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 Home page > Tribuna Libera > Il Natale: l’ultima rivoluzione dell’umanità

Il Natale: l’ultima rivoluzione dell’umanità

Volge al termine l’anno e da giorni iniziamo a sentire l’aria del Natale con i suoi molteplici significati. Ricordiamo da più di duemila anni la ricorrenza della nascita di Gesù di Nazaret, il figlio di una umile donna e di un falegname, che per noi credenti fu solo padre adottivo, ma essenzialmente, nel significato aristotelico della parola, è figlio di Dio, della stessa sostanza o forma divina, Verbo o “Logos” incarnato nell’Umanità, Epifania di Dio nella storia, sintesi del Finito e dell’Infinito, nella trasposizione concettuale presente nella filosofia hegeliana. Nella tradizione ebraica Gesù è il Figlio dell’uomo, dove in forma poetica si vuol intendere che Gesù il Nazareno è uomo in quanto è figlio di Maria, ma l’anima o forma che vivifica il corpo, non è data dal concepimento naturale, come intendeva Agostino con la sua teoria del “traducianesimo”, ma esclusivamente Divina: in altri termini, noi comuni mortali siamo figli di Dio, in quanto creati da Dio, Gesù è il Divino che si manifesta in un essere umano. Naturalmente questo è un “discorso” per chi avverte oltre la ragion pura, ma rimane incontestabile la portata etica del messaggio evangelico.

Perché quest’avvenimento è da considerarsi l’ultima grande rivoluzione presente nella storia dell’Umanità? E’ molto semplice! E’ stata l’unica volta che ciò che si considera superiore e perfetto si abbassa a livelli inferiori, partecipa alle contraddizioni dell’uomo, e solo per Amore nel significato di Agapé o amore caritatevole, diverso dall’amore come eros, dona senza attendersi nulla in cambio: dona proprio come dei veri genitori, che si sacrificano per i propri figli, senza attendersi altro di gioire per il Bene acquisito dai propri figli.

Il Cristianesimo è la filosofia dell’amore che si sforza, con l’esempio dell’educazione, di trasformare quell’Umanità, biologicamente intesa di per sé né buona e né cattiva, capace di scegliere la bontà al posto dell’odio, la solidarietà al posto dell’individualismo e dell’egoismo, la collaborazione al posto della conflittualità, la simpatia e la compassione al posto dell’indifferenza, la ragion pratica al posto dell’istinto cieco, il sentimento o spirito di finezza, secondo la lezione di Pascal, al posto dell’insensibilità, la pace invece della violenza.

I detrattori del Cristianesimo, subito argomenterebbero che le Chiese hanno prodotto storicamente guerre, sopraffazioni, crociate, potere e poco o nulla del Vangelo di Gesù; ma bisognerebbe ricordare subito che il Cristianesimo ha generato San Agostino e San Tommaso, San Francesco, San Filippo Neri e San Pio da Pietralcina, San Giuseppe Moscati e Madre Teresa di Calcutta, ma anche uomini del potere ecclesiastico come Papa Giovanni XXIII, Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco, solo per fare qualche nome molto noto a tutti.

Ma quello che mi preme sottolineare, non è l’apologia al Cristianesimo come Chiesa, ma bensì come dottrina morale, più volte, negli ultimi secoli, rielaborata e mistificata da dottrine politiche che hanno solo generato violenze e mai realizzato quel messianico “paradiso” in terra, per il semplice motivo che proprio la Storia ha decretato che la violenza e l’odio non hanno mai generato una società giusta e un uomo migliore! L’Illuminismo e le sue rivoluzioni, il Comunismo di Marx, Lenin e Stalin, di Mao e Pol Pot e di tanti dittatorelli del Novecento presenti in ogni continente, ma sicuramente anche le dottrine fasciste e naziste, che hanno ugualmente assegnato alla violenza e all’eliminazione di una parte dell’umanità un ruolo per creare un “Ordine Nuovo”, hanno solo generato orrori e nessun beneficio né per i vincitori e né per i vinti.

Ma anche oggi il Neoliberismo, strumento politico della dittatura del capitalismo finanziario mondiale, è in antitesi con il messaggio evangelico di Gesù Cristo, che proprio nel “Padre nostro” insegnava tra l’altro: ”Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori...”; ebbene queste parole rivoluzionarie, anche sul piano economico e politico, significavano semplicemente che nessuno doveva essere ridotto in schiavitù per debiti, come prevedeva anche la giurisprudenza romana, ma anzi ad ognuno doveva avere il pane quotidiano, ovvero soddisfare i bisogni naturali. Sarà proprio questa dottrina a contribuire alla decadenza dell’economia romana fondata sulla schiavitù e a spalancare le porte del Medioevo, lasciando incompiuta, ancora per secoli la rivoluzione dell’amore, che nell’età moderna, emarginando sempre più la lezione del Vangelo, ha pensato di creare un’epoca felice creando l’uguaglianza giuridica ed economica a suon di rivolte e di guerre civili.

Ma le vere rivoluzioni avvengono prima nell’uomo attraverso l’educazione alla convivenza e alla selezione dei valori propositivi della collaborazione e della solidarietà, per poi trasferirli nella politica. Illusi e “poveri di spirito”, appaiono alla luce di queste considerazioni, coloro che pensano che occupando le piazze, aizzando la folla con atti di violenza contro i governi e i simboli del potere, che vanno al di là delle persone fisiche che in un determinato momento lo rappresentano, si possa generare ”con un colpo di magia” un mondo migliore, una società più giusta e organizzata a misura dei valori e dei bisogni reali dell’uomo, annullando quelli artificiali indotti da quel “finanzcapitalismo” che solo a parole affermano di combattere.

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