pantera del ’90 e agli anti-gelminiani odierni, viene in mente che la scuola italiana da sempre è priva di una selezione meritocratica, ma vicina a una scelta selettiva strutturata in base al sistema delle Graduatorie, purtroppo in parte viziato dalle decisioni di presidi-manager, esattamente come le Università sono contaminate dalle scelte dei soliti nomi altisonanti, quelli che in passato erano detti "baroni".

 

Ogni anno nelle scuole i presidi assolvono il gravoso compito di assegnare le cattedre ai docenti, questi presidi detti “dirigenti scolastici”, come se l’analogia scuola-azienda sia ormai un dato strutturale. Così gli insegnanti sono assunti senza che ne sia valutata la reale motivazione e la capacità di operare in aula, poiché ogni convocazione prevede che per una supplenza temporanea o annuale, conferita dal Csa (ex-provveditorato) o dalle scuole, le cattedre disponibili siano assegnate ai docenti solo in base al punteggio che hanno in graduatoria, non certo chiedendo ai presenti: “Avete esperienze specifiche? Dove avete insegnato finora? Potrei vedere il suo curriculum?” D’altronde la scuola italiana ha sempre scelto come canali d’ingresso i concorsi pubblici e le abilitazioni ottenute con le varie SISS sparse nelle provincie italiane, che al costo di circa 1500 euro annui, tra tasse e spese varie, forniscono l’abilitazione per accedere alle graduatorie permanenti, aggiornate ogni due anni, come le graduatorie di istituto, ossia quelle interne ad ogni istituzione scolastica. Qualcuno può usufruire di titoli culturali (ossia Dottorati, Corsi di perfezionamento, Master) oppure preferenziali (figli a carico, handicap di vario tipo, personali o dei familiari etc.).
 

Ogni docente ha il suo punteggio e solo in base a quello viene dirottato in aula, senza conoscere in quali classi finirà, quindi dovrà organizzare in brevissimo tempo la programmazione didattica e le strategie di insegnamento, preparandosi per varie eventualità. Escludendo per un attimo la questione della specializzazione nella scuola elementare (si è già discusso abbastanza sulla difficoltà di reperire un geniale maestro unico onnisciente e multidirezionale) mi soffermerei sulla problematica vissuta, all’arrivo in aula, da un supplente di scuola secondaria, che può lavorare nel biennio o triennio di un liceo o istituto tecnico, oppure in una o più classi nelle scuole medie, poiché spesso i docenti abilitati per la scuola secondaria di II grado lo sono anche per quella di I grado. È facile, quindi, che nell’arco di un anno i supplenti insegnino i programmi più disparati.
 

Ma anche la SISS (a Napoli Sicsi) è ricca dei corsi più disparati, in cui però non si impara cosa si andrà ad insegnare per ogni indirizzo di studio o per ogni annualità scolastica, ma si ripassano solo alcuni argomenti specifici di esami universitari già svolti, oppure si ascoltano singolari teorie pedagogiche e didattiche per un monte ore notevole (ad esempio a Napoli si seguono i corsi della Sicsi dalle 14 alle 18 tutti i giorni della settimana escluso il sabato).
 

La Sicsi non ha mai previsto di formare docenti specializzati per il biennio o per il triennio, e non potrà essere cambiata e migliorata, magari limitando i corsi e gli introiti ai già ben stipendiati docenti universitari, poiché il decreto Gelmini ha deciso di smantellarla completamente. Qualcuno penserà: per ristabilire il vecchio canale d’accesso dei concorsi? No, soltanto per rendere (parole del ministro) “la scuola italiana una scuola di qualità”. Sembrerebbe quasi uno sponsor da insaccati, ma questa è la terminologia che la politica sta demagogicamente diffondendo. Sulla base di quali criteri saranno chiamati i docenti nelle scuole? Per curriculum? Per titoli? Per punteggio, certamente, ma in quel punteggio cosa si valuta?
 

Le pubblicazioni universitarie o gli interventi ai convegni non sono valutabili come titoli culturali nelle graduatorie, ma i corsi e master universitari a pagamento (da circa 600 euro a 1500) ovviamente sono valutabili, e offrono a lauto prezzo da 1 a 3 punti in graduatoria. Il merchandising dell’istruzione fornisce il portafoglio basico per il precario, che quando non ottiene incarichi temporanei con le graduatorie di istituto finisce per lavorare nelle paritarie, dove il giro di soldi guadagnato dai dirigenti scolastici è altissimo (in media la retta mensile individuale si aggira sui 500 euro, mentre i docenti sono pagati al massimo dieci euro all’ora, ed è già una fortuna essere pagati). Naturalmente un genitore che iscrive un figlio ad una scuola paritaria si aspetta un servizio ottimale, ossia che il ragazzo sia seguito talmente bene da dover naturalmente ottenere la promozione. Difficilmente ci sono bocciature nelle paritarie, ma quando avviene il genitore si lamenta a gran voce, come il ministro Umberto Bossi per suo figlio, iscritto ad una paritaria il cui preside ha invece difeso la professoressa responsabile dell’insufficienza decisiva per la bocciatura, la famosa “insegnante del Sud” apostrofata da Bossi, definendo l’erede bossiano assolutamente responsabile dei suoi insuccessi.


