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I servi sciocchi

Con le loro astrazioni sull'attendibilità di una vita che accetti l'idea della morte, i servi sciocchi hanno irresponsabilmente fatto di se stessi uno insensato bestiario di luoghi comuni.

XVII, numeri romani. Una shakerata e si legge, VIXI. Vissi, passato remoto di vivere.
Un sospiro per esorcizzare l'infinito passato del verbo morire. “Essere morto”. E così sul 17 si è accatastata tanta di quella sfiga che solamente se sei un gentleman non ti tocchi. La vita è un susseguirsi di fenomeni dovuti alla conoscenza. La morte, al contrario, è una supposizione, un'ipotesi fatta sulla base di segnali soltanto immaginabili. Non dà indizio di sé a chi è cosciente di esistere.

“Se ne vanno sempre i migliori!”, la vocina di dentro utile nei funerali. Non è così. Se ne vanno anche gli orfani di un aggettivo positivo. Gli imbroglioni, i ladri e gli usurai. Intrallazzatori, furbetti del quartiere, broker senza scrupoli. Massoni, laici e chierici. I latitanti. Questi se ne vanno un po' prima. Una tipologia elitaria che desidererebbe un trattamento esclusivo è quella dei potentati, destinata comunque alla putrefazione. Da qualche parte nel mondo, ogni giorno muore un signorotto con la fanfara pronta al capezzale per accompagnarlo con la grancassa. Un peone, che fuori del proprio perimetro di influenza conta quanto il due di coppe a briscola o un padre fondatore in una setta di invasati. Un'anima senza colpe. I servi sciocchi, come arbitri accorsi per un imperdonabile fallo, si accalcano attorno alla salma alla ricerca di un utile idiota che testimoni una presenza utilitarista.

“Ho conosciuto una persona sincera, onesta, coerente. Con lui un progetto diventava straordinario. Le difficoltà insormontabili, superate. Pensava in grande e grandi cose ha realizzato. Da sempre suo avversario politico, mi piace ricordarlo come un punto di riferimento, un maestro del sapere amministrare, che ha formato il mio modo di fare politica. Il nostro territorio perde un politico protagonista della crescita economica. Esempio immortale, i giovani cercheranno di fare un modello del suo incancellabile ricordo. Un indomito conoscitore dell’animo umano, delle sue debolezze, delle sue virtù. Un rappresentante apicale della scena politica. L’emblema di una comunità, che ha saputo progredire e crescere, grazie alle opere tangibili, frutto della sua eredità politica. Conservò un segnale di umanità, quando in un momento di massima difficoltà e sbandamento del partito che mi onoro di rappresentare, in un colloquio riservato mi esortava a non cedere alla tentazione di abbandonare la politica, ricordandomi che il mio compito sarebbe dovuto essere quello di onorare me stesso, attraverso il completamento delle liste dei candidati. Uno degli ultimi mecenati del nostro tempo. Con la sua attività parlamentare e l’impegno nella realizzazione di una banca ha esercitato un ruolo di primo piano nelle innumerevoli battaglie politiche, trasferendo nei palazzi delle massime istituzioni nazionali, le istanze del territorio, favorendo sviluppo e crescita. Era un politico di razza e in questo solco ha coerentemente praticato il potere. Al contrario di altri, è stato coerente fino in fondo". 

Con le loro astrazioni sull'attendibilità di una vita che accetti l'idea della morte, i servi sciocchi hanno irresponsabilmente fatto di se stessi un insensato bestiario di luoghi comuni. In questo banale elenco si insinua il pensiero di un filosofo statunitense del diciottesimo secolo: “Una stupida coerenza è l'ossessione di piccole menti, adorata da piccoli uomini politici e filosofi e teologi. Con la coerenza una grande anima non ha nulla a che fare. Tanto varrebbe che si occupasse della sua ombra sul muro” (Ralph Waldo Emerson).

“La politica è conflitto intorno alle idee per come organizzare la società”, ha sentenziato Giuliano Ferrara. La responsabilità dei cittadini è sempre altissima e non è possibile scaricarla sui politici, ha poi aggiunto per abbellire la prolusione. “È ludismo maschile", la replica di Sabina Ciuffini. La signora, in virtù del proprio essere, non si è azzardata a chiamare con un nome appropriato la sciocchezza appena digerita. Una pippa mentale.

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