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Il contributo dell’Islam alla Civiltà

Il libro “Il contributo dell’islam alla civiltà” (www.ibiskoseditricerisolo.it, 2008) è la traduzione di Riccardo Ceccherini dell’opera classica di Stanwood Cobb (1881-1982): uno dei primi intellettuali a parlare senza pregiudizi dell’Islam.

Il settimo secolo fu testimone dell’ascesa dell’Islam e dell’ingresso della cristianità nei secoli più oscuri. L’invasione dell’occidente da parte dei Goti aveva quasi cancellato la cultura e la tecnologia romane. Nell’Impero romano d’oriente, la Chiesa aveva completamente soppresso la scienza e la filosofia greca. I dotti greci, pagani e cristiani erano emigrati in Siria. Inoltre “l’India languiva in un periodo di stagnazione e la Cina, dove pure le arti fiorivano, era assolutamente carente di ricerca scientifica”. Maometto nacque intorno al 570 d.C. e visse i sui primi quarant’anni accompagnando lo zio durante i lunghi viaggi in Arabia e Siria dove sentì parlare del Dio di Israele e di Cristo.

A un certo punto, “ispirato da una visione, sente di essere egli stesso un profeta di Dio (Allah) e iniziò a insegnare quale capo dell’Islam (sottomissione a Dio). Il rifiuto iniziale in alcuni ambienti, della religione e dell’etica da lui propugnate lo costrinsero, nel 622, ad abbandonare la Mecca (l’Egira, che da allora segna l’inizio del calendario musulmano). Fu a Medina, dove trovò un largo seguito, che ebbe inizio la sua influenza. Diffondendo la novella di Allah per tutta l’Arabia fu capace di unire le tribù in conflitto fra loro e indirizzare queste popolazioni semi barbare sulla strada della civiltà”.

Così “I musulmani, avanzando, guadagnavano nuovi adepti fra quelle masse a loro vicine e l’esercito invasore, secondo gli insegnamenti di Mohammad (Maometto), rispettava le campagne e i suoi abitanti. Infatti, quelle che più tardi furono impartite dal califfo Alì e riguardanti il compassionevole trattamento dei non combattenti, furono le prime disposizioni a carattere umanitario nella storia dei conflitti” (p. 14). Inoltre “la condizione degli agricoltori fu migliorata… Molti popoli vinti si arruolarono negli eserciti islamici diventando musulmani per poterlo fare e in quanto tali, furono esentati dalle tasse e fu loro consentito di spartirsi i ricchi bottini delle future conquiste” (p. 15). Gli arabi, nelle loro imprese militari furono sostenuti da una forza interiore fatta di ardore e audacia che cominciò a farli sentire invincibili. La paura della morte non li trattenne dallo sfoderare la spada per Allah perché Mohammad aveva insegnato loro che i morti sul campo di battaglia sarebbero stati immediatamente accolti in paradiso (p. 16). Ma a quanto pare secondo alcuni studiosi che interpretano il Corano, ad accoglierli in paradiso ci sarebbe un piacere superiore ad un grappolo di uva bianca e non le famose vergini (che qualcuno molto astuto ha preferito indicare). Altri studiosi affermano che più di metà del Corano non è più la semplice raccolta di detti di Maometto: il libro sacro dei musulmani è in realtà in gran parte la raccolta nel corso dei secoli delle sentenze di una classe dirigente e religiosa maschilista. Fino a pochi anni fa alle donne non era concesso lo studio, la traduzione e l’interpretazione dell’antico Corano (cosa che è accaduta e accade peraltro anche per la Bibbia ebraica e il Vangelo cristiano).

Però “il Corano loda la generosità come uno dei maggiori attributi spirituali e la carità è uno dei cinque precetti che i musulmani devono mettere in pratica. Le classi dirigenti e i ricchi mercanti, elargivano in beneficienza grosse somme di denaro e, fortunatamente per le masse, avendo gli arabi acquisito fondamentalmente con il commercio, non erano favorevoli all’acquisizione di grandi proprietà fondiarie e non era così necessario vessare il piccolo proprietario terriero o il contadino”. Inoltre i musulmani possono essere definiti “i padri della farmacopea perché non solo compirono notevoli scoperte sull’uso curativo delle medicine per le malattie, ma fondarono la prima scuola al mondo di farmacia. Migliorarono talmente l’arte del guarire, mutuata da fonti greche, egiziane, persiane e indù, da ottenere e mantenere la supremazia in questo campo per tutto il Medio Evo. I loro medici, dei veri scienziati, approfondirono l’origine e il decorso delle malattie compiendo per la prima volta nella storia, osservazioni cliniche”.

Comunque “Baghdad fu il primo centro islamico a raggiungere il massimo splendore e fu anche il primo a iniziare quel percorso di decadimento che sembra sempre concomitante al successo. La corruzione del lusso e le lotte intestine per la conquista del potere da parte di fazioni politiche rivali contribuirono, come a Roma, al declino” (Cobb, 26). Anche nelle Spagna musulmana operarono gli stessi fattori che avevano minato la potenza islamica a Baghdad (individualismo, infedeltà e tassazioni inique). La fine della civiltà moresca spagnola fu anche dovuto ai nuovi arrivati berberi e al loro fondamentalismo islamico contrario al progresso scientifico e filosofico.

Bacone ha affermato che la storia ci rende saggi ma questo accade solo se sappiamo leggerne la verità. Che la pace sia necessaria al progresso culturale è perciò una delle lezioni da trarre dalla storia dell’Islam. Gli studiosi e i mercanti dal 500 al 1.500 d. C. potevano viaggiare dall’India alla Spagna e diffondere tutte le conoscenze dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia attraverso la lingua araba. Molte di queste conoscenze furono poi diffuse nell’Europa del Rinascimento da molti medici ebrei. Tutto ciò dimostra la necessità per tutti i bambini dell’apprendimento dell’inglese come seconda lingua ausiliaria universale, cosa che dovrebbe essere promossa in tutte le nazioni del mondo direttamente dall’ONU. È un programma così semplice per favorire lo scambio di conoscenze, la fratellanza e il progresso scientifico e culturale, che soltanto le cecità politiche nazionali possono guastare il progetto. E arriverà presto “il giorno in cui un quotidiano sarà teletrasmesso in tutto il mondo e pubblicato contemporaneamente in tutte le capitali del mondo”.

Però la cultura islamica ha proibito per circa quattro secoli la stampa di innumerevoli libri, che è molto peggio del rogo (Carlo Panella, 2009). Quindi la tecnologia o il commercio non possono creare una cultura vitale. Gli elementi vitali sono i valori spirituali, l’espressione estetica e la gioia di vivere delle gente (p. 78). E gli studiosi del trentesimo secolo forse diranno: “Riteniamo che l’importanza di questa unità sociale dell’umanità non sia da ricercarsi nell’area tecnologica o dei processi economici e neppure in quella della guerra o sociale, bensì nel campo della religione” (Arnold Toynbee, Civilization on Trial, Oxford).

P.S. Se le persone leggessero davvero i libri sacri scoprirebbero che c’è scritto di tutto, compreso le sentenze ambigue e contrastanti. E ora riporto due affermazioni attribuite a Maometto: Cercate la conoscenza, anche se fosse in Cina; “La verità emana dal Signore. Creda chi vuole, non creda chi non vuole“ (Corano, 18.29).

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