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Il calcio non è più affar nostro

Il calcio non è più affar nostro

L’Europa ha dato i suoi verdetti: non siamo più calcio all’avanguardia. I padri inglesi hanno ripreso il loro sport e altre nazioni, complici differenti tassazioni sui salari dei tesserati, hanno impreziosito i loro campionati con stelle migrate dai nostri. Non siamo più la meta, il sogno, l’obiettivo dei giovani.
 
E’ la storia di un calcio che è cambiato, si è adattato, ha cambiato teatro. Il nostro paese non offre più ciò che era in grado di offrire qualche anno fa, sono passati i tempi di squadre stellari e ambizioni internazionali, sono passati i tempi dell’Italia come traguardo, come passaggio imprescindibile per un’illustre carriera. Il Belpaese si ferma ma il calcio no, trova altre piazze dove esibirsi, altri paesi dove radicarsi, è spietato, non riconoscente, segue il denaro. 
 
Si sa, i soldi muovono il mondo, ma non solo quelli, anche le idee. E sono proprio queste a mancare nel nostro sventurato Paese, non ci sono club calcistici in grado di competere con quelli esteri. I motivi? Mancanza di organizzazione e incapacità di operare con occhio attento al futuro. Abbiamo troppe società preoccupate dall’utile immediato, a sedare le ire dei tifosi con acquisti da piazza, giocatori affermati e invecchiati che rispondono più a esigenze di marketing e a ricerca di consensi che a bisogni tecnici.
 
Non siamo più ciò che eravamo perché non siamo stati in grado di rinnovarci, ci siamo crogiolati nelle nostre passate gesta senza pensare a come ripeterle.
 
Non stupiamoci se non siamo più competitivi in Europa, se non saremo più competitivi in Sud Africa, se dovremo rivedere le nostre aspettative da tifosi in ambito europeo. Noto una morbosa resistenza di fronte a questa situazione, un’incapacità di accettare la realtà da parte di chi è abituato a vincere, forse dobbiamo solamente renderci conto di non essere più i migliori e che piangere su sconfitte ampiamente prevedibili non ci aiuterà a tornare ad esserlo.

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