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Il Malcostume italiano ed il rigore estero

Siamo ormai arrivati a ridosso delle celebrazioni ufficiali per i 150 anni della Repubblica Italiana. Nonostante l’età avanzata questo nostro Paese dovrebbe imparare a crescere. Ma non si tratta solo di crescita economica o produttiva, si parla di trovare la strada per un cambiamento di radici culturali.

Proviamo a sintetizzare due accadimenti delle scorse settimane. 

E’ di qualche giorno fa la notizia del ministro della Difesa tedesco, Karl-Theodor zu Guttenberg, che “dimentica” di citare la bibliografia nella propria tesi di laurea. Giù polemiche e reazioni di popolo che portano alle inevitabili dimissioni di uno delle promesse della politica internazionale.

Se avessimo dovuto applicare lo stesso metro di valutazione, nel nostro Paese si registrerebbero dei piccoli problemi. Infatti, togliendo il titolo di laureato a coloro che hanno “dimenticato” di citare le proprie fonti nella tesi di laurea, ad oggi, saremmo tutti un popolo di diplomati, o quasi.

Tra le notizie più recenti, salta agli occhi quella del ministro degli Esteri giapponese, Seiji Maehara,48 anni, che ha deciso di dimettersi a seguito delle polemiche nate dalla donazione di circa 2.180 euro (no dico, duemilacentoottanta euro), che lui stesso ha ricevuto da una settantaduenne ristoratrice, cittadina sudcoreana, ma residente da sempre a Kyoto (Giappone).

Secondo la legge nipponica si tratta di contributi "illegali" perché provenienti da una cittadina straniera. Tuttavia, subito dopo aver rassegnato le dimissioni al premier Naoto Kan, Maehara ha escluso di esserne mai stato a conoscenza, precisando che era del tutto all'oscuro delle donazioni fatte da questa persona.

Ma tu pensa! Se ogni politico italiano facesse le stesse considerazioni di quello nipponico, rimarremmo con un parlamento, numericamente decimato.

 Anni fa ci pensò Di Pietro a fare una ricognizione di quante ristoratrici coreane avevamo in Italia e poi chiese le dimissioni della triade del C.A.F. (Craxi, Andreotti, Forlani).

Era la fine della prima Repubblica e ad oggi continuiamo ad interrogarci su quando inizierà la seconda.

Ci vorrà del tempo per ricostruire una generazione che abbia l’onesta culturale di raccogliersi intorno a se stessa, riuscendo a sostituire il reale impegno per la "Res Pubblica",all'interesse individuale .

Forse, solo in quel momento potremmo veramente definirci la Repubblica Italiana rinunciando agli egoismi personali che vanno avanti, per inerzia, trascinati dalla monotonia delle quotidiane abitudini. 

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