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I nuovi baroni della Campania

Il feudalesimo pensavamo di averlo superato da diversi secoli. Soltanto oggi, in verità, ci rendiamo conto di come l’attuale sistema di potere abbia portato uomini politici e non a trasformare i propri mandati elettorali in veri e propri barononati, con la complicità della criminalità organizzata.

Il grande barone di sempre è ormai al tramonto: Antonio Bassolino è diventato un fantasma. Scompare per lunghi periodi, per poi riapparire tutto d’un tratto e di nuovo scomparire, non lo si vede né lo si sente. A volte lo si vede nella sua città natale, Afragola, a fare footing; altre volte lo si vede in televisione sui canali locali. Sembra che, insieme al sindaco di Napoli Rosa Russo Jervolino, stia solamente aspettando l’ora del "gong", della ritirata finale. I due rappresentano con i loro volti il simbolo di una sinistra italiana distrutta, collusa e senza dignità. Travolto dagli scandali sui rifiuti, dalle inchieste giudiziarie e dalla propria ossessione di voler lasciare un marchio di sé nella gestione di Napoli, il nome di Bassolino invece rievocherà per sempre il dramma dell’emergenza rifiuti e la corruzione di tutta quanta una classe dirigente.

Ma in questi anni nuovi aspiranti e occulti baroni si son fatti largo, ed ora costituiscono la nuova classe guida campana e italiana, nata e cresciuta nel corso della reggenza di Bassolino, e che vedono in due celeberrime punte di diamante i modelli da imitare: Nicola Cosentino e Luigi Cesaro. Ovvero i nuovi baroni della regione, nella speranza di un posticino ufficiale alla presidenza con l’on. Stefano Caldoro, già dato in vantaggio sugli avversari dai sondaggi.

Per introdurre la figura di Nicola Cosentino bastano le parole di Roberto Saviano riportate su "La Repubblica": "è lui l’uomo-chiave dell’emergenza rifiuti, è lui a minacciare con una pistola puntata alla tempia il governo, è lui ad avere il potere di riempire a suo piacimento la Campania di rifiuti o di tenerla pulita".

Ma io aggiungo di più. Nicola Cosentino, meglio conosciuto come Nick ’o Americano, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e indicato da cinque pentiti come il referente politico del clan dei Casalesi, destinatario di un ordine di arresto della Procura di Napoli poi confermato dalla Cassazione, ma respinto dal Parlamento col beneplacito di Udc e Pd, è proprietario dell’Aversana Petroli e dell’Aversana Gas, principali distributori di idrocarburi del casertano e del napoletano, aventi un fatturato stimato sugli 80 milioni di euro l’anno. Tuttavia la carriera imprenditoriale di Cosentino non è priva di ostacoli: a parte il tragico incidente avvenuto nei pressi di Viareggio, in cui esplose il vagone-cisterna di un treno contenente Gpl del sottosegretario (il quale, è bene dirlo, non ha alcuna responsabilità), già nel 1997 Cosentino, eletto deputato da appena 1 anno con l’appoggio pressoché unanime del partito di Forza Italia, ebbe i primi problemi. L’Aversana Petroli si vide infatti negare dalla Prefettura di Caserta il certificato antimafia. Il perché è presto detto: la famiglia di Cosentino vantava (e vanta) numerosi vincoli di parentela ed amicizia con persone "discutibili": il primo fratello Giovanni Cosentino (64 anni) è sposato con la figlia del boss deceduto Costantino Diana. Il secondo fratello, Mario Cosentino (43 anni), è sposato con Mirella Russo sorella di Giuseppe Russo, alias Peppe ’u padrino, tuttora in carcere per 416 bis e omicidio. Invece un terzo fratello, Antonio Cosentino (39 anni), è stato sorpreso nel 2005 in compagnia di un pluripregiudicato per associazione mafiosa, tentato omicidio e tentata estorsione. Così la Prefettura negò il certificato antimafia anche nel 1998 e a nulla valsero i ricorsi di Cosentino al Tar e al Consiglio di Stato. Ma ecco che entrò in scena il nuovo prefetto Maria Elena Stasi, ex commissario prefettizio di Sant’Antimo e cara amica di Luigi Cesaro. La Stasi revoca immediatamente il provvedimento interdittivo e, per questo, viene "premiata" con l’elezione nelle file del Pdl alla Camera. Promotori, ovviamente, Nicola Cosentino e Luigi Cesaro.

Mentre Nicola Cosentino spadroneggia a Casal di Principe, Luigi Cesaro non scherza certo a Sant’Antimo. Trentamila anime e un territorio di proprietà della famiglia Cesaro, costruttori da una vita. Gestiscono un enorme hotel di lusso, l’Olimpia, dotato di campi di calcio, piscine, suite, centri relax e convegni. Ha ospitato la squadra del Milan in ritiro durante uno degli ultimi incontri di campionato con il Napoli (Berlusconi è infatti ospite abituale del presidente della Provincia).

