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Il collegio uninominale e Marco Pannella

Si rinnova la battaglia politica dei radicali per l’adozione, nella legge elettorale delle Camere, del collegio uninominale secco all’inglese; nel pressoché totale silenzio e disinteresse delle forze politiche. E non poteva essere diversamente: nessun tacchino sarà mai felice per l’approssimarsi del Natale.

Marco Pannella ed Emma Bonino ci hanno con passione illustrato i vantaggi di questo meccanismo massimamente in termini di semplicità per il comune cittadino, che facilmente capisce chi ha vinto e chi ha perso le elezioni. Ma l’argomento offre tutta una serie di ulteriori spunti.

In via preliminare la legge elettorale non è certamente una regola del gioco del tutto marginale e, pertanto, appare del tutto inaccettabile che una maggioranza semplice possa variarla così come ha fatto il precedente governo Berlusconi con quella precedente: occorrerebbe prevedere necessaria per ogni modifica un’ampia e qualificata maggioranza.

Passando, poi, al collegio uninominale, il più importante dei collegi uninominali al mondo si chiama Conclave ed elegge il Pontefice della Chiesa di Roma. La fumata bianca che annuncia l’avvenuta elezione al mondo è data dal bruciare delle schede in una stufa a legna, a simboleggiare che il nuovo Papa sarà il Pastore di tutti i credenti e non solamente di quanti lo hanno eletto. E’ questa (e non la facilità di interpretazioni del risultato) la ragione posta a fondamento di questo sistema di elezione: i votanti fanno una scelta nell’interesse di tutti e che verrà accettata da tutti, e così l’eletto di tutti dovrà occuparsi indistintamente. Insomma, dal punto di vista politico, siamo in pieno aristotelismo con l’uomo animale politico ossia animale essenzialmente socievole e ben lontani dall’hobbesianesimo dell’homo homini lupus, ossia dell’uomo per gli altri uomini come lupo.

Un altro collegio uninominale di importanza mondiale è quello che, ogni quattro anni, porta all’elezione del Presidente degli Stati Uniti alle date di rito, sempre eguali, previe elezioni primarie.

Nel nostro Paese, invece, sono eletti con questo metodo, ma senza elezioni primarie, gran parte dei vertici delle amministrazioni locali (sindaci, presidenti delle Provincie, presidenti delle Regioni).

In tutti questi casi si rileva un forte ridimensionamento del potere dei partiti politici, la cui influenza diventa abbastanza marginale rispetto alle individualità che si sottopongono al giudizio degli elettori (come ci insegna il caso “Vendola”); ed è per questo motivo che ben pochi partiti politici fanno un tifo sfegatato per l’adozione del collegio uninominale. L’attuale premier cambiò la legge elettorale, che prevedeva un mix di eletti in collegi uninominali e di eletti con sistema proporzionale, ed introdusse il sistema a liste bloccate, con cui gli elettori non possono scegliere i loro rappresentanti. La sinistra protestò all’epoca con scarsissima convinzione e l’on. D’Alema promise che, vinte le elezioni, l’Ulivo avrebbe ripristinato la legge elettorale originaria, ma, nel dire questo, il suo naso cominciò stranamente ad allungarsi.

Cosa aggiungere? Che la pubblica opinione, su questo punto, dovrebbe autorevolmente farsi sentire; magari prendendo spunto dall’iniziativa dei radicali di Giacinto Pannella detto Marco.

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