Il futuro dell’acqua tra pubblico e privato
Libero Mercato si è già occupato in passato degli sprechi nell'erogazione pubblica dell'acqua.
In questi giorni uno studio commissionato dal Censis, che sarà presentato all'11° incontro finanziario dell'autonomia locale organizzato da Dexia Crediop, segnala il problema di un paese in cui il 65% dell'acqua erogata risulta ancora dispersa in rete o non fatturata.
Analizzando i dati emerge una realtà preoccupante, ed i passi in avanti sono pressoché insufficienti. Se nel 1999 per prelevare 100 litri d'acqua era necessario erogarne 168, dieci anni dopo ne servono ancora 165. La situazione è migliorata al Sud anche se il contesto resta drammatico: sempre nel 1999 servivano 216 litri erogati per prelevarne 100, scesi a 198 nel 2009.
Le dispersioni restano comunque stabili e in sintesi su una media di 165 litri immessi, 47 se ne vanno per la rete e 18 non vengono fatturati per abusivismo.
Per risolvere il problema, il direttore del Censis Giuseppe Roma invita ad evitare gli acerrimi conflitti ideologici tra sostenitori dell'acqua pubblica e privata, una contrapposizione giudicata "impoverente", e concentrare gli sforzi in una seria programmazione degli investimenti in manutenzione e realizzazioni di impianti, soprattutto di depurazione.
L'Istituto di Ricera nega dunque che la soluzione delle problematiche nel settore idrico sia da ricercare principalmente nella modalità di gestione.
Anche perché, sottolinea Roma, "l'acqua è sempre un bene pubblico e le gestioni devono essere comunque di natura imprenditoriale, indifferentemente che siano affidate ad aziende pubbliche o private".
Nel documento finale del Censis, intitolato "L'acqua tra responsabilità pubbliche, investimenti e gestioni economiche", si stigmatizza appunto l'acuirsi del conflitto tra due visioni pregiudiziali sul ruolo del settore idrico in Italia: "Non sono la logica della concorrenza, quella della gara, o la semplice presenza dell'azionista privato che introducono automaticamente efficienza nel sistema. Servono piuttosto misurazioni attendibili dei risultati raggiunti dalle diverse gestioni, certificati da soggetti pubblici forti ed autorevoli. Servono procedure codificate di benchmarking che consentano di definire gli standard di qualità a cui i gestori devono attenersi, siano essi pubblici o privati, individuati con gare o con altri meccanismi".
Riuscirà il nostro paese ad uscire dalla logica logorante del conflitto permanente, anche sul tema dell'acqua, per programmare in modo coeso una serie di riforme essenziali e utili allo sviluppo ed al futuro dei cittadini?
ARCHIVIO: La gestione pubblica dell'acqua: tra sprechi e tariffe
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