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I sapori della carta. Lettere vs click

Una lettera, un giornale, un libro, questo il sapore della carta che abbiamo utilizzato per decenni.

Sì sapore, perché la carta ha un suo gusto particolare che arricchisce e avvolge lo scritto che la possiede. Oggi utilizziamo mail, sms e tanti altri sistemi di comunicazione istantanea, pratici, ed efficaci, ma anche così pragmatici da sembrare finti.

Pensiamo alla lettera d'amore d'un tempo, quella scritta a penna, su di un foglio pregno d'impronte, bagnato dalle lacrime o intriso di gioia, che veniva "covato", palpato, fino a piegarlo con cura prima d'inserirlo nella busta, anch'essa scelta con rara dovizia. Leccavamo la busta, almeno io lo facevo, lasciando in essa qualcosa di noi, parte del nostro stato d'animo, delle nostre emozioni, speranze, e facevamo in modo che tutto ciò che provavamo potesse essere trasferito.

Poi si attendeva del tempo, quello che ci voleva, perché non doveva arrivare né troppo presto né troppo tardi, chissà, doveva arrivare un giorno, quello giusto, che non potevamo conoscere con certezza, e anche quello faceva parte del gioco.

L'arrivo della lettera era poi un rito, attesa o temuta, amata o odiata, aperta con passione o con rabbia, strappata, lacerata, custodita sotto il cuscino. Il postino come Cupido, veniva atteso al varco per giorni, che se avesse potuto ce l'avrebbe scritta lui la lettera, pur di vederci sorridere.

Ora ci basta un clic ed è tutto fatto, migliaia di parole monche su di un aggeggio odioso. Messaggi non "covati", partoriti in provetta da menti troppo sofisticate per essere in grado di trasmettere un semplice: Ti Amo.

E nelle buche delle lettere una tristezza, sempre la solita "monnezza", volantini, protesti o bollette. Questo non è progresso, questo è una forma evoluta di arretratezza, quella del sentimento e delle emozioni. Tomba degli amori veri, quelli che un tempo partorivano da parole scritte a penna su di un foglio di carta e si spegnevano tardi, molto più tardi di oggi.

Foto: Liz West/Flickr

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