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I palestinesi pagheranno caro l’ingresso in Israele degli ebrei ucraini

Gli ultimi risvolti del conflitto russo ucraino coinvolgono il mondo intero ed è oramai sotto gli occhi di tutti la crisi mondiale umanitaria che ci obbligherà ad affrontare un futuro sempre più complesso, nel silenzio del mondo occidentale coloro che ne pagheranno le conseguenze maggiori saranno i palestinesi.

di Antonietta Chiodo

 

Dall’inizio dell’ invasione russa per la denazificazione dell’Ucraina sono ogni giorno più numerosi gli appelli per l’apertura di una via umanitaria preferenziale pronta ad accogliere i rifugiati ucraini, resta infatti uno dei punti cardine delle interrogazioni parlamentari dell’ UE in questi ultimi giorni. Dall’Inizio della guerra con la Russia gli ebrei residenti in Ucraina sono stati invitati dal governo sionista a raggiungere la terra di Israele, per poter così superare pericolosamente il numero di coloni residenti negli insediamenti illegali sorti negli ultimi decenni all’interno dei territori occupati. Gli insediamenti di coloni hanno subito una impennata considerevole dagli anni cinquanta, rappresentavano infatti il 3 per cento mentre ad oggi i coloni inseriti in unità abitative all’interno della Palestina è salito al 33 per cento, grazie all’arrivo degli ebrei ucraini la classe politica israeliana confida nell’aumento considerevole dei residenti all’interno di queste terre. Sono stati due ad oggi i voli provenienti dalle città di Kiev e Odessa che nella scorsa settimana hanno dato possibilità a 100 ebrei ucraini di raggiungere Tel Aviv.

Il ministro per lo sviluppo economico israeliano Yair Lapid ha dichiarato infatti che a breve avrà inizio la costruzione di 1.000 strutture abitative per coloni sia all’interno di Israele che nei territori occupati, cosciente del rischio di dare il via ad una vera e propria carneficina contro il popolo palestinese.

Importante comprendere che Israele al contrario della comunità Europea non si è detto partecipe nell’accettare tutti i rifugiati ucraini ma esclusivamente gli ebrei in fuga dalla guerra, lanciando così un messaggio preciso e chiaro sulla propria intenzione di ottenere un mero beneficio dal conflitto che vede oggi coinvolto il nord Europa. Inoltre il primo ministro dello stato ebraico è stato molto chiaro in queste ore dichiarando che dopo lo statuto adottato nel 1950 sarà possibile per Israele accogliere un alto numero di rifugiati ebrei, non basterà però a questi ultimi essere ebrei, il governo di Israele tiene a precisare che non sarà sufficiente come unico elemento per essere accettati, vi saranno delle vere e proprie selezioni per potere oltrepassare i confini di questa terra.

Dall’ inizio del 2022 le aggressioni armate a danni dei civili palestinesi sono aumentate soprattutto in alcune zone di Gerusalemme, il conflitto che ha visto coinvolti i residenti di Sheikh Jarrah ha causato la violenza inaudita dell’esercito israeliano che ha mietuto vittime tra i civili dei territori occupati. Sono in aumento in questi giorni i morti anche nella città di Jenin dove i militari nelle scorse notti hanno colpito alcuni militanti vicini ai gruppi di resistenza di Hamas sorprendendoli nelle loro abitazioni.

La preoccupazione sale in queste ultime ore non solo a causa dei continui conflitti armati e degli abusi di violenza soprattutto a danno dei minori, la popolazione civile si vede coinvolta quotidianamente in scontri armati per difendere i propri diritti civili contro l’esproprio delle abitazioni, consentendo così ai coloni sionisti di poter entrare illegalmente in possesso delle loro terre. La situazione sarà costretta a degenerare con l’arrivo di 10.000 ucraini ebrei come dichiarato dal portavoce del governo ebraico Neftali Bennett nelle scorse ore.

Gli insediamenti hanno continuato ad espandersi nei decenni successivi e nel 1993 c’erano più di 280.000 persone che vivevano negli insediamenti (130.000 se si esclude Gerusalemme est). Nello stesso anno Israele e l’ Organizzazione per la liberazione della Palestina(OLP) hanno concordato di attuare una soluzione a due stati, che richiedeva alle due parti di raggiungere un accordo su questioni che avrebbero avuto conseguenze dirette per i confini e la contiguità di un futuro stato palestinese, tra cui lo stato finale degli insediamenti israeliani.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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