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Il Piano per il Sud : poche ma confuse idee

Un imbarazzatissimo premier ha annunciato urbi et orbi la nascita del Piano per il Sud, sin dai primi vagiti ricco di qualcosa come ottanta miliardi di Euro da spendere in infrastrutture, ricerca, scuola, giustizia, sicurezza, pubblica amministrazione e servizi pubblici, incentivi alle imprese e Banca del Sud. In mezzo al fumo delle parole, le giustificazioni al suo popolo, quello lombardo in generale e quello brianzolo in particolare: non si poteva fare a meno di questo intervento senza mettere a repentaglio l’unità del Paese e, poi, a voi ho già dato il federalismo.

Il primo punto poco chiaro è quello della copertura finanziaria necessaria, risolto con una disinvoltura più partenopea che meneghina: non ci sono fondi nuovi ma si punta a razionalizzare sprechi ed inefficienze lunghe quasi un decennio (e qualcuno, a questo punto, dovrebbe dirci ha fatto sinora il CIPE).

Il secondo punto poco chiaro è quello delle infrastrutture da intraprendere: occorrerà una delibera CIPE per riprogrammare i fondi Fas. Le opere ipotizzate? Le principali dovrebbero essere tre, e precisamente il completamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, la linea ferroviaria ad Alta Velocità Napoli-Bari e la derelitta linea ferrata che collega Palermo con Catania.

La Banca del Sud, invece, viene seguita con particolare attenzione dall’espero ministro Tremonti. Inutile chiedersi perché il sistema bancario ordinario non è stato idoneo a supportare l’economia meridionale e se, nel fare questo, ha fatto bene o ha fatto male.

Su tutto il resto, nessuna notizia e/o indiscrezione: tamquam non esset. Comunque sia di ciò, nessuna analisi sui mali del Meridione e nessuna ipotesi di intervento mirato a risolverli: il premier, nella sua presentazione alla stampa del Piano, sembrava francamente un marziano giunto sulla Terra, cui era stato rifilato fra capo e collo il problema del Sud e che capiva che qualcosa doveva pur essere fatta, ma sino ad un certo punto cosa e perché.

Orbene, riguardo le infrastrutture, non stiamo affatto imparando dal passato: in analogia alla mancata costruzione di una autostrada Salerno-Reggio Calabria con caratteristiche eguali al resto della rete, non si sta costruendo la linea ferroviaria ad Alta Velocità da Salerno a Reggio Calabria. Sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico.

Riguardo, poi, la molteplicità di fattori socio-economici-istituzionali che fanno del Meridione un’area geografica arretrata, dopo decine di saggi inutili e fuorvianti, forse qualcuno comincia a capirci qualcosa. Il vostro cronista si riferisce al testo Sviluppo, rischio e conti con l’esterno delle regioni italiane, a cura di Riccardo De Bonis, Zeno Rotondi e Paolo Savona, editore Laterza, Euro 24,00.

L’ipotesi fatta dagli autori è detta “della pentola bucata” e consiste nel ritenere che, laddove esista un saldo passivo della bilancia dei pagamenti corrente di un’area, è come se esistesse un “buco” da dove defluisce il potere di acquisto dell’area medesima ed il sistema economico richiede interventi compensativi, ad esempio iniezioni di risorse statali. Proprio quello che succede nel nostro Meridione. Questo crea all’area in questione uno continuo stress da compensazione e vengono incise le sue potenzialità di sviluppo. Utilizzando un analogismo medico, è come se qualcuno si sottoponesse ad uno sforzo fisico estremo ed in tal modo intaccasse non solo le sue riserve di grassi corporei, ma anche la sua massa muscolare, conseguentemente ammalandosi.

Presa per buona questa teoria, per il vostro cronista è di solare chiarezza chi causa questo stato di stress al Meridione:

a) la malavita organizzata, che con i suoi traffici illeciti continuamente drena risorse economiche dal territorio in maniera eclatante ;

b) la politica clientelare locale, che da decenni vive di importanti risorse nazionali senza render conto del loro utilizzo in alcun modo ed a nessuno (il recentemente cessato fenomeno del cuffarismo in Sicilia ne è un esempio lampante);

c) la corruzione dei pubblici funzionari;

d) gli infiniti sprechi della politica e della burocrazia locali.

Potranno anche servire le iniziative del Piano del Sud varato dal governo, ma esse sono destinate a fallire miseramente come quelle dei precedenti governi della Prima Repubblica, se non si interviene per stroncare con decisione i traffici economici illeciti della malavita organizzata, il clientelismo politico locale, la corruzionedei pubblici funzionari e gli sprechi della politica e della burocrazia locali. Ed una politica economica locale di sana austerità non sarebbe certamente dannosa, soprattutto se riuscisse a far stringere la cinghia alle classi economicamente privilegiate, che esistono anche al Sud.

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