 

Pare, quindi, che i docenti del Sud se la passino proprio male nelle paritarie nordiche, ma allora perché non scelgono di lavorare, anche se al Nord, nelle scuole statali? Semplicemente perché non è assicurato il rientro al Sud, almeno non prima che diventino di ruolo, sempre che ottengano il trasferimento; quando un docente sceglie, infatti, una provincia dove essere inserito in graduatoria permanente, se volesse cambiare la provincia scelta per sceglierne una nuova, finirebbe in coda alla nuova graduatoria, a tempo indeterminato, cioè finché non si sistemano tutti i docenti inseriti. Di conseguenza, molti docenti restano al Sud, anche senza avere un punteggio tale da ottenere l’incarico annuale dal Csa, che per la verità, con i tagli imposti quest’anno, non ha assegnato cattedre a docenti che in passato le avevano sempre ottenute. Fiduciosi, non hanno più aggiornato la domanda per le supplenze in base alle Graduatorie di istituto, ossia quelle interne alle scuole dove i docenti, ogni due anni, possono presentare domanda di supplenza, scegliendo al massimo 30 scuole, che pare saranno ridotte dal 2009.
 

Aspiranti docenti dai punteggi alti e aspiranti supplenti dai punteggi più bassi non possono far altro che presentarsi alle scuole paritarie, dove però devono stare ben attenti a far sì che il rendimento degli alunni sia sempre positivo, altrimenti se i ragazzi vanno male significa che non sono bravi docenti e rischiano il licenziamento. Certamente è una migliore prospettiva lavorare nelle scuole statali affidandosi alle graduatorie di istituto, anche perché fino ad oggi è possibile includere scuole di una provincia diversa rispetto a quella di riferimento per le graduatorie permanenti. Ma purtroppo la falla di tutto questo sistema piramidale, che smarrisce i docenti tra le graduatorie permanenti dei Csa, le graduatorie d’istituto e gli indirizzi delle paritarie, sta alla base, ossia nella diminuzione degli incarichi conferiti da ogni Csa. Qualche esempio? Quest’anno a Napoli sono stati nominati solo 15 docenti in ruolo per la classe A051, ossia Italiano e materie letterarie, cioè Geografia, Storia (ridotta a un’ora settimanale dalla Gelmini, a favore di un’ora di Educazione civica) e Latino (che la Gelmini vuole eliminare dai Licei scientifici per inserire un’altra lingua straniera). Insomma il professore di Italiano, quello che ha più ore, sta avendo paradossalmente meno convocazioni dal Csa e, quindi, ottiene supplenze dalle Graduatorie di istituto, che il precario supplente di Italiano non ha.
 

Spesso i precari sono dottori di ricerca, che hanno pubblicato libri e articoli, anche nell’inglese che la Gelmini vuole potenziare; eppure sono a casa da mesi, pur avendo inviato curriculum nelle famigerate paritarie, dove si entra per conoscenza e si esce per sfinimento. Qui, come accade a ogni operaio, non si viene pagati se non si lavora per un giorno (causa malattia o assenza frequente degli alunni), ma già essere pagati è una fortuna, poiché spesso nelle paritarie si lavora gratis, solo con l’obiettivo di fare punteggio. Il sistema scolastico privato nasconde, quindi, forme di sfruttamento impensabili, fondate proprio sull’assenza di meritocrazia del sistema pubblico. Non oso immaginare cosa potrebbe succedere trasferendo questa logica delle “fondazioni private” alle università.
 

Molti dipartimenti sono già contaminati da una logica di selezione privata, assegnando all’aggettivo la valenza peggiore; sarà capitato a tutti, da studenti o dottorandi, di notare nei dipartimenti strane figure di parenti o amanti di professori, alcuni dottorandi o già professori, con pubblicazioni di basso livello ma dai nomi altisonanti e dalle presentazioni in luoghi molto frequentati. Ci sono anche ricercatori che non hanno mai pubblicato un libro, ma al massimo un articolo utile a fare in tempo il concorso.
 

La salvezza sta nel continuare a dimostrare quanto si vale, girando per convegni e accontentandosi di ciò che offre la precarietà scolastica riservata dal Ministero dell’Istruzione. Questo è ciò che emerge parlando con chiunque insegni da poco tempo a scuola, oppure sia nelle università e noti quanti aspetti non vi funzionano. Chi è senza incarico intanto trova, con qualche lezione privata, i mezzi per pubblicare altri libri a proprie spese, dato che i dipartimenti non hanno soldi, o meglio ce li hanno solo per qualcuno, ad esempio per finanziare viaggi-studio di dubbia natura: non è certo una novità che docenti e alunne condividano, non di rado, ricerche di spessore più privato che pubblico. In ogni caso l’attesa di una telefonata per la supplenza temporanea può regalare una speranza, mentre si può meditare l’iscrizione a un corso di perfezionamento, o forse con qualche lezione privata si può guadagnare per pubblicare la propria tesi, troppo teorica per essere adottata in corsi dai programmi e dai testi in uso dimezzati dalla riforma Moratti. Sarebbe opportuno che chiunque abbia un potere istituzionale si passi una mano sulla coscienza, ma prima dei ministri attaccati (a ragione) quella mano dovrebbe accarezzare la coscienza dei finti intellettuali, i finti rivoluzionari che in apparenza manifestano ma nella realtà continuano a decidere con i vecchi mezzi (baronali) il futuro delle Università e delle scuole.

Commenti all'articolo

  • Di gloria esposito (---.---.---.15) 28 ottobre 2008 20:20

    Parliamo sempre del futuro,finalmente qualcuno che racconti del presente.Studenti,insegnanti,precari sono tutt’uno in questo mondo che sta bruciando una generazione sull’altra.Quando finirà?
    Abbiamo tutti bisogno di cultura,di bravura,di consapevolezza e di spazio. L’unica strada percorribile è credere nelle persone comuni (non nei politici)che ogni giorno cercano di contribuire a creare un mondo piu’ umano.
    Gloria

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares