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Ignoranza e ipocrisia: la “famiglia naturale” non esiste

Il dibattito innescato dai tentativi di mutilare ancora la modesta legge Cirinnà che risponde (in ritardo) alle richieste di adeguare la legislazione italiana a quella europea, dà l’idea dei passi indietro fatti dall’Italia anche sul piano della civiltà. Ad esempio un vero e proprio linciaggio mediatico ha colpito la presidente della Camera, colpevole di aver dichiarato il suo fastidio nei confronti di chi vuole calpestare aspirazioni e diritti di una minoranza rifiutando perfino di prendere atto della sua esistenza e delle sue esigenze: ad esempio dell’esistenza di bambini che comunque vivono in una famiglia con due madri o due padri, senza che questa situazione sia formalizzata ai fini scolastici, assistenziali, ereditari.

Secondo i tanti che attaccano la Boldrini la sua carica le dovrebbe impedire di avere un’opinione in proposito. Il tutto mentre nessuno si indigna per la trasformazione del palazzo della Regione Lombardia (che dovrebbe essere di tutti i cittadini lombardi) in un tabellone luminoso per propagandare il raduno sanfedista del 30 gennaio.

Nessuno o quasi trova da ridire sul fatto che per facilitare un’adunata faziosa di bigotti si concedano sconti ferroviari su Italo. Conrarissime eccezioni cardinali, vescovi, preti e monache di clausura (oltre al papa, la cui ingerenza nelle vicende parlamentari italiane viene perfino elogiata per la sua moderazione) sono mobilitati per decidere la sorte di quella vasta maggioranza degli italiani che non seguemini mamente gli insegnamenti della Chiesa cattolica, alla cui vita non partecipa.

Nessuno ricorda loro che ormai in gran parte d’Italia anche le coppie eterosessuali di fatto sono più di quelle “consacrate” da un matrimonio civile, e a maggior ragione da quello religioso. Il peggio è rappresentato da quel discreto numero di politici e politiche che non seguono minimamente nessun precetto della chiesa, che hanno difeso e giustificato tutti i traffic iputtaneschi di Berlusconi su cui si è dovuta pronunciare solennemente l’assemblea parlamentare che ha giurato sull’integrità e maggior età della “nipote di Mubarak”, e che ora non hanno ritegno a pontificare sulla difesa della “famiglia naturale”.

La “famiglia naturale” non esiste.

La famiglia è diversa da paese a paese, da epoca ad epoca, perché è espressione della società. Anche senza prendere in esame i paesi islamici incui è lecita la poligamia, lo studio delle comunità primitive sopravvissute almeno fino al secoloscorso ha confermato l’esistenza di norme, istituzioni e tabù differenti chiaramente determinatida fattori sociali. Alle isole Trobriand nella Melanesia Bronislaw Malinowsky scoprì poco meno di un secolo fa una cultura in cui mancava del tutto la figura del padre, la cui funzione educativa sui figli era svolta invece dal fratello della donna. Particolarmente significativa tra gli eschimesi e altre popolazioni dell’Artico la differenza tra le strutture dei nuclei familiari che si riscontrava a seconda delle condizioni di esistenza: nelle zone più vicine al polo nord, in cui la sopravvivenza era affidata solo all’incerta uccisione di foche o balene, era frequente una famiglia poliandrica (due o tre cacciatori condividevano una sola donna, nelle zone in cui difficilmente un solo cacciatore poteva garantire il cibo per una madre e un bimbo). Nelle zone meno fredde, dove d’estate era possibile anche raccogliere bacche e frutti selvatici, e in cui accanto alla pesca era possibile la caccia ad alci o altri animali terrestri, si trovavano a volte “normali” coppie uomo donna, o a volte famiglie in cui un buon cacciatore riusciva a mantenere due donne.

Nel mondo classico, soprattutto in Grecia, accanto a un rapporto familiare uomo-donna, esistevano sia rapporti omosessuali diffusi e accettati, sia legami affettivi eterosessuali extraconiugali. Anche nella Roma grecizzata troviamo esempi illustri di “trasgressioni”, da Giulio Cesare a Adriano, ecc. Insomma, quella che viene spacciata come “famiglia naturale” oggi è semplicemente quella predicata con dubbia sincerità dalla Chiesa cattolica. Dubbia perché contraddetta da sempre da pratiche assai diverse da quel che veniva predicato, come testimonia un’immensa letteratura, e la stessa storia dei vertici della Chiesa in gran parte della loro esistenza, soprattutto da quando l’introduzione del celibato ecclesiastico (allo scopo di evitare che le grandi proprietà accumulate potessero essere disperse per via ereditaria) fece dilagare la figura del prete o frate insidiatore di donne, ragazze e bambini. I papi davano il buon esempio, salvo chiamare nipoti i figli. Un trionfo dell’ipocrisia. E ora dovrebbero insegnarci la morale…

Vorrei ricordare che anche per merito di figure come Alessandra Kollontai, la rivoluzione di ottobre non introdusse per legge il divorzio, ma si limitò a proclamare la fine dell’ingerenza dello Stato (anche di quello rivoluzionario dei Commissari del Popolo) nei rapporti tra uomo e donna.

Ogni coppia poteva registrarsi ai fini abitativi, e registrare eventuali figli per ottenere per loro assistenza sanitaria ed alimentare. Va dettoche questo durò solo pochi anni, perché lo stalinismo si caratterizzò anche per il ritorno all’ingerenza dello Stato nella vita privata, richiedendo l’autorizzazione statale per il divorzio, divenuto sempre più difficile e subordinato al parere di comitati e cellule. Ma faremmo bene a recuperare anche su questo terreno lo “spirito dell’Ottobre”. 

 

Foto: Naomi/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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