I giovani italiani. Danneggiati da una classe politica mediocre e arrogante
Si deve riconoscere che i politici del bel paese sono veramente interessati ai problemi dei giovani e chi riesce a smentire questa realtà sicuramente ha più fantasia dei politici. A dar retta ai politici e ai governi che si sono succeduti in questi anni, in Italia trovare lavoro non è stato mai un problema. Nel bel Paese si è sempre pensato al bene e alle esigenze dei giovani offrendo loro contratti “faraonici” capestri e corsi, inutili, di aggiornamenti.
Nel bel Paese i cinquantenni, che circa 30 anni fa si avvicinavano per la prima volta nel mondo del lavoro, sono arrivati quasi alla pensione ma devono avere ancora la soddisfazione di firmare un contratto a tempo interminato, avendo condotto una vita di precariato senza nessuna sicurezza economica.
Dopo 30 anni, i politici, che sembrano vivere su marte, continuano a parlare di flessibilità del lavoro e non si riesce a capire come si possano risolvere i problemi dell’occupazione con la flessibilità e, soprattutto, che tipo di lavoro possano ricercare gli italiani dato che nel bel paese il lavoro, flessibile e non flessibile, non si trova. A sostegno delle varie politiche occupazionali, i nostri politici sventolano sempre dati che sembrano confermare la crescita dell’occupazione.
Il motivo per cui questa classe politica, così mediocre e affaristica, fa certe affermazioni è presto spiegata: da marte dove loro vivono, le immagini dalla Terra arrivano sempre distorte mentre gli italiani, che vivono sulla terra, non sanno più a che Santo rivolgersi per cercare di trovare un lavoro.
Il contratto a tempo indeterminato rimane, per molti, un sogno proibito. E’ tempo di ricordare, dunque, a questa classe politica italiana, se a marte le notizie ancora non sono giunte, che sulla terra dei comuni mortali la situazione è peggiorata e anche di tanto, dal momento che ogni giorno ci sono persone che perdono lavoro e si ritrovano a frequentare corsi di formazione obbligatoria per poi continuare a rimanere disoccupati.
Il decreto legislativo stabilisce che tutti gli autisti professionisti che hanno conseguito la patente entro il 2007, potevano ottenere, fino al 9 settembre 2009, la Carta di qualificazione del conducente (Cqc), presentando una semplice domanda, senza sostenere esami o corsi specifici. Dal 10 settembre 2009, invece, la nuova normativa prevede che per il conseguimento del Cqc si dovrà frequentare un apposito corso, sia teorico che pratico, di 280 ore e sostenere l’esame finale.
Tale investimento, dunque, graverà, immancabilmente, sulla famiglia. Ma il futuro datore di lavoro è disposto ad aspettare l’aspirante autista che frequenti circa tre mesi di corso per avere questa Carta di qualificazione del conducente (Cqc).?
Cosa devono aspettarsi ancora da questa classe politica dozzinale?
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