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Il conformismo mascherato

Il conformismo mascherato

Gonna a strascico o pantaloni larghi e deformi, magliettina consumata e abbondante, kefiah dai colori più vari intorno al collo, capelli rasta e sigaretta fai-da-te in bocca (se ti va bene), svariati orecchini e accessori etnici.
 
Ecco l’immagine stereotipata del ragazzo fuori dagli schemi, il bravo ragazzo che non è vittima della moda, ma che ha la forza di andare controcorrente. Un madornale errore di giudizio.
 
Credete forse che sia stata sua la scelta? Che abbia preferito così facendo una vita più “scomoda” di chi magari si limita a comprare il vestitino Prada e seguire i consigli della moda?

L’errore che è alla base dello stereotipo del non convenzionale che si è creata, è nel considerare moda la griffe, la casa di design.

Moda, dal latino “modus”, maniera, è l’insieme dei comportamenti entrati nel gusto comune.

Il rivoluzionario atteggiato a gran signore del mondo che è libero perché non sottomesso a nessuno, è moda, e, di conseguenza, un’altra vittima, un altro soggiogato per nulla libero ma con la presunzione di esserlo.

Le loro scelte non sono dettate da una scelta personale scaturita da vera voglia di andare contro corrente e di fare rivoluzione, ma da voglia di farsi notare, di entrare in una comitiva “esclusiva”, di ribellarsi alla famiglia, o anche, ma ciò raramente, per un’educazione contorta ricevuta in famiglia secondo la quale “griffe” è apparenza, è perbenismo.

Come si può notare i motivi che inducono questi ragazzi a scelte del genere sono gli stessi per i quali una ragazzina ignara compra i jeans Richmond e il giubbotto D&G la stessa ragazzina che si definisce omologata.

Credete che sia una vita più “difficile”, più seria e coerente?

Mi sembra assurdo credere che la loro sia un’esistenza tormentata dal rigore e dal ben pensare, in quanto sono i primi loro a non sapere, a ignorare perché indossano una kefiah, cosa questa rappresenti, o a fumare canne per il semplice gusto di sentirsi rivoluzionari e non sottostanti a clichè.

Ma c’è nell’essenza dell’adolescente qualcosa di più convenzionale dell’andare contro le autorità e il sistema che vi è per distruggere tutto quanto il ragazzo ha a cuore?

La rivoluzione dei giovani è persa in partenza perché fino a quando saranno tali non avranno mai i modi né i mezzi per poter cambiare qualcosa, potranno vincere con i loro genitori deboli e anch’essi sottomessi a una struttura che sfrutta la loro sottocultura.

Liberiamoci dall’idea banale secondo la quale gli anticonformisti che indossano una kefiah e puliscono la strada con le gonne sono ragazzi liberi e intelligenti che sanno cosa fanno, perché loro, come gli altri ignorano e, se almeno, una stolta ragazzina sa di “non poter vivere senza” D&G, loro non sanno neanche quello, e non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

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