Aniello Cesaro, fratello di Luigi e Raffaele, è uno degli imprenditori più potenti della Campania. Presidente della squadra di basket "Igea Sant’Antimo", è inoltre proprietario di quattro impianti sportivi sparsi per la Regione ed è promotore di numerose iniziative filantropiche con Telethon. Vanta una lunga esperienza in materia, a partire da quella politica nel Comune di Sant’Antimo in qualità di consigliere. Nel 1991 il Comune venne sciolto per infiltrazione camorristica, poiché risultava che parte degli amministratori aveva rapporti di parentela con i principali esponenti dei clan Puca e Verde (alcuni dei quali tutt’oggi sono presenti nel consiglio comunale del paese, come ad esempio l’assessore al bilancio Francesco Ponticello, nipote del boss Salvatore Puca, ucciso nel 1990). In particolar modo i Cesaro risultano coinvolti nell’inchiesta a causa della loro partecipazione nella Cooperativa "Raggio di Sole”, che secondo gli inquirenti otteneva appalti dal Comune in modo irregolare, e che fra i soci della società figurava anche il sopracitato Salvatore Puca, all’epoca capozona di Raffaele Cutolo a Sant’Antimo.

Una curiosità: la squadra di basket di Sant’Antimo gioca nel PalaPuca, il palazzetto dello sport costruito proprio da Aniello Cesaro. Il cognome "Puca" è molto comune a Sant’Antimo e difatti l’omonima famiglia camorristica ha preso il sopravvento ovunque. Come diceva Andreotti: “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca“.

 Luigi Cesaro, al contrario, è colui che è emerso diventando prima parlamentare e poi presidente della Provincia di Napoli nelle file del Pdl. Ma il suo passato da giovane avvocato conta numerosi scheletri nell’armadio che è bene svelare. Oltre agli affari che, secondo il pentito Gaetano Vassallo, avrebbe intessuto col clan dei Casalesi, bisogna ricordare i suoi presunti e meno conosciuti rapporti con ’o professore, alias Raffaele Cutolo. Gli inquirenti nel 1984 gli notificarono un mandato d’arresto per concorso esterno in associazione mafiosa, ma Cesaro si rese latitante per alcuni giorni finché non si presentò spontaneamente in Questura. Due pentiti, Mauro Marra e Pasquale D’Amico, lo accusarono infatti di aver prestato ospitalità e supporto per i movimenti dei boss e di aver fatto il postino del clan, trasportando i pizzini da consegnare. Venne condannato in primo grado a cinque anni di carcere, tuttavia in Appello riuscì a imporre il proprio status di vittima e non di “carnefice“. Raccontò di essersi rivolto alla famigerata sorella di don Raffaele, Rosetta Cutolo, per allentare la pressione estorsiva dei cutoliani sulle aziende di famiglia. Ed anche in Cassazione venne assolto per "non aver commesso il fatto" dal celebre giudice Corrado Carnevale. Tuttavia le dichiarazioni rese dall’ex cutoliano Pasquale Scotti, e mai entrate a far parte del procedimento penale d‘allora, danno una diversa versione dei fatti: secondo Scotti, Luigi Cesaro all’epoca gli inviò un biglietto ricevuto da suo padre Francesco Cesaro, che a sua volta l’aveva ricevuto dalla suocera di Raffaele Cutolo, in cui si indicava il luogo dove organizzare un appuntamento telefonico con don Raffaele. All’epoca dei fatti sopracitati Scotti era ancora latitante. Venne arrestato un mese dopo per poi riuscire ad evadere nel 1985: è tuttora inserito nella lista dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia.

 
Una cosa è certa: se Cesaro è riuscito a farsi eleggere a Napoli con percentuali bulgare non lo deve di certo al suo carisma: basta farsi un giro su Internet per constatare ciò. Un solo discorso pubblico sgrammaticato e approssimativo è bastato affinchè il suo staff riducesse all’osso i comizi. E tuttavia vince, festeggiando tra Sant’Antimo e la discoteca dell’Arenile di Bagnoli, con 10mila invitati, compresi Cosentino e Mario Landolfi. E un lieto fine, da "scurdammece ’o passato": Arcibaldo Miller, capo degli ispettori del Guardasigilli ed uno dei tre pm responsabili all’epoca dell’arresto di Cesaro, è stato testimone di nozze al fratello Aniello; mentre il comandante della squadra mobile che lo arrestò, Franco Malvano, è stato nominato da Giggino assessore alla legalità.

Un finale lieto per tutti... Ma purtroppo non per la mia terra né per la mia città.

Ps: Possono due uomini del genere occupare importanti ruoli istituzionali della vita italiana? Chissà, forse questo è solo il brutto sogno di qualche becero comunista.